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7 sit-com che hanno rivoluzionato il genere nel loro periodo di riferimento

Sit-com come Seinfeld, Modern Family o The Big Bang Theory rappresentano per molti versi alcune delle punte di diamante della serialità moderna e contemporanea. Ormai lo sappiamo bene: tra gli elementi principali vi è sicuramente l’uso di una singola ambientazione (o un gruppo ristretto di ambientazioni) che può essere un appartamento, una casa o un ufficio. Anzi, l’ambientazione si è dimostrata a più riprese essere tra gli elementi cruciali per il successo di una commedia situazionale: complice anche l’alto numero di stagioni che caratterizza questo genere televisivo, il luogo in cui le vicende dei protagonisti si svolgono diventa a tutti gli effetti un personaggio a sé stante, si fa contenitore e veicolo di nuove amicizie e nuovi amori, di pianti, di lutti e di ricordi che investono tanto i personaggi, quanto gli spettatori. Prendiamo Friends, per esempio: Il solo nome rievoca nella nostra memoria non solo i personaggi, ma anche i luoghi in cui i personaggi si incontrano e dialogano. E così, saremmo in grado di rispondere senza esitazione a domande del tipo “Di che colore è la porta dell’appartamento di Monica?” o ancora, “Dove è collocato il biliardino all’interno dell’appartamento di Joey e Chandler?“.

Friends

All’utilizzo di ambientazioni ricorrenti si affianca, come elemento caratteristico del genere, il susseguirsi di episodi cosiddetti stand-alone, ovvero episodi indipendenti l’uno dall’altro e caratterizzati da eventi che si aprono e si chiudono all’interno dei limiti temporali dell’episodio stesso. A questa tendenza, nelle sit-com moderne, si è affiancata anche la volontà di abbandonare uno schema così rigido e ripetitivo a favore della costruzione di macronarrazioni in grado di arricchire la trama attraverso l’evolversi di personaggi e situazioni.

The Big Bang Theory, per citarne uno, rappresenta un esempio prototipico di quanto detto finora: gli episodi si svolgono all’interno di un numero limitato di ambientazioni e sono caratterizzati dal susseguirsi di eventi destinati a risolversi entro i limiti dell’episodio stesso. Nonostante questi elementi ridondanti costruiscano l’ossatura comica della serie e anzi ci permettono di conoscere a fondo la psicologia dei protagonisti, ci affezioniamo a loro proprio attraverso lo sviluppo di una macronarrazione: prendiamo il caso del rapporto tra Sheldon e Amy, una delle coppie – se non la coppia – più amate di The Big Bang Theory. Il loro è un rapporto che si sviluppa parallelamente al susseguirsi di episodi autoconclusivi: ogni evento concorre ad aggiungere un tassello alla loro storia, garantendo complessità e profondità alla stessa.

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Sheldon e Amy

Gli ultimi due elementi caratteristici del genere situation comedy sono da un lato l’utilizzo delle risate registrate, il cui scopo è quello di scandire i tempi comici e stimolare la risata nello spettatore (eccezioni, in questo senso, possono essere sitcom come The Office o Modern Family, in cui la struttura stessa di mockumentary – falso documentario – risulterebbe meno efficace se venisse accostata all’utilizzo delle risate registrate); dall’altro, l’utilizzo dei cosiddetti cliffhanger, espedienti narrativi spesso associati ai finali di stagione la cui funzione è quella di creare suspense attraverso una brusca interruzione in corrispondenza di un colpo di scena o di un momento catartico all’interno della macrostoria. Guardando sempre a Friends, abbiamo un esempio di cliffhanger quando, nel finale della quarta stagione, Ross pronuncia sull’altare il nome di Rachel anziché quello di Emily, lasciando lo spettatore sbigottito e senza altra scelta se non quella di attendere la stagione successiva.

Ad onor di completezza, è innegabile come i servizi streaming abbiano modificato profondamente il tipo di approccio tra pubblico e serialità: in un tipo di servizio in cui tutti gli episodi sono istantaneamente disponibili, è logico pensare che l’espediente narrativo del cliffhanger perda di efficacia ed intensità.

Nonostante la situation comedy possa essere riconosciuta sin da subito per i suoi elementi caratteristici, è fuori discussione come alcuni titoli abbiano fatto la storia del genere. Non solo, alcuni titoli hanno contribuito all’evoluzione stessa del genere, integrando elementi di innovazione che hanno fatto scuola, diventando negli anni il modello su cui sono stati costruiti i titoli che adesso più amiamo e rispettiamo. Abbiamo già citato alcune pietre miliari del genere sit-com, titoli come Friends, Modern Family, The Office e The Big Bang Theory che non possono non essere considerati in una lista come quella che ci apprestiamo a proporvi.

Perciò, senza ulteriori indugi, vi presentiamo le 7 sit-com che, come The Big Bang Theory e più di qualunque altra, hanno rivoluzionato il genere nel loro periodo di riferimento e le ragioni che ci hanno portato ad includerle all’interno di questa lista.

1. Seinfeld

Non potevamo iniziare questa lista diversamente. Creata dalle incredibilmente geniali menti di Jerry Seinfeld e Larry David (la star di Curb Your Enthusiasm) e andata in onda dal 1989 al 1998 per un totale di 9 stagioni, Seinfeld è considerata la regina delle sit-com statunitensi. Infatti, nonostante in Italia sia percepita dal pubblico meno attento come un prodotto quasi di nicchia, in America è considerata una vera e propria pietra miliare del genere. Seinfeld, con i suoi espedienti narrativi e le sue dinamiche, con la sua struttura più simile alla sketch comedy che alla sit-com, ha senza dubbio segnato indelebilmente il modo di fare situation comedy. Spesso definita come “The show about nothing” – lo show sul nulla – più che sul nulla Seinfeld si concentra “un po’ su tutto”, sulla trasposizione e reinterpretazione in chiave narrativa di eventi realmente accaduti nella vita di Jerry Seinfeld e Larry David. Seinfeld ci racconta, insomma, spaccati di vita – rappresentazioni molto realistiche di esperienze giornaliere – e lo fa mettendo in scena personaggi verosimili, reali proprio perché imperfetti e stracolmi di difetti: ci racconta l’ordinaria vita di un comico, Jerry Seinfeld, e dei suoi amici George Costanza (Jason Alexander) – alter ego di Larry David -, Cosmo Kramer (Michael Richards) e Elaine Benes (Julia Louis-Dreyfus). In particolare, la storia ruota attorno al come Jerry attinga e prenda ispirazione dalla quotidianità per la scrittura dei suoi pezzi comici.

Seinfeld

Seinfeld ha rivoluzionato il genere in una miriade di modi diversi, ma un esempio può senza dubbio aiutare a capirne l’impatto: prendiamo il caso dell’episodio 2×11, Il ristorante cinese. L’intero episodio rappresenta forse l’esempio televisivo più eclatante di episodio con una sola ambientazione – in gergo, episodio bottiglia – e l’assoluta assenza di sviluppo narrativo. Per l’intera durata della puntata non succede assolutamente nulla: i protagonisti, tra uno sketch e l’altro, attendono che si liberi un tavolo, mentre lo spettatore non può fare altro che ridere della situazione tanto assurda quanto verosimile. Tra gli elementi che hanno reso grande la serie fino a renderla un modello per alcune di quelle venute negli anni successivi (ma anche un unicum, per moltissimi versi), non possiamo non citare il motto perpetrato dai suoi creatori – No hugging and no learning -: in Seinfeld non c’è morale, non c’è evoluzione, non c’è cambiamento. In Seinfeld, i personaggi non crescono, non imparano dai propri errori.

2. Willy, il Principe di Bel Air

La serie emblema degli anni Novanta. Non possiamo neanche dire con certezza se sia stato Willy il principe di Bel Air a plasmare e influenzare gli anni novanta, o viceversa. Di certo c’è che chiunque sia nato o cresciuto in quegli anni, l’ha vista e amata. Creata da Andy e Susan Borowitz e andata in onda dal 1990 al 1996 per un totale di 6 stagioni, la sitcom ha lanciato la carriera televisiva di Will Smith, fungendo da trampolino per quella che sarebbe diventata una lunga carriera cinematografica di successo. La storia la sapete già: Willy, alter ego di Will Smith, viene trasferito dai bassifondi malfamati di Philadelphia nel quartiere californiano di Bel Air, Los Angeles, dove viene ospitato dai suoi zii benestanti Phil e Vivian.

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Willy il principe di Bel Air

Lo abbiamo già accennato: è impossibile affermare con certezza se sia stato più Willy il principe di Bel Air ad influenzare gli anni Novanta o viceversa. Checché se ne dica, questa sit-com ne è sicuramente diventata il simbolo: non solo da un punto di vista estetico (lo smodato utilizzo dei colori pastello, la scelta di oggetti di scena come il famoso ghettoblaster e le famosissime Air Jordan o, ancora, la scelta di costumi notoriamente anni Novanta come le immancabili tute acetate e lo snapback, il cappellino con visiera portato rigorosamente all’indietro (a proposito, sapevate che Will Smith ha recentemente lanciato una linea d’abbigliamento ispirata alla Serie Tv?) ma anche da un punto di vista culturale (ad esempio, il successo che l’hip hop – vera colonna sonora dello show – stava acquisendo in quegli anni, con i suoi artisti di punta che non si accennavano a scendere dalle vette delle classifiche di tutto il paese – fu addirittura la stessa NBC a puntare su Will Smith nel ruolo da protagonista proprio all’indomani della sua vittoria del Grammy nella categoria Rap -. O, ancora, basti pensare a tutte quelle incredibili icone degli anni Novanta che hanno avuto un ruolo di guest star all’interno dello show come Naomi Campbell e Tyra Banks, due delle supermodelle più in voga in quegli anni, o Hugh Hefner, il famosissimo fondatore di PlayBoy).

Willy il principe di Bel Air
Hugh Hefner, guest star della sit-com Willy il principe di Bel Air

Come se tutti questi elementi non fossero già di per sé innovativi, è innegabile come un altro degli elementi più caratteristici della serie non riguardasse tanto le difficoltà comunicative tra bianchi e neri, quanto quelle che emergono tra la gente dello stesso colore ma di diversa estrazione sociale: tra Willy e la sua sofisticata famiglia di Los Angeles esiste un enorme divario comunicativo che gli sceneggiatori hanno saputo usare con profonda intelligenza sia per sensibilizzare sull’argomento, sia come inesauribile fonte di comicità.

3. It’s Always Sunny in Philadelphia

Non potevamo non includere un titolo controverso e allo stesso tempo amato come questo. It’s Always Sunny in Philadelphia, gioiellino creato da Rob McElhenney e andato in onda per la prima volta sull’emittente statunitense FX dal 2005 (e dal 2013 su FXX), racconta le assurde e improbabili vicende che vedono coinvolti quattro amici incredibilmente problematici, volgari, alcolizzati e nullafacenti: Charlie Kelly (Charlie Day), Mac McDonald (Rob McElhenney), Dennis Reynolds (Glenn Howerton) e Dee Raynolds (Kaitlin Olson). Elemento costante all’interno dello show è il Paddy’s Pub, un pub irlandese collocato a South Philadelphia che i quattro gestiscono – o provano a gestire – con non poche difficoltà.

It’s always sunny in Philadelphia

Sono principalmente due le ragioni che ci hanno spinto ad inserire un titolo controverso come questo all’interno della nostra personalissima lista di sit-com rivoluzionarie: la prima risiede in una considerazione per nulla scontata ma anzi incredibilmente intelligente ed efficace, ovvero quella che individua il punto di forza di It’s Always Sunny in Philadelphia nella realizzazione e messa in scena di personaggi detestabili. La loro scorrettezza, la loro disonestà, il loro egoismo e la loro totale mancanza di empatia produce nello spettatore una reazione che non si basa tanto sull’affetto e l’immedesimazione, quanto sull’insofferenza che le loro azioni e le loro parole producono in lui. Si ama It’s Always Sunny in Philadelphia perché i suoi personaggi sono facilmente odiabili. La seconda ragione riguarda invece i temi che vengono trattati puntata dopo puntata: dimenticatevi il politicamente corretto, dimenticatevi un linguaggio contenuto. In It’s Always Sunny in Philadelphia vengono trattati temi incredibilmente complessi e delicati come la pedofilia, l’aborto, il terrorismo, l’omosessualità, il razzismo, l’incesto, la disabilità e persino la necrofilia. Una terza ragione è bonus e pone fine alla questione: c’è Danny DeVito in tutto il suo splendore.

Frank
Frank Reynolds (Danny DeVito) in It’s always sunny in Philadelphia

4. Friends

Eccola qui, la sit-com per eccellenza. Non sarà la migliore, ma di certo – almeno nel panorama italiano – è tra le più famose e amate. Friends è senza dubbio lo show che ha portato il genere sit-com alla ribalta sulla scena non solo statunitense ma anche e soprattutto internazionale.

Siamo ben consapevoli del fatto che Friends non abbia assolutamente bisogno di presentazioni, ma lo facciamo comunque nella remota possibilità che qualcuno non sappia di cosa stiamo parlando: creata da David Crane e Marta Kauffman, la serie andata in onda sull’emittente televisiva NBC per un totale di 10 stagioni, dal 1994 al 2004, è ambientata nel quartiere di Manhattan e segue le vicende di un gruppo di amici, Joey Tribbiani (Matt LeBlanc), Chandler Bing (Matthew Perry), Ross Geller (David Schwimmer), Rachel Green (Jennifer Aniston), Monica Geller (Courteney Cox) e Phoebe Buffay (Lisa Kudrow).

Friends

All’interno del panorama delle situation comedy, Friends si colloca contemporaneamente come uno show dall’ossatura fortemente tradizionale, seguendo espedienti narrativi consolidati e applicandoli con incredibile maestria, ma anche come uno show sorprendentemente innovativo. In primo luogo, è con Friends che lo spazio acquisisce un’importanza iconica talmente forte da diventare a tutti gli effetti un personaggio a sé stante, parte integrante e partecipativa all’interno dello show.

In secondo luogo, è con Friends che inizia a prendere piede quella tendenza volta alla rottura delle rigide strutture della sit-com e dell’affiancamento di una macronarrazione in cui i personaggi crescono, cambiano e si evolvono. E nonostante ciò, nonostante i singoli personaggi vivano evoluzioni e stravolgimenti, il gruppo resta immutato. Non importa quante avversità la vita proporrà ad ognuno di loro, quanto forte sia la volontà del destino di separarli e dividerli: il motto resta invariato, e incarna perfettamente l’anima dello show – I’ll be there for you.

Non è un caso dunque se è proprio a Friends che si deve l’introduzione del concetto di amicizia familiare: nonostante già in Seinfeld ci fosse questa tendenza a mostrare le vicende di un gruppo di amici, è con Friends che viene portata agli estremi, mostrandoci le vicende quotidiane un gruppo di amici talmente affiatato da sembrare, a tutti gli effetti, una famiglia.

5. The Office US

Non potevamo dimenticarci mica di una pietra miliare come questa, non pensate? Ispirato all’omonima serie inglese (The Office UK) ideata da Ricky Gervais e Stephen Merchant e andata in onda sulla BBC tra il 2001 e il 2003, The Office US è stata riadattata per la televisione americana da Greg Daniels – storico sceneggiatore del Saturday Night Live e de I Simpson – e Michael Schur (che all’interno della serie interpreta Moses, lo strambo fratello di Dwight) ed è andata in onda sull’emittente statunitense NBC dal 2005 al 2013, per un totale di 9 stagioni.

Lo show, attraverso la tecnica del mockumentary – falso documentario -, ci mostra la quotidianità degli impiegati della Dundler Mifflin Paper Company, una azienda produttrice di carta con sede nella piccola cittadina di Scranton, Pennsylvania. Se le incredibilmente intense ed esilaranti interpretazioni di Steve Carrell (Michael Scott) e Rainn Wilson (Dwight Schrute), o l’eterogeneità di un cast incredibilmente sinergico e ben strutturato non fossero già di per sé delle ragioni più che valide per inserire The Office US all’interno di questa lista, lasciateci spiegare le motivazioni che ci hanno portato a farlo.

C’è infatti una ragione se il web è tappezzato di singole scene di The Office usate come base per meme (basta farsi un giro sulle gif di whatsapp per rendersi conto di quanto The Office abbia pervaso la comunicazione): il suo efficacissimo cringe humor.

The Office US è una serie esilarante, di quelle che ti fanno ridere a crepapelle. L’efficacia comica è però raggiunta attraverso un perfetto assortimento di elementi diversi: in primo luogo, la tecnica del falso documentario garantisce allo spettatore una sensazione di realtà – chi guarda è portato a credere che ciò che vede sia effettivamente reale, o perlomeno verosimile -; in secondo luogo, ci viene raccontata uno spaccato di vita estremamente ordinario, al cui centro troviamo gente altrettanto ordinaria e in cui lo spettatore può facilmente immedesimarsi. Il cringe humor che ritroviamo in The Office US è unico ed estremamente efficace proprio perché fa leva sul velo di imbarazzo che ricopre ogni singolo personaggio dello show.

Un altro elemento di originalità – nonostante di per sé non rappresentino una novità nel genere di riferimento – è rappresentato dalle cosiddette cold open, le scene d’apertura che scandiscono ogni singolo episodio. Oltre ad anticipare – nella gran parte dei casi – il tema della puntata, rappresentano uno degli elementi più esilaranti della serie e hanno senza dubbio il merito di aver consegnato The Office US nell’olimpo delle sit-com.

6. Modern Family

Ormai lo avrete capito: i titoli all’interno di questa lista sono titani della situation comedy. Modern Family, con i suoi 22 Emmy e il suo Golden Globe per la miglior serie commedia o musicale, non può proprio essere da meno. Creata dal genio di Christopher Lloyd e Steven Levitan e andata in onda dal 2009 al 2020 per un totale di 11 stagioni, Modern Family riprende la tecnica del mockumentary e lo fa per raccontarci le vicende di una famiglia tanto eterogenea e variegata quanto atipica, rompendo con lo stereotipo conservatore della tipica famiglia tradizionale. In particolare, Modern Family concentra la sua attenzione su tre nuclei familiari: il primo è quello relativo alla famiglia Dunphy ed è composto dal favoloso Phil Dunphy (Ty Burrell) – meritatamente considerato tra i padri più amati ed esilaranti della storia della televisione – dalla moglie Claire Dunphy (Julie Bowen) e dai figli Haley Dunphy (Sarah Hyland), Alex Dunphy (Ariel Winter) e Luke Dunphy (Nolan Gould). Il secondo nucleo familiare, relativo alla famiglia Pritchett, è composto dal capofamiglia Jay Pritchett (Ed O’Neill), padre di Claire e marito della bellissima Gloria Delgado-Pritchett (Sofia Vergara) e dal giovane Manny Delgado (Rico Rodriguez). Il terzo ed ultimo nucleo familiare è infine quello composto da Mitchell Pritchett (Jesse Tyler Ferguson), fratello di Claire e figlio di Jay, dal marito Cameron Tucker (Eric Stonestreet) e dalla piccola Lily Tucker-Pritchett (Aubrey Anderson-Emmons).

Modern Family
Modern Family

Il merito, per niente scontato, che può essere attribuito a Modern Family e al suo successo è legato proprio al come i suoi sceneggiatori hanno deciso di rappresentare una famiglia non tradizionale e rompere tutta una serie di stereotipi ben consolidati. La forza dello show sta proprio nell’essere stati in grado di trattare tematiche fondamentali per la società occidentale in generale e per quella americana in particolare come l’omosessualità, l’adozione, la virilità maschile o l’etnia. Prendiamo per esempio il caso della bellissima Gloria Delgado: il suo personaggio rompe con lo stereotipo tipicamente americano dell’immigrata latinoamericana, della scalatrice sociale che accetta di sposare un uomo più anziano di lui solo per il suo capitale economico. L’amore che lega Jay e Gloria è reale, non meno di quanto lo sia quello che lega Phil e Claire o Mitchell e Cam.

7. The Big Bang Theory

Ed eccoci giunti all’ultimo punto della nostra personalissima lista di sit-com che hanno rivoluzionato il genere della commedia situazionale. Di titoli ne abbiamo omessi tanti, e fare una cernita non è stato per niente semplice. Nonostante ciò, non potevamo non includere lei – The Big Bang Theory -. Creata da Chuck Lorre e Bill Prady e andata in onda sull’emittente statunitense CBS dal 2007 al 2019 per un totale di 12 stagioni, The Big Bang Theory è stata un vero e proprio fenomeno sociale e culturale. Anche in questo caso, ci cimentiamo in una breve introduzione per quelle persone che, inspiegabilmente, non sanno di cosa stiamo parlando: La serie si concentra su Sheldon Cooper (Jim Parsons), Leonard Hofstadter (Johnny Galecki), Howard Wolowitz (Simon Helberg), Raj Koothrappali (Kunal Nayyar), Penny (Kaley Cuoco), Amy Farrah Fowler (Mayim Bialik) e Bernadette Rostenkowski (Melissa Rauch), un gruppo di amici/ricercatori/scienziati e sulle donne che, con gli anni, entrano a far parte delle loro vite.

Game of Thrones
The Big Bang Theory

The Big Bang Theory è forse la situation comedy che più di chiunque altra è stata in grado di cogliere l’eredità di Friends per sfruttarla a proprio vantaggio. Abbiamo tutti gli elementi classici della sit-com: strutture narrative ben consolidate, risate registrate, utilizzo della multicamera, sottotrame che si aprono e si chiudono nel corso di un singolo episodio. Ma abbiamo anche innovazione. The Big Bang Theory è una serie fuori dal tempo: nonostante la struttura narrativa sia infatti la classica struttura delle sit-com anni novanta, ha avuto il grande merito di saperla adattare ad un tipo di serialità in rapido mutamento. Ma non solo: da elemento secondario, la macronarrazione diventa in questo caso elemento fondamentale. La crescita, l’evoluzione dei singoli personaggi ha permesso alla serie di diventare grande, e di cambiare per sempre la storia delle commedie situazionali.

Ma The Big Bang Theory ha anche avuto il merito – per niente scontato – di contribuire ad un cambiamento sociale non indifferente: anzi, non è semplice comprendere se sia stato lo show a stimolare questo cambio di paradigma o se The Big Bang Theory si sia semplicemente limitato a rifletterlo all’interno della sua storia. Facciamo riferimento, per esempio, alla figura del nerd, che da personaggio reietto e bullizzato diventa personaggio divertente e affascinante ma non per questo meno impacciato. E facciamo riferimento anche a tutti quegli elementi propri della pop culture a cui The Big Bang Theory attinge a piene mani come i comic movie e le saghe cinematografiche più rinomate – Star Wars, Star Trek, Il Signore degli Anelli solo per citarne alcune -. Insomma, The Big Bang Theory avrà sicuramente avuto alti e bassi, avrà certamente tradito a tratti le aspettative di alcuni fan, ma non può essere certo dimenticata. The Big Bang Theory è e resta una delle serie che ha segnato e trasformato un genere per sempre.

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