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The Walking Dead 9×15 – Un pugno allo stomaco

The Walking Dead 9×15 è un vero pugno allo stomaco, uno choc emotivo che fa il pari con la morte di Glenn, di Sophia e di Andrea.

È difficile rendere a parole l’angoscia, il dolore, lo sgomento, che prende nei minuti finali.

Da una parte c’è l’allegria e la speranza di avere un futuro, di festeggiare degli anniversari di matrimonio, di portare la ragazza che ti piace a vedere un film al cinema, di poter parlare di sentimenti repressi e dei traumi di una vita precedente. Si può ricordare chi è scomparso: i nomi di Rick, Carl e Jesus sono scanditi ad alta voce, senza paura, e suscitano forti emozioni in chi li sente pronunciare.

C’è Rosita che, stanca e bellissima, affronta una gravidanza inaspettata, Eugene che fa lo scemo con Judith la quale lo ridicolizza, la vita va avanti e anche i rapporti, di conseguenza.

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The Walking Dead 9×15 – La calma prima della tempesta

C’è perfino Daryl che porta il suo rapporto con Connie al livello superiore, dandole perfino il lusso di sfamare Cane (per Daryl è più o meno come inginocchiarsi e porgere l’anello di fidanzamento).

La normalità: una chimera che non sembra raggiungibile ai tempi dell’apocalisse zombie. 

Le comunità di Hilltop, del Regno, di Alexandria e Oceanside si aggregano per far fronte al pericolo posto in essere dai Sussurratori: c’è un patto tra persone che, fondamentalmente, si vogliono bene e che si sono separate per mero istinto di autodifesa. Tutto sembra apparentemente sotto controllo, ma, come abbiamo ben imparato dopo 9 stagioni di The Walking Dead, niente è mai del tutto scontato.

Eppure i presagi ci sono tutti.

Ci sono parole finalmente pronunciate, abbracci trattenuti e poi dati con un sospiro di sollievo, addii provvisori, che sanno di definitivo.

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The Walking Dead 9×15 – La speranza in un futuro impossibile

Il gruppo formato da Daryl, Michonne, Carol e Yumiko si trova faccia a faccia con i Sussurratori, con Beta (che Daryl aveva dato per morto) che annuncia che l’accordo è saltato e, di conseguenza, saltano anche tutti gli schemi che si possono tenere sotto controllo. 

La situazione è sfuggita di mano, il danno è arrecato: da qui in avanti non si torna più indietro.

In più, sullo sfondo, c’è una sensazione di ansia, di presagio, lo si legge negli occhi preoccupati di Tara, nell’insicurezza di Lydia, in Carol che lascia la propria famiglia con lo sguardo carico di emozioni contrastanti.

Nella penombra, Alpha ha fatto lo scalpo a una vittima innocente e si aggira per la fiera, come la psicopatica che è, per studiare il nemico. Si siede infine accanto alla figlia, proprio mentre quest’ultima si godeva un secondo di felicità al cinema, imponendole il silenzio. 

Le vostre comunità sono un santuario per un mondo morto da tempo.

Solo che Lydia, questa volta, non cede: vuole solo che la madre se ne vada. Ovviamente, Alpha non sa e non può rispettare la sua decisione: nella sua mente distorta, il suo compito è proteggere i cuccioli. Incredibilmente riesce a versare una lacrima per la perdita della figlia, ma quella debolezza non deve essere vista da nessuno. 

Questo episodio di The Walking Dead ritorna ai fasti del passato e riesce a creare la stessa sensazione di ansia e panico delle puntate storiche: dalla morte di Sophia, al disastro al Centro di Controllo Malattie, al tragico duello mortale tra Shane e Rick.

Alpha mostra a Daryl una mandria di zombie e Sussurratori di proporzioni devastanti: un’intera pianura invasa da vaganti, pronti all’attacco, guidati da quelli che sono “ancora” degli umani. La minaccia è reale, ma Daryl non abbassa lo sguardo e ritorna sano e salvo dai suoi amici. Insieme agli altri trovano Siddiq, pestato a sangue, che li conduce alla piana dove sono state conficcate le picche.

Credetemi, seguo The Walking Dead con tanto amore dalla primissima puntata, ho visto cose belle e cose brutte (che sono molte) e penso di conoscerla bene, anzi, forse è la serie tv che conosco meglio di tutte. 

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The Walking Dead 9×15 – Un attimo prima dell’orrore

Eppure niente mi ha preparato per questo: quelle teste sulle picche sono state uno schiaffo in faccia. Non è stato giusto: non per Tammy Rose, che era rinata dopo l’adozione di un bambino, non per Ozzy, che era riuscito a redimersi, non per Enid, che aveva già sofferto abbastanza, non per Tara che era un raggio di sole e il cui senso pratico e la sua positività avevano dato forza e un sorriso a tutti.

E non per Henry.

Ora, non era il mio personaggio preferito e non mi piaceva quasi sotto tutti gli aspetti: era fastidioso, viziato e immaturo. Ma lo era anche Carl, che per moltissimo tempo ho detestato ma che poi era diventato l’emblema del futuro. 

Henry meritava di meglio.

Una menzione speciale a Carol e Daryl: il loro rapporto è una solida certezza. Possono non vedersi per mesi, ma a loro basta uno sguardo per ritornare in totale sintonia. Carol corre tra le braccia dell’amico per ringraziarlo di aver riportato a casa suo figlio. Daryl tenta a ogni costo di proteggere i suoi sentimenti, impedendole di vedere la testa di Henry conficcata sulla picca. 

Esattamente come l’aveva abbracciata quando avevano saputo della morte di Sophia. 

C’è speranza dopo tutto questo orrore?

Sì e il rapporto che lega Daryl a Carol non è l’unico esempio. Le parole di Siddiq, alla fine, sono una carezza sul cuore: persone che non si conoscono, pronte a lottare fianco a fianco pur di difendersi, a sacrificarsi, a pagare anche il prezzo più estremo. 

Parole che straziano, che fanno male, perché alla fine tutte quelle persone sono morte. 

Ma il fuoco brucia ancora sotto la cenere.

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