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Attenzione: nell’articolo sono presenti spoiler sulla seconda stagione di Suburra.

Solo nella sua irrequieta distruzione.
Racconta una violenta evoluzione che ha un tempo fin troppo breve.
Parla di giustizia, di destino, di curiosa ostentazione.
Non sono bastati gli istanti vissuti per essere impronta di un padre,
nulla è bastato a rendere Suburra la sua patria.

Ha gli occhi vacui, persi nel vuoto di chi lotta contro se stesso da tempo. Non c’è determinazione, perché sarebbe troppo grande il divario tra ciò che vuole essere e la persona che è in realtà. La sua vita rappresenta la fuga sbagliata da un destino che potrebbe già essere scritto. Eppure Gabriele non può far finta che tutto vada bene, che seguendo le regole la sua vita sarà adeguata alle aspettative.

Vorrebbe avere il coraggio di ribaltare le situazioni, ma si ritrova, sin dagli esordi, a lottare contro qualcosa di troppo grande, contro cui non può vincere. Fa fatica a capire anche da che parte stare, cosa vorrebbe realmente da una storia, la sua, che trova il coraggio di emergere solo negli istanti finali.

Davanti a Spadino e Aureliano mostra, forse per la prima volta, la sua vera facciata. Quella che avrebbe voluto potesse essere sua da sempre.

Suburra

Nel suo continuo tornare indietro questo è stato il passo avanti più lungo che potesse fare. Ha scelto la soluzione che avrebbe ridato colore al suo personaggio. Ha permesso che il ricordo che si ha di lui sia ora legato a una fiducia che credevamo potesse appartenergli solo in potenza. Protegge Spadino, Aureliano, ma anche e soprattutto se stesso. Il suo personaggio non poteva emergere ancora, era incastrato e questo era l’unico modo di uscirne.

La fine della prima stagione l’ha visto indossare la divisa di suo padre. Colpevoli di aver pensato a una rivalsa in termini di giustizia, abbiamo immaginato Lele trasformarsi pian piano nell’idea che si aveva di suo padre. Come se una rinnovata lotta a tutto ciò che fino ad allora aveva abbracciato potesse farlo redimere e rendere più vicino agli ideali con cui era cresciuto.

È sempre stato a metà, in apparenza vicino a tutti gli aspetti caratteristici di Suburra, ma comunque distante, quasi indifferente a queste stesse situazioni.

La sua ambiguità ha costretto lo spettatore a guardarlo sempre con sospetto. Il flashback che vediamo nella seconda stagione aiuta a chiudere il cerchio, a ristabilire equilibrio almeno per quanto riguarda il suo passato. Cominciamo a capirlo realmente solo a questo punto della trama, quando smette di giocare e mostra determinazione.

Suburra

In un certo senso si vede costretto a farlo. Ottiene un posto di riguardo nella polizia e non si ferma. Il suo però è un movimento passivo, lascia che sia sempre qualcosa a guidarlo, non si impone nulla, segue semplicemente le tracce che lui stesso ha posto nella prima stagione. Continua a uccidere per coprire i suoi crimini, viene scoperto da Spadino e l’aura di lealtà che si era formata attorno a lui si sgretola e porta via pezzi della sua integrità. Non è più in grado di trattenere il mondo distrutto che dentro impazzisce, non cerca aiuto, confessa e si uccide. Con sé porta domande, poche risposte e un senso di disperazione che coinvolge tutti.

Da qui non si torna indietro, la sua morte fa da monito a chi è sopravvissuto. Dimostra quanto Suburra non perdoni, quanto riesca a lasciare attoniti anche dopo aver visto di tutto. La morte di Gabriele è l’ennesima dichiarazione di intenti della serie.

Alla fine dei conti Lele torna alla confusione iniziale, la sente, la vive e decide di fare silenzio nell’unico modo che gli permette di essere libero. Sceglie l’unica dimensione in cui finalmente può far finta di nulla e non sentire più il peso del suo opprimente destino.

Suburra

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