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È innegabile che Sex and the city sia stata una Serie Tv che, fin dalla prima puntata, nel lontano 1998, è riuscita a parlare alle donne (e agli uomini) delle donne.

È stata una pioniera, perché mai nessuno, prima di Carrie, Samantha, Miranda e Charlotte, aveva parlato del mondo femminile senza sovrastrutture, condizionamenti o censure. Finalmente, il mondo scopriva che alle donne il sesso piace, che piace farlo, che le donne parlano di sesso, esattamente come gli uomini, che non sono fragili fiorellini che subiscono l’altro sesso, ma che sanno anche essere dure, provocatrici, spesso ciniche e un po’ stronze, e che amano fare sesso per il gusto di farlo.

Veniva descritto un mondo di donne emancipate, seppur nelle loro paure e fragilità, che affrontavano gli uomini come pezzi di un puzzle da ricostruire, affascinanti, incomprensibili, con una leggerezza e un tono franco e diretto che spesso spiazzava, ma che risultava del tutto realistico.

Negli anni ’90 tutti parlavano di Sex and the city; molti di noi lo vedevano di nascosto, tutti ne parlavano e tutti si identificavano in una delle quattro protagoniste.

Perché, molto prima della moda (abbiamo tutti invidiato il guardaroba delle protagoniste), molto prima dell’emancipazione femminile e delle difficoltà delle donne di bilanciare la vita tra carriera e amore, prima delle delusione, Sex and the city era questo: sesso nella città. E non una città come tante, ma LA CITTÀ per eccellenza, quella che non dorme mai, quella che ha preso il nomignolo di “Grande Mela”, perché è succulenta, matura e carnosa come un frutto pronto da mordere.

E, sì, il sesso è spesso mordi e fuggi in una città con la quale Carrie ha una vera e propria relazione amorosa. Infatti, lontano da New York, Carrie si spegne e si avvilisce, perché, in un’azzardata parafrasi, “non c’è vita lontano da New York”.

Per tutti questi motivi, Sex and the city è stata una Serie avveniristica in quegli anni così complessi e turbolenti, in cui la generazione di giovani veniva definita “X”, quasi non avesse una piena identità, divisa tra il vuoto esistenziale del grunge e lo scintillante Brit Pop di lustrini, tra i fantasmi e i mostri di Lynch e il patinato mondo dei liceali di Beverly Hills.

Anni in cui tutto sembrava andare nel verso giusto, mentre in realtà si preparavano i tempi peggiori della storia moderna.

Negli anni ’90, Sex and the city aveva cambiato il modo di tutti di vedere le donne. Nessuno, prima, aveva avuto lo stesso coraggio, la stessa incoscienza e, per certi versi, la stessa sconsiderata spensieratezza.

Avrebbe senso, nel 2018, una Serie Tv come questa?

Certo, molte cose sono cambiate: internet prima e i social network poi hanno reso le relazioni personali prima di tutto virtuali.

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Se allora ci si incontrava nei locali, o camminando per strada, al parco o sul posto di lavoro, ora spesso molte storie nascono sui social, a distanza e, poi, forse, dopo ci si conosce di persona.

E si parlava moltissimo, anche troppo: non si tenevano in mano i cellulari, non si controllava Instagram o il numero di follower, non importava essere popolari sul web, ma importava essere accettati e apparire nel modo giusto nel mondo reale.

Carrie scriveva per un giornale, ora, probabilmente sarebbe una social influencer, qualcuno in stile Chiara Ferragni, o, forse, Selvaggia Lucarelli, che riflette un po’ su tutto, principalmente sui social o sui blog.

Di certo ci sarebbe più attenzione ai temi sociali e alle lotte interne che stanno dilaniando gli Stati Uniti oggi. C’è ora una sensibilità sociale che all’epoca non c’era e che fu drammaticamente risvegliata solo nel 2001, dopo gli attacchi alle Twin Towers. Non se ne parla in Sex and the city, anche se, dopo quei drammatici eventi, la città è ferita a morte, anche se la città è la quinta protagonista. Si fanno solo riflessioni e riferimenti metaforici, niente di diretto: non c’è l’elaborazione del lutto, lo choc, il dramma vissuto non solo dagli americani, ma da tutto il mondo.

Ora, qualcosa del genere, un silenzio così velato e sottomesso, non potrebbe mai passare così sotto silenzio.

I tempi sono cambiati.

Ad esempio, una come Miranda, al giorno d’oggi, sarebbe stata di certo impegnata politicamente (ironicamente, nella vita reale lo è davvero), a favore dei diritti sociali. Sarebbe stata una di quelle che avremmo visto marciare anche nella recente March for our lives.

Sex and the City

E infine il sesso.

Nel 2018 cosa potrebbe scandalizzare in relazione alla sfera sessuale?

Dopo le orge, gli incesti, dopo i feticismi, i serial killer che uccidono per amore, solitudine o per follia, dopo aver visto nudi frontali, integrali, dopo Serie Tv che hanno sollevato il velo sul lato nascosto nelle camere da letto, cosa ci rimane da vedere? Cosa ancora potrebbe farci arrossire, o scandalizzare, o incuriosire?

Oggi il sesso è ovunque e abbiamo moltissime figure femminili liberate, forti, indipendenti; ora sappiamo che le donne parlano di sesso esattamente come gli uomini. Non è vero che le donne pensano solo al lato romantico, adesso non è più un segreto e difficilmente sarebbe difficile analizzare il lato libero delle donne nel 2018, senza ripetere quello che è già stato detto, solo riportandolo alla realtà attuale.

La forza di Sex and the city è di essere stata la prima, di aver aperto gli occhi e, in modo leggero e divertente, senza prendersi troppo sul serio, anche le menti. Per cui, no, non avrebbe senso riaccendere le ceneri di qualcosa che ha bruciato tutto ciò che c’è stato prima di lei.

Forse è un po’ brutto realizzarlo ma no, Sex and the city è decisamente irripetibile.

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