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The Bear: la tecnica del tempo, la fertilità del fuoco

Il fuoco distrugge e purifica. È energia vitale che anima la cucina, è la lenta agonia che consuma Carmy dall’interno. Il fuoco è la metafora dei conflitti che scandiscono il tempo in The Bear. Il tempo è elaborazione, accettazione, soluzione.

L’universo simbolico e tecnico di The Bear è riassumibile in questi due elementi, essenziali nella creazione della tensione che caratterizza ogni singola scena di uno dei prodotti più riusciti e acclamati dell’anno.

La cucina in cui è ambientata la serie FX The Bear, disponibile dal 5 ottobre su Disney Plus, è frenetica e caotica. Il ritmo incessante, la frenesia che precede l’orario di apertura del locale, i toni concitati, la claustrofobia degli spazi stretti e disordinati, fanno da sfondo alla vicenda di Carmine Carmy Berzatto (Jeremy Allen White), giovane chef dell’alta cucina costretto a prendere le redini della paninoteca di famiglia dopo il suicidio del fratello maggiore. Sistemare il fatiscente locale diviene simbolicamente il modo in cui il protagonista rimette a posto il suo universo interiore, dominato dall’ansia e dai risentimenti (mai elaborati) per la morte del fratello che non ha mai conosciuto abbastanza. Le fasi di elaborazione del lutto passano attraverso i coltelli mal affilati e la dispensa non sufficientemente fornita; i debiti accumulati dal fratello diventano i compromessi emotivi che stipula con se stesso, lasciati in balia di quel tempo, minuziosamente mostrato nella serie attraverso specifici ricorsi tecnici, come il piano sequenza del settimo episodio. La scelta di non utilizzare tagli contribuisce infatti a rimarcare l’importanza di ogni singolo passaggio in cucina che, oltre a offrire un punto di vista più accurato sul lavoro degli chef, è essenziale nella progressione di ogni personaggio all’interno del proprio arco narrativo, e nella risoluzione dei contrasti tra i diversi protagonisti. Uno degli elementi centrali che la serie utilizza per creare tensione è infatti la sovrapposizione di conflitti; questi ultimi, tuttavia, non sono generati da problemi diversi, piuttosto da soluzioni diverse allo stesso problema, che ogni personaggio propone in base al proprio background. Se per Richy (Ebon Moss-Bachrach) l’unico modo per superare le difficoltà economiche è continuare a fare le cose nel modo tradizionale, Carmy aspira a un rinnovamento totale del locale, portando la sua esperienza in contesti di alta cucina al servizio del ristorante di famiglia.

Il tempo crudo e risolutore scandisce anche l’universo interiore di Carmy, dominato dalle emozioni represse per troppo tempo, simboleggiate da quell’orso rinchiuso in gabbia che vediamo nei primissimi istanti di apertura della serie. L’orso che vorrebbe evadere da quello stato di costrizione è quella parte di sé che ha tenuto nascosta e in silenzio per troppo tempo: è suo fratello, coscienza silenziosa che l’ha spinto, anni prima, a intraprendere il sogno di chef ad alti livelli. È anche il suo orgoglio, che l’ha portato a continuare in quell’ambiente nonostante la pressione e l’ansia, che hanno cominciato lentamente a bruciarlo vivo.

You have this minute where you’re watching the fire and you’re thinking, “If I don’t do anything, this place will burn down and all my anxiety will go away with it.”

The Bear
The Bear (640×360)

La cucina che brucia è uno dei sogni ricorrenti di Carmy, che desidera che quelle fiamme che lo divorano dentro riescano a ridurre in cenere anche il suo dolore e la sua ansia. Quest’ultima è la protagonista invisibile che percorre la cucina passando da un personaggio all’altro, come quel piano sequenza che non si concede pause e non ci dà respiro. Tuttavia, il vantaggio del fuoco distruttore è che lascia dietro di sé unicamente la possibilità di ricominciare di nuovo da zero. Se la tensione è generata dai conflitti, bisogna necessariamente passare dalla loro risoluzione affinché quei fornelli smettano di bruciare l’ambiente circostante. Riappacificarsi con l’altro vuol dire però spegnere prima le proprie fiamme interiori, riaprendo quella gabbia di repressioni e concedendo(si) il perdono.

“I guess all the time I feel like I’m kind of trapped because I can’t describe how I’m feeling.”

Perdonare il gesto di suo fratello consente a Carmy di abbracciare quell’orso da cui scappava, che diventa per lui la nuova opportunità di aprire un locale totalmente nuovo, il The Bear, costruito sulle ceneri del vecchio The Beef.

Let it rip
The Bear (640×360)

La risoluzione dei conflitti è rappresentata dalla lettera lasciata a Carmy da suo fratello. In quel semplice pezzo di carta, era infatti nascosta la risposta al problema economico a cui tutti cercavano di dare la propria soluzione. Se la questione finanziaria trova chiarimento nella ricetta di famiglia degli spaghetti al pomodoro, sono le parole rivolte a Carmy quelle che gli consentono, finalmente, di voltare pagina. Alla palese dichiarazione di affetto (I love you dude), segue la massima “Let it rip”, traducibile con il nostro “lascialo andare”. Lasciar andare senza forzature il proprio istinto, le proprie emozioni ma anche il proprio dolore, il proprio lutto, il proprio fratello.

Tradotto letteralmente, il verbo “to rip” vuol dire invece “strappare, lacerare, squarciare, stracciare”. Concedersi di esser lacerati (dentro), attraversando quel dolore – fronteggiando quell’orso – senza porvi freni o gabbie è l’unica via di risoluzione dei propri conflitti interiori. Non bisogna però mai tralasciare che, ad affiancarci in qualunque battaglia, ci sarà sempre il miglior alleato possibile: il tempo – quello reale e senza tagli- che chiede solo di fluire e esser lasciato andare. Let it rip.