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Parigi non è più Parigi in The Walking Dead: Daryl Dixon. La Torre Eiffel non ha più la sua punta, i monumenti sono andati tutti distrutti e il cielo è impolverato. The Walking Dead non ci aveva mai abituati a questo. Non ci aveva mai fatto vedere gli effetti dell’epidemia in luoghi così vicini a noi. Si era spesso concentrata su carceri utilizzate come rifugi, foreste, strade americane. Ma mai aveva messo di fronte alla telecamera un risultato così evidente del disastro dell’epidemia zombie.
Ed è su questo che The Walking Dead: Daryl Dixon sembra star puntando parecchio: costruire un ponte tra la Serie Tv e la cultura di massa. Tra quel che esiste e quel che non esiste. E per questo si concentra su ambientazioni e monumenti che conferiscono alla narrazione un aspetto più realistico che va oltre la sopravvivenza, ma anche al racconto delle conseguenze di quanto avvenuto nel corso degli anni.
Si sopravvive in The Walking Dead: Daryl Dixon. Si lotta, si combatte e spesso si riesce anche a salvarsi, ma non è solo questo. Perché la serie, in sole quattro puntate, ha raccontato cosa succedesse alla vita degli altri mentre Rick e i suoi combattevano ad Atlanta, e per questo stesso principio si concentra sulle conseguenze sulla psiche. Il modo con cui tutto questo non abbia soltanto distrutto le strade, ma anche l’io degli esseri umani. Raccontando la storia di Isabelle e del suo bisogno di credere in qualcosa per riuscire a trovare uno scopo, The Walking Dead: Daryl Dixon sta mettendo in atto una narrazione più spirituale e psicologica, come evidenziato già nel corso delle prime due puntate (qui recensite).
La stessa cosa si verifica anche in queste nuove due puntate quando, nei primi minuti, incontriamo un direttore d’orchestra rimasto da solo nel suo teatro. Ha perso la testa. È impazzito insieme alla sua solitudine architettando un’orchestra composta da soli zombie. Si rischia di non riconoscere più la verità quando il caos distrugge la tua vita portando via ogni certezza obbligandoti a dover convivere con quel che è rimasto, anche se è senz’anima.
The Walking Dead: Daryl Dixon continua a sorprendere in queste due puntate, entrando ufficialmente nel vivo di una narrazione che mescola le carte restituendo a ogni personaggio un proprio ruolo

Tutto è collegato in The Walking Dead: Daryl Dixon. Ogni personaggio, perfino i più nascosti, ha acquisito un senso nella trama della storia. Come nel caso di Quinn, l’uomo da cui in passato Isabelle è scappata insieme alla sorella e che adesso cerca una rivalsa. Non ha più intenzione di stare a guardare, di vedere Isabelle vincere di nuovo insieme all’americano. Quel che vuole è avere il controllo, il potere. E non ha altro modo di farlo se non quello di colpire direttamente il cuore della ragazza.
Secondo quanto ricostruito in queste puntate, Quinn è il padre del bambino. A capirlo è proprio Laurent che gli pone la domanda come se la risposta fosse già ovvia. Risposta che Quinn conferma, ma di cui non c’è alcuna certezza. Potrebbe essere davvero il padre nella stessa misura con cui potrebbe non esserlo. Il fine sarebbe comunque lo stesso: avere il controllo della situazione manipolandola a proprio piacimento attraverso la cosa più cara e vulnerabile per Isabelle.
Ogni personaggio incontrato nel corso di queste prime quattro puntate sale così sul carro dei vincitori alleandosi con Marion Genet alla ricerca dell’americano. Ma Daryl Dixon non cede, non cede mai. Per lo stesso motivo riesce a salvare sia se stesso che chi con lui, riprendendo con sé il ragazzino. Insieme lasciano Parigi, la città che più di ogni altra fino a questo momento ha attentato alla loro vita giocando con le loro debolezze e il loro passato. Isabelle ha dovuto ri-confrontarsi con Quinn, Laurent con le sue origini mai conosciute.
Con una vecchia foto che ritraeva sua madre davanti la Torre Eiffel, Laurent scopre la nostalgia per qualcosa che in realtà non ha mai vissuto. Sua madre è come la vecchia Parigi: da quando è arrivato, è andata via. Quella città è per lui tanto, troppo. E non può fare altro che immaginarsela provando a ricordare il calore del sole quando ancora aveva la possibilità di scaldare cose che non fossero solo vecchie macerie.

Buona anche la seconda per The Walking Dead: Daryl Dixon, e lo diciamo con più convinzione rispetto al primo atto. Adesso che abbiamo visto la trama entrare nel vivo, vediamo uno spiraglio di luce in una saga che troppo spesso – negli ultimi anni e con i suoi spin off – ha saputo come deluderci. Non era facile farlo, e per festeggiare davvero ci vorranno molto più di quattro puntate, ma è già qualcosa. Quel qualcosa che basta per aspettare il prossimo lunedì (come sempre su Sky e NOW) con le dita incrociate e la speranza che The Walking Dead: Daryl Dixon non si perda in bicchiere d’acqua adesso che il viaggio è davvero cominciato.
Daryl e Laurent hanno lasciato Parigi. Laurent ha lasciato tutto quel che non ha mai conosciuto per ricongiungersi con quello che viene definito il suo vero destino, Daryl lo ha fatto nella speranza di poter ritornare in America, un luogo in cui il disastro è lo stesso ma che può permettersi di chiamare casa. Perché le cose che crollano fanno meno male se lo fanno a casa nostra. Daryl è in viaggio per ritrovarla. Con Laurent sulla barca, lascia così la Torre Eiffel osservando una fittizia Statua della Libertà. Gli occhi si riempiono di una nostalgia delicata, quasi timida. È il sospiro di sollievo di chi, per un attimo, ha ritrovato le proprie radici in un luogo in cui stava disperatamente cercando qualcosa di sé.