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Suburra 1×01 – Il Pilot punta troppo in alto e delude le aspettative

Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sulla 1×01 di Suburra 

Quando il giorno non c’è, balla la malavita. La notte è la dimensione ideale dei sotterfugi e della calma piatta che lascia spazio a vecchi nuovi (in)soliti protagonismi. Roma, di notte, urla. Soprattutto quando le strade sono deserte. E scopre un’anima che rappresenta la sua essenza: altrettanto viva alla luce del sole, seppur celata dalla caciara del caos ordinario. Quando si parla di Roma, la città sotterranea è la città stessa. E Suburra, mai davvero confinata all’interno dei propri confini, avvelena eternamente l’Urbe, fino a plasmarne il Dna in ogni contesto possibile e creare un unico mostro dalle mille teste.

Suburra

Ricostruire un contesto del genere non è affatto semplice, ma qualcuno c’è riuscito. Suburra, il film di Stefano Sollima del 2015 (tratto dal romanzo omonimo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini) ha centrato perfettamente l’obiettivo con un’opera unica e a tratti surreale, agghiacciante nel suo realismo paradossale, capace di abbracciare perfettamente la cronaca di Mafia Capitale. E Netflix, alla prima esperienza con una produzione originale italiana, tenta di replicarne il successo con una serie tv dalle altissime potenzialità.

Tuttavia il pilot, rilasciato il 6 ottobre scorso in compagnia di tutti gli episodi della prima stagione, non ha mantenuto le aspettative, cadendo a tratti nei cliché tipici della serialità televisiva italiana (risollevata negli ultimi anni da rare, benedette, mosche bianche), bilanciati vanamente dalle suggestioni di una Roma immortalata dalla regia scolastica di Michele Placido e da interpretazioni non sempre all’altezza (il Samurai di Francesco Acquaroli fa rimpiangere il Claudio Amendola di Sollima). Se a questo si aggiunge la ricerca forzata di una multidimensionalità immediata nei personaggi, stonante con lo scarso spazio a disposizione offerto dalla prima ora di Suburra, nella quale sono state tante (troppe) le maschere messe in gioco, il quadro sembra negativo e la bocciatura dietro l’angolo, ma la realtà è un’altra.

Suburra

Netflix ci ha abituati spesso a dei pilot sottotono che hanno poco da spartire con la qualità globale delle serie proposte, e la causa è evidente. Un primo episodio assoluto assolve abitualmente l’incarico di convincere un pubblico a dar fiducia ad una storia che si rinnova di settimana in settimana: il colosso statunitense, tuttavia, è l’esportatore mondiale di un binge-watching che accorcia le distanze tra un episodio e l’altro, togliendo di conseguenza non poca centralità al pilot. Questo, più di tutto, ci permette di sperare in un passo falso al quale seguirà uno sviluppo all’altezza delle aspettative.

Come si è rimarcato più volte, d’altronde, le potenzialità ci sono tutte, e sono emerse in parte nell’episodio d’apertura. Che si affronti una messa orgiastica, un matrimonio combinato da clan criminali, il tentativo del vero Re di Roma di mettere alle proprie dipendenze un politico onesto, l’incomunicabilità tra padri e figli di diversa natura oppure la relazione tra un pariolino e una “funzionaria” del Vaticano, Roma sembra essere sempre uguale a se stessa. Quasi si avesse di fronte gli organi pulsanti di un unico corpo che si autorigenera da 2000 anni e dà vita agli intrecci più disparati, possibili solo in un mondo nel quale l’unico status quo concepibile è il caos eterno.

Suburra

Suburra parte da qui, e da un cliffhanger che unisce in un’alleanza dissacrante tre elementi uniti unicamente dall’opportunismo di una notte. Se la sceneggiatura saprà assecondarla con originalità senza cadere nei soliti stereotipi, sviluppando allo stesso tempo su più piani la crescita della scheggia impazzita Numero 8 e il rapporto tra le nemesi Samurai e Amedeo, l’esperimento seriale di Suburra avrà modo di trovare una sua identità e raccontarci con efficacia una storia originale, spendibile anche sul mercato internazionale. Non abbiamo bisogno di altro. Meno di tutto dell’impressione di aver già visto qualcosa. Soprattutto di italiano.

Antonio Casu 

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