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Silicon Valley 6×07 – Un finale che è riuscito a commuoverci. Eccome se ne è valsa la pena

Ogni sabato sera, sempre alle 22.30, vi portiamo con noi all’interno di alcuni tra i momenti più significativi della storia recente e passata delle Serie Tv con le nostre recensioni ‘a posteriori’ di alcune puntate. Oggi è il turno della 6×07 di Silicon Valley.


“Bene ragazzi, sono qui per dirvi che ne è valsa la pena, decisamente. Perchè oggi finalmente ci siamo. Abbiamo rilasciato proprio ora la definitiva build del PiperNet firmware, per AT&T, per il lancio nazionale di settimana prossima”Richard Hendricks (Silicon Valley 6×07)

Richard Hendricks è all’apice. Dopo anni di durissimo lavoro, attacchi di panico, pianificazioni mirate e soluzioni improvvise tanto geniali quanto disperate per salvarsi dal tracollo, dopo anni di sogni e bruschi risvegli, ce l’ha fatta. Si rivolge ai suoi dipendenti, ormai centinaia, quando dice che ne è valsa la pena. Si rivolge a se stesso, ripetendosi quel mantra che lo ha salvato dalla tentazione di mollare infinite volte: ne varrà la pena, farò qualcosa che renderà davvero il mondo un posto migliore. E si rivolge anche a noi, dicendoci che ne è valsa la pena arrivare fin qui, fare tutta questa strada con lui e i suoi compagni di battaglia. E ne sarà valsa la pena comunque andrà a finire: perchè siamo solo all’inizio della puntata finale, e noi lo sappiamo che non potrà finire tutto a tarallucci e vino, con un trionfo schiacciante senza alcun colpo di scena. La conosciamo bene ormai, Silicon Valley.

Silicon Valley è stata innanzitutto la serie che più di tutte, tra le comedy, è riuscita a tenersi in equilibrio ripetendo sostanzialmente sempre la stessa macro-dinamica nel racconto dell’attività imprenditoriale dei protagonisti (successo quando ormai tutto sembrava urlare fallimento, fallimento quando ormai tutto sembrava urlare successo e via così all’infinito) e quindi nella narrazione, senza mai risultare ridondante o ripetitiva: un’impresa non da poco dovuta anche alla sua natura ibrida, perchè se senza dubbio Silicon Valley è una comedy pura, una di quelle che fanno anche ridere sul serio – cosa che ultimamente si è persa nelle comedy di nuova generazione, tendenti più a far riflettere delicatamente, restituire leggerezza allo spettatore e tutt’al più far sorridere – è allo stesso tempo anche una serie ambiziosa, che sui colpi di scena e sui continui ribaltamenti di fronte ha puntato eccome, con l’idea generale di raccontarci non la solita storia tra coinquilini fatta di amore, amicizia eccetera eccetera, bensì la scalata imprenditoriale di un gruppo di giovani, imbranati e geniali sognatori che provano a farsi strada in un mondo di squali. Una storia vissuta costantemente sul filo sottile che separa l’Eden dall’Inferno, e la puntata finale non poteva che andare ancora una volta in quella direzione.

Quando tutto sembra pronto al tanto agognato lancio di PiperNet, Richard si accorge di un difetto nella struttura durante una delle sue folli nottate insonni in cui si lascia andare all’ennesimo loop paranoide che gli permette di scovare qualcosa che nessuno aveva visto con un colpo di genio: la tipica situazione alla Silicon Valley, la tipica situazione che ha salvato spesso e volentieri i ragazzi dall’orlo del definitivo baratro dei loro sogni, delle loro idee, della loro carriera che è sempre stata un misto tra “Ma che c*zzo ci fanno questi esattamente qui?” e “Ma da dove sono usciti questi fenomeni”. Stavolta no, però. Stavolta succede tutto il contrario: Richard scopre quello che potrebbe essere un difetto letale, non solo per la loro compagnia ma per l’intero mondo, quel posto che sin dall’inizio volevano cambiare in meglio e che ora potrebbe cambiare in peggio, se veramente decidessero di lanciare PiperNet sul mercato. E mentre gli altri tentano di dissuaderlo dall’approfondire, Gylfoyle – personaggio controverso, ma moralmente retto a differenza di Dinesh – dà la conferma che nessuno voleva sentire ma che tutti sospettavano: stavolta non è semplicemente un bug, non è qualcosa di risolvibile. L’intelligenza artificiale a cui si appoggia il complesso algoritmo di compressione dati di PiperNet ha acquisito vita propria, e se PiperNet venisse lanciata sul mercato sarebbe un disastro per tutto il mondo: la privacy online non esisterà più e tutto il mondo sarà in serio pericolo.

Il lancio di PiperNet, insomma, deve fallire. E devono essere loro a farlo fallire, con un fallimento spettacolare che porterà a dissuadere chiunque altro si metta in testa di ri-creare quella tecnologia, a non provarci nemmeno. E dopo una serie di peripezie, falliranno. In modo spettacolare, anche se non solo per merito della loro decisione. Ma il punto non è tanto quel che è successo e come è successo: il punto riguarda più che altro la decisione di Richard e i suoi amici. Dinesh a parte, in cuor loro nessuno avrebbe mai lanciato PiperNet sul mercato conoscendo i problemi insormontabili e distruttivi che si portava dietro. In cuor loro, la decisione era già presa al momento stesso della nefasta scoperta, ma quanto è difficile decidere di mandare all’aria sostanzialmente tutto quello che hai costruito, sognato per una vita, tutto quello per cui hai lottato. Al di là dei soldi, dei miliardi che gli sarebbero piovuti addosso se avessero deciso realmente di scagliare questo boomerang verso il pianeta, la cosa più difficile è quella di dire a tutta la Silicon Valley che l’algoritmo rivoluzionario di Richard Hendricks, che nel frattempo era diventato già un mito in breve tempo, è in realtà una ciofeca. L’ennesimo spettacolo di illusionismo nella carriera di un uomo il cui nome è sempre circolato negli ambienti più importanti, col solito inestricabile interrogativo a cui tutti non vedevano l’ora di dare una risposta: è un coglione o un genio? Richard è un genio, ma decide di farsi passare per coglione per il bene del mondo. Perchè lui voleva rendere il mondo un posto migliore, l’ha sempre detto: e se l’unico modo per renderlo migliore è fallire, allora che si fallisca.

Lo sapevamo già, che Silicon Valley sarebbe finita con un esaltante trionfo o con una roboante sconfitta. Lo sapevamo già, che non ci sarebbero state vie di mezzo. Era finita in trionfo, ma Richard e i suoi amici infine trovano il trionfo nella sconfitta. Decidendo di sacrificarsi, e decidendo di farlo per rendere il mondo un posto migliore. La scelta del fallimento in nome di un trionfo morale di cui nessuno saprà mai un cazzo.

Silicon Valley (640x360)
Silicon Valley (640×360)

Perchè poi, quando si ritrovano 10 anni dopo tutti insieme per il documentario su Pied Piper, si rendono conto che tra le nuove generazioni già nessuno sa più chi siano loro. Che cosa abbiano fatto loro. Il nome di Pied Piper è già uno sbiadito ricordo, materiale per quei documentari che metti la domenica pomeriggio per addormentarti. I ragazzi si ritrovano, tutti insieme di nuovo nella vecchia casa del compianto Erlich Bachman, dolce e opprimente teatro dei loro sogni di gloria. Hanno dei sorrisi stiracchiati, e sul volto il malinconico rammarico di chi arrivato a quell’età si immaginava diversamente. Di chi voleva essere qualcun’altro, e di chi sapeva che sarebbe bastato un clic per essere quel qualcun’altro. Si siedono attorno al tavolo dove si tenevano le loro blande festicciole, tirano fuori un oggetto che non è un oggetto qualunque e a noi sale un brivido forte lungo la schiena, perchè lo sappiamo già cosa sta per succedere. E cominciamo a piangere, perchè Silicon Valley è finita e dopo averci esaltato con la sua brillantissima narrazione di questo gruppo di giovani ambiziosi, imbranati e geniali sognatori, dopo averci fatto ridere a crepapelle, è riuscita anche a commuoverci. Sempre blu, sempre blu, sempre blu.

Vincenzo Galdieri