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Yaratilan – Recensione del Frankenstein turco di Netflix

ATTENZIONE: la recensione contiene spoiler su Yaratilan – La creatura, la nuova miniserie turca appena sbarcata su Netflix!!

I mostri ci fanno paura. Ci atterriscono, ci spaventano. Li respingiamo, proviamo a ricacciarli nell’angolo più buio e nascosto della coscienza per non essere costretti a tirarli fuori, a guardarli in faccia. I mostri sono cattivi. Deformi, feroci, orribili. Si trascinano dietro una scia di oscurità, hanno qualcosa di raccapricciante, che disturba lo sguardo. Quando li allontaniamo dalla veglia, vengono a farci visita nei sogni, sotto forma di incubi terrificanti. I mostri popolano le nostre paure più profonde, abitano quella dimensione dell’inconscio che tentiamo di inabissare, curandoci di tenere sempre le nostre vite esposte alla luce del sole. Perché il buio nasconde creature orribili. Il buio fa paura. La natura umana è permeabile alle paure, non esiste corazza abbastanza spessa da impedir loro di filtrare, di incunearsi tra i tormenti del cuore e le angosce dell’anima. Lo sa bene l’uomo, che tenta di difendersi come può. Lo sapeva bene la scrittrice inglese Mary Shelley, che quando a diciannove anni scrisse il suo Frankenstein sapeva di colpire un nervo esposto della natura umana. Frankenstein è diventato l’archetipo del mostro, una creatura raccapricciante che atterrisce e, allo stesso tempo, affascina. Il romanzo, pubblicato all’inizio del XIX secolo, raccontava la storia di uno scienziato che aveva voluto sfidare la morte e vincerla, dando vita a un essere mostruoso e pagando a caro prezzo la sua sfida a Dio e ai limiti umani. Frankenstein divenne subito un best seller, un’opera talmente famosa da aver ispirato, nel corso dei secoli, decine e decine di rappresentazioni, libri, testi teatrali, racconti, film e – da ultimo – serie tv.

Yaratilan

Yaratilan è solo l’ultima di una serie considerevole di trasposizioni del mito di Frankenstein.

È un prodotto che arriva dalla Turchia (le serie tv turche stanno conoscendo una fase particolarmente positiva) e che si aggiunge a una lunga schiera di titoli dello stesso Paese già presenti sulla piattaforma. È una serie tv in otto puntate, creata da Çağan Irmak e arrivata su Netflix il 20 ottobre, a undici giorni dalla notte di Halloween. Nel cast ci sono tutti attori turchi, a partire da Taner Ölmez (Il Dottor Alì) nel ruolo di protagonista, supportato da Erkan Kolçak Köstendil, Engin Benli, Şifanur Gül, Bülent Şakrak e Sema Çeyrekbaşı. La trama prende spunto dall’opera di Mary Shelley, ma naturalmente la rielabora, sfuggendo al confronto con l’originale (e con i suoi derivati). Potremmo definire Yaratilan – La creatura la trasposizione turca del mito di Frankenstein. Le domande che pone sono le stesse da cui è partita Mary Shelley per imbastire la trama del suo romanzo. Si parla di vita e morte, di scienza e coscienza, dei limiti del progresso e di etica, ma senza la volontà di scomodare per forza l’originale. E, soprattutto, senza la smania di apparire originali rispetto a un racconto che è tra i più conosciuti al mondo.

Yaratilan

La storia non è ambientata nei corridoi delle università europee, ma nell’Impero Ottomano alla fine della sua secolare parabola. Progresso e tradizione si affacciano costantemente sulla scena, sia seguendo la scia dei grandi temi affrontati dalla serie, sia sullo sfondo, come piccoli flash che di tanto in tanto si infilano nelle maglie della trama. Ziya è il giovane protagonista della storia. È lui il “moderno Prometeo” assetato di conoscenza che brama una rivincita sulla vita. Figlio di un facoltoso e stimato medico, il ragazzo sogna di intraprendere la stessa professione del padre. Si iscrive alla facoltà di Medicina di Istanbul, desideroso di imparare il più possibile, ma anche ossessionato dalla smania di spingersi oltre, di sfidare i limiti della scienza e provare a battere la morte. Durante il suo soggiorno nella capitale, incontra Ihsan, un professore espulso dall’università per le sue idee troppo ardite. Ai limiti dell’eretico, un mix di genialità e testardaggine, Ihsan è quella molla psicologica che serve a Ziya per provare a dare un seguito alle sue teorie. Insieme, i due mettono a punto una macchina che dovrebbe consentire ai morti di tornare alla vita. Gli studi suggeriscono che una via alternativa alla morte esiste e Ziya e Ihsan sono troppo assetati di conoscenza per porsi scrupoli morali e non tentare.

Ziya, in particolare, sembra ossessionato più di ogni altro a sfidare la scienza e a farsi Dio, restituendo la vita per una seconda volta.

Un incidente durante un esperimento fa precipitare le cose: Ihsan ne rimane vittima, il suo cuore si ferma, la sua ora è giunta. Ma Ziya ha l’occasione di provare che ciò che il Libro della Resurrezione di Shahram Amir teorizzava ha un fondamento di verità. La macchina riporta indietro Ihsan, gli fa dono di una seconda vita. La morte è stata sconfitta. Ziya è una sorta di Dio umano che ha resuscitato i morti, portandoli indietro. Ma un’impresa del genere ha un prezzo e qualcuno dovrà pur pagarlo. Ihsan è diventato un mostro. Le persone ne sono terrorizzate, lo respingono, lo allontanano. Ovunque vada, la morte lo segue. Coloro che riescono ad andare oltre il suo aspetto, quelli che lo accettano per ciò che è, ne pagano le conseguenze, finendo ammazzati, derisi, perseguitati. Yaratilan è una storia amara che sfrutta il mito di Frankenstein per parlare della diversità e delle difficoltà dell’uomo di accettarla. Ciò che è diverso ci spaventa. Lo nascondiamo sotto il letto perché preferiamo non farci i conti. Ma isolare un “mostro”, confinarlo nel buio dei nostri incubi più inaccessibili, non ci salverà dalle nostre paure.

Gli uomini hanno paura dei demoni. Non temono la morte, a terrorizzarli è la possibilità che, un giorno, i demoni inizino a parlare, rivelando loro che non c’è assolutamente nulla dopo la morte.

Il racconto di Yaratilan è piacevole e seducente, come lo è sempre stato il mito di Frankenstein. Perché parla agli uomini e alle loro paure. Alla loro avventatezza e alla loro arroganza. Lo fa lusingandoci con le suggestioni della cultura ottomana, che fanno da sfondo perenne alla rappresentazione. Lo fa con i toni del romanzo, creando dei personaggi che sembrano sbucati fuori dalle pagine ingiallite di un vecchio racconto dimenticato. E lo fa anche con un pizzico di ironia che non guasta affatto e che ci rende ancora più piacevole la visione degli otto episodi. Le domande che Yaratilan pone sono una prosecuzione – eterna, circolare – di quelle che, per secoli, il mito di Frankenstein ci ha suggerito. È l’individuo che interroga e sfida i suoi incubi, i suoi limiti, la sua sfrontatezza. È l’uomo posto difronte al dubbio più lancinante di tutti: chi sono, dopotutto, i veri mostri?