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Spinning Out è un rimpianto o aveva già dato e detto tutto nella prima stagione?

Attenzione: il seguente articolo contiene spoiler sul finale di Spinning Out.

Spinning Out, serie tv originale Netflix andata in onda il 3 gennaio 2020, ha raggiunto la sua fine proprio con l’ultimo episodio della prima stagione (qui trovate la nostra recensione). Difatti la serie che segue le vicende della pattinatrice affetta da bipolarismo Kat Baker, interpretata da Kaya Scodelario (che già abbiamo potuto apprezzare in Skins e Maze Runner), non è stata rinnovata per una seconda stagione. La causa sembra proprio essere il basso indice di ascolti registrato da parte del pubblico, evidentemente troppo inferiore rispetto alle aspettative. Dato che si tratta di una sola stagione, e quindi di una storia appena nata con personaggi nuovi ai quali non abbiamo avuto nemmeno troppo tempo per affezionarci, potremmo benissimo farcene una ragione se la serie è stata cancellata, non fosse per il cliffhanger finale e le varie storyline lasciate in sospeso.

Samantha Stratton, creatrice di Spinning Out ed ex pattinatrice a sua volta, proprio grazie alla sua esperienza personale nel campo del pattinaggio artistico su ghiaccio ci introduce al mondo delle routine.

Spinning Out - serie tv

Dietro i caratteristici esercizi dei pattinatori, vediamo quanto sudore, lacrime, stress e pressione psicologica si nascondano appena coperti da uno sfavillante costume di strass colorati.

Nella seconda parte di stagione iniziano invece a delinearsi le storie dei vari personaggi satellite. Non si parla più solo di Kat e della sua malattia mentale, con la protagonista che deve barcamenarsi tra una famiglia disfunzionale e il trauma dovuto a una brutta caduta sul ghiaccio; entriamo più a fondo anche nella vita di Justin Davis, interpretato da Evan Roderick, pattinatore e compagno di coppia di Kat, orfano di madre che ancora non riesce ad accettare la nuova moglie del padre.

Inoltre conosciamo anche Jenn Yu (Amanda Zhou), anche lei pattinatrice che deve fare i conti con una famiglia che pretende tanto, forse troppo, dai suoi risultati sportivi. La stessa sorellina di Kat, Serena (interpretata da Willow Shield, già nota per Hunger Games) avrà un ruolo cruciale all’interno della narrazione.

spinning out

Gli adolescenti non sono gli unici protagonisti di questa serie, però. Gli adulti, genitori o mentori, ne fanno parte ritagliandosi delle scene da personaggi principali alla pari di quelli più giovani.

Come la madre di Kat e Serena, Carol (January Jones), anche lei affetta da bipolarismo, madre assente e instabile che avrà un’evoluzione massiccia all’interno delle dieci puntate della stagione; o Dasha Fedorova (Svetlana Efremova), allenatrice di Kat e Justin che nasconde l’amore spassionato per un’altra donna e la paura di affrontare un’operazione che potrebbe lasciarla senza vista. Tutti questi intrecci di storie portano inevitabilmente a lasciare delle questioni in sospeso alla fine di una stagione. Da una parte c’è la mancanza concreta di tempo, dall’altra la voglia di far nascere nello spettatore il desiderio recondito di avere al più presto altre stagioni per avere le risposte che cerca.

Spinning Out alla fine della 1×10, Kiss and Cry, fa proprio questo: ci risolve dei dubbi, apparentemente chiude alcune storyline, ma ci lascia con il fiato sospeso aggrappati allo schermo del pc fino all’ultimo fotogramma, e si conclude lasciando vive dentro noi spettatori almeno due domande fondamentali. Una di queste domande riguarda proprio il risultato ottenuto da Kat e Justin a un’importante gara di pattinaggio. Dopo una seconda parte di stagione incentrata principalmente sui drammi dei personaggi, sarebbe stata una mossa vincente tornare a mettere l’accento sul pattinaggio con una seconda stagione, partendo proprio da quel Kiss and Cry.

spinning out

Anche tanti altri aspetti interessanti avevano bisogno di essere approfonditi, ad esempio come la malattia mal gestita di Kat e della madre abbia influito negativamente sulla vita di Serena e sulle sue scelte, portandola alla disperata ricerca di una figura genitoriale a cui riferirsi. Interessanti erano anche le dinamiche che orbitavano attorno alla figura della matrigna di Justin, Mandy Davis (Sarah Wright Olsen), apparentemente pronta a rivestire un ruolo importante sia nella serie che da un punto di vista sociale in quanto donna lavoratrice a capo di una grande e redditizia impresa, e ora neomamma. Insomma, dieci episodi non sono sufficienti per approfondire, ampliare e concludere tante storyline, e una seconda stagione avrebbe potuto rimarcare quanto già esposto nella prima, scavando ancora più a fondo, e raccontare a tutto tondo certe situazioni difficili di cui non si parla mai abbastanza: le malattie mentali e la pressione sportiva.

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