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Viola come il mare, quando la trama non conta – La Recensione

Dopo la Fosca Innocenti di Vanessa Incontrada che annusava persone, prove e scene del crimine, ne arriva un’altra con un altro superpotere: la sinestesia. No, purtroppo non si tratta di una persona ferrata in poesia. Quella della protagonista è una rara condizione neurologica, un sintomo di una malattia neurodegenerativa. Inoltre, non percepisce caldo né freddo e ogni tanto si blocca. La fantasia in casa Mediaset non manca di certo, ma questa volta è andata a pescare qualcosa di davvero particolare. Prodotta da Lux Vide in collaborazione con RTI, Canale 5 risponde con la fiction crime spensierata e sentimentale con Francesca Chillemi e Can Yaman alle proposte avanzate dalla Rai, che pare essere sempre più impegnata a svecchiare il palinsesto per donargli un tocco più internazionale. Tuttavia, l’avventura con l’ambiziosissima Sopravvissuti, che si proponeva di alzare l’asticella, non sembra essere andata come speravano. Il problema più grande del progetto, a nostro avviso, è stato quello di voler parlare a tutti i costi sia al pubblico migrato sulle piattaforme di streaming più note, sia al pubblico abituale finendo così per non parlare a nessuno. Viola come il mare, invece, sa benissimo a chi si rivolgere con i suoi 12 episodi. La formula è sempre la stessa, ma vince ogni volta. Quella della cara e vecchia soap-opera. Ma rinnovata, ridimensionata, rinfrescata e decisamente più moderna. Giornalista, temeraria, ex Miss Italia (per davvero, proprio come la sua interprete, Francesca Chillemi), vegetariana, autoironica e un po’ Emily a Palermo, appena trasferita nel sud Italia, Viola inciampa su un cadavere e s’imbatte nel Raz Degan 2.0, cioè Can Yaman, l’ossessione esotica del momento. Tra le doti dell’attore e modello turco non spiccano per prime certo quelle attoriali, ma ammettiamolo: attira orde di fan accalorati. Tanto che Mediaset l’ha strappato a Che Dio ci aiuti 6 e l’ha portato nella sua nuova impresa ideata da Elena Bucaccio e Silvia Leuzzi, diretta da Francesco Vicario (I Cesaroni, Don Matteo 13) e tratta da Conosci l’estate?, un romanzo di Simona Tanzini. Ora, la faccenda del “vedere le emozioni e i sentimenti attraverso i colori” – cioè la sinestesia – potrebbe risultare ridicola in un crime, magari una forzatura. Certo, la grafica colorata che compare intorno alle persone, associata al loro stato d’animo, inizialmente, ci spiazza. Eppure, a differenza dell’olfatto magico di Fosca Innocenti, la condizione (che esiste davvero) della protagonista è ben contestualizzata e funziona. Viola come il mare funziona (finirà ne La classifica delle 10 Serie Tv più trash mai esistite?).

Viola come il mare è adeguatamente spavalda, giustamente inverosimile e gustosamente trash.

Can Yaman (640x360)
Can Yaman (640×360)

Viola: Sei mai andato a cena con una donna senza volertela portare a letto?
Francesco: Sì, è successo: con mia madre.

Viola come il mare (1×02)

Viola Vitale arriva a Palermo, sua città natale, nella redazione di Sicilia Web News. Non è stata raccomandata. Dopo essersi occupata di comunicazione di moda a Parigi, la malattia la costringe a rintracciare il padre, che non ha mai conosciuto, per trovare una possibile cura. È il gruppo editoriale per cui lavora che la trasferisce per sua volontà nella redazione palermitana in cui c’è un direttore (anzi, una direttrice!) che, inizialmente, le darà del filo da torcere. Viola inizia a lavorare come giornalista di cronaca nera, dove conosce l’ispettore capo di polizia Francesco Demir. Lui è sexy, e lo sa. Inutile parlare del suo “grande talento investigativo”. Senza fare nulla per nasconderlo è chiaro che Fransceso sia la trama. Anzi, il flirt tra Can Yaman e Francesca Chillemi è la trama.

Questo è l’unico motivo per guardare Viola come il mare. Attenzione, questo non è un difetto, ma una virtù. E Mediaset lo sa benissimo. Sa perfettamente cosa vuole proporre e a chi: una fiction moderna, dalle dinamiche “soap”, leggera, che fa arrossire, sudare e sorridere. E lo fa bene, con onestà. Francesco e Viola inizieranno a collaborare e la protagonista prenderà in affitto addirittura l’appartamento vicino a quello del bel poliziotto, con cui condivide la stessa terrazza! Nessun incontro-scontro improbabile, insomma. La loro interazione non viene giustificata con pretesti rocamboleschi o classiche scuse improponibili da “soap-opera”. I due si piacciono e flirtano, tutto per compiacere un pubblico che ama le cosiddette “ship”. Lei vuole una storia seria, lui no. Solo questo li trattiene. Questo è forse il presupposto più realistico e sensato che si sia mai visto in una fiction patinata in stile soap-opera.

Divertente, esagerata, spensierata.

Francesca Chillemi e Can Yaman Viola come il mare
Francesca Chillemi e Can Yaman

I momenti trash sono talmente spudorati che meritano un applauso. Standing ovation per Viola in commissariato che fa un tutorial al bel Can Yaman su come mettere il suo rossetto francese ad ampia tenuta, dopo essere stata portata in centrale per degli accertamenti. A quanto pare neanche essere stata Miss Italia ben dieci anni prima, e portare un bel rossetto, ti assolve da un’accusa di omicidio. Nel corso della prima stagione seguono tante sessioni selvagge di allenamento di Yaman, le passeggiate in terrazzo a torso nudo e i tentativi di “limone”. La serie comunque è ben strutturata, recitata senza troppi sforzi, divertente e perfino originale. Non mancano anche i momenti più seri, in un’alternanza piacevole e stuzzicante.

Il pilot è un’acrobazia ormonale che in quattro e quattr’otto fa dimenticare la trama. Perché nella soap-opera la trama non serve. E se non è sospensione dell’incredulità questa, signori e signore, non sappiamo cosa altro sia. I personaggi di supporto sono l’ensemble perfetto. Troviamo il collega-spalla goffo, Turi D’Agata (Giovanni Nasta), che non capisce il sarcasmo (ma tanto c’è il divo delle soap turche pronto a insegnarglielo); la direttrice del giornale, Claudia Foresi (Simona Cavallari), prima dura, poi alleata; Tamara Graziosi (Chiara Tron), la collega sui generis nonché spalla della protagonista e linea comica. E altri personaggi che si alternano puntata dopo puntata perché sì, ci sono comunque dei casi da risolvere e degli articoli da scrivere. Ma soprattutto c’è un padre da trovare.

Melò, sì, ma onesto

Viola come il mare bacio Can Yaman
Viola come il mare

La dinamica tra Francesco e Viola è da manuale. I due non si ammucchiano non certo perché manchi l’attrazione fisica. I motivi non sono nemmeno troppo complicati. Benché l’attrazione sia forte, Viola si è scocciata di stare dietro ai farfalloni. E nella scala “falene giganti”, l’ispettore italo-turco è una farfalla-dinosauro ricoperta di “red flags”. E lo ammette senza pudore! Francesco ha già chiarito la sua posizione, continua le avances solo perché Viola glielo permette. A parole dice no, ma il suo linguaggio del corpo urla sì. Riusciranno a lasciarsi andare e diventare “amici importanti”? Viola come il mare è esattamente quello che vuole essere e dimostra quanto la soap-opera sia, ora, più viva che mai. Si evolve, muta, ma in fondo resta sempre la stessa. E Mediaset lo sa. In fondo è meglio una soap-opera fatta bene, che non nasconde di esserlo, piuttosto che una serie tv spacciata per “innovativa” che, invece, ripropone sotto mentite spoglie delle dinamiche da soap, ingannando così lo spettatore. Come hanno fatto Sopravvissuti della Rai o L’Ora – Inchiostro contro piombo di Mediaset. Qui, almeno, le esagerazioni ci sono, e si vedono. Anzi, vengono mostrate con orgoglio.

C’era bisogno di un’altra fiction sentimentale che non aggiungesse nulla di nuovo al panorama seriale italiano? Forse no. Eppure Viola come il mare ha tenuto incollati allo schermo circa 3 milioni di telespettatori a serata dal 30 settembre fino al 4 novembre. Se amate la soap-opera e avete voglia di gustarvi un intrattenimento super leggero, lezioso, un po’ romantico, un po’ drammatico, Viola come il mare è la proposta ideale. Non si prende troppo sul serio, sa essere autoironica, possiede quel tocco di melodramma ben calibrato e sa riproporre una ricetta classica in una croccante sottoveste moderna. È un guilty pleisure spudoratamente trash che non ha nulla da invidiare ai cugini spagnoli come Élite. Belli impossibili, six pack, outfit da urlo, location glamour e “ship”: il cocktail perfetto.

La nuova fiction Mediaset è una parentesi glamour, un cerotto per la cervicale o un antidolorifico per i crampi muscolari per ricordare che, dopo una giornata uggiosa, Can Yaman potrebbe essere davanti alla nostra uccelliera ad aspettare un passero. No, non è una metafora sexy…