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Studio Battaglia, una nuova variazione sul tema famiglia – La recensione della fiction Rai

Dialoghi credibili e problematiche attuali; un contesto moderno, perché l’Italia è anche questo, e un cast eccellente: il panorama delle fiction Rai, come direbbe Nina Battaglia, è un whiskey: più invecchia, più migliora. Studio Battaglia, prodotta da Palomar e Tempesta in collaborazione con Rai Fiction, è il nuovo dramma giudiziario della rete ammiraglia andato in onda su Rai 1 dal 15 marzo al 5 aprile. La fiction è l’adattamento della serie britannica The Split, creata da Abi Morgan (The Hour) nel 2018 per BBC One e SundanceTV US. Un originale che, rispetto agli altri due remake di questa stagione seriale, è meno noto al pubblico nostrano. Sarà forse per questo che Studio Battaglia non ha scatenato nessuna corsa al confronto, come è accaduto con Noi e Vostro Onore? In fondo sia la trama che i casi affrontati sono simili a quelli di The Split, così come lo sono i personaggi della Defoe family, impegnati in casi matrimoniali prestigiosi all’interno di una sontuosa cornice londinese. Studio Battaglia, a quanto pare, ha ricevuto soprattutto critiche positive, anche se non sono mancate le polemiche degli addetti ai lavori. Ma, fatta eccezione per qualche incongruenza legale, è difficile trovare un difetto in un prodotto così ben confezionato, che innalza la qualità della fiction generalista. Dall’interpretazione del cast alla fotografia, dalle ambientazioni alla colonna sonora, tutto fila liscio sin dall’esordio. Un debutto che è partito con un discreto 18% di share fino a coinvolgere 4.260.000 telespettatori nel penultimo appuntamento, per un 19% di share. Sarà stata la scorrettezza piacevole di Lunetta Savino, la quale ha ammesso di essersi ispirata a Meryl Streep e Glenn Close, la sceneggiatura sensibile di Lisa Nur Sultan oppure la regia moderna di Simone Spada: ad ogni modo l’ultimo appuntamento del 5 aprile conferma Studio Battaglia come una delle fiction più strutturate, innovative e coinvolgenti dell’offerta seriale in chiaro.

La rivalità generazionale al centro del conflitto

Studio Battaglia Milano

Raccontiamo donne e professioniste contemporanee in un’arena poco esplorata in tv: il mondo degli avvocati, l’universo familiare meno tradizionale.

Luigi Mariniello

Non poteva ricadere su Milano la scelta per ambientare l’originale londinese The Split. Ed è nel cuore più moderno dell’Italia che prendono vita le vicende dei due studi legali (fittizi) più famosi della città: lo Studio Battaglia e lo Studio Zander & Associati. Il primo è guidato da Marina Battaglia (Lunetta Savino), che più che un personaggio è una colonna portante, merito del tai chi? Al suo fianco lavora la sua secondogenita, l’incrollabile Nina (Miriam Dalmazio). Nell’altro studio, invece, è appena arrivata una nuova associata: Anna Casorati (Barbora Bobuľová), nonché figlia di Marina e prima delle sorelle Battaglia. La terza sorella, invece, è l’unica a non avere a che fare con leggi, casi e divorzi. Viola (Marina Occhionero) è la più piccola e la più spensierata delle sorelle che dovrebbe sposarsi presto con Alessandro De Vecchi (Giovanni Toscano). Al centro della storia c’è dunque la famiglia Battaglia, il suo legame particolare, le debolezze e le incomprensioni da cui hanno origine le loro rivalità.

Si tratta però di rivalità generazionali, cioè di visioni antitetiche del mondo che non minano l’affetto, unito dal comune abbandono del padre di famiglia, interpretato da Massimo Ghini. Giorgio è l’ex marito di Marina, quindi padre delle tre ragazze, che da venticinque anni vive in Costa Azzurra insieme a Fanny, la ragazza alla pari che all’epoca della loro fuga d’amore portava ancora l’apparecchio. Un adattamento ben curato e ben recitato che però presentava non pochi rischi e insidie. Da un lato c’era la possibilità di scivolare in una deriva femminista di facciata all’insegna del più maschilista: “una vicenda tutta al femminile”. Dall’altro, invece, la serie correva il rischio di riproporre in salsa politicamente corretta una sequenza stereotipata di certe dinamiche familiari che hanno riempito cinema e palinsestisti televisivi nell’ultimo ventennio. Invece, Studio Battaglia, riesce a superare ogni sfida con intelligenza. Cavalca lo stereotipo, ma propone delle riflessioni acute e ci restituisce una narrazione onesta, sensibile e veramente al passo con i tempi. Un risultato raro per i palinsesti della prima serata.

Un cast promosso

Studio Battaglia

A firmare la sceneggiatura è Lisa Nur Sultan, co-sceneggiatrice di Otto donne e un mistero e di Sulla mia pelle, per la quale ha ricevuto una candidatura ai David di Donatello per la migliore sceneggiatura originale a Alessio Cremonini e Lisa Nur Sultan. Dietro la macchina da presa troviamo Simone Spada (Rocco Schiavone, Domani è un altro giorno) alla guida di un cast eccellente, scelto con precisione e accuratezza. Tre sorelle intrepretate da tre attrici strepitose, dalla maggiore, interpretata da una sempre impeccabile Barbora Bobuľová, la mediana, Miriam Dalmazio (Anna), fino alla giovanissima Marina Occhionero, già apparsa in importanti produzioni cinematografiche, come Il primo re di Matteo Rovere. Per non parlare dei volti più noti della serialità e del cinema italiani: da un’affascinante Lunetta Savino, sempre capace di rinnovarsi assumendo nuove forme, a Massimo Ghini, Carla Signoris, Thomas Trabacchi e Giorgio Marchesi, il quale, complice anche il successo ottenuto con La Sposa, è ormai uno dei volti più amati della fiction Rai. Studio Battaglia lascia anche posto alle nuove leve, come i figli adolescenti di Anna e Alberto: Daria, interpretata dalla bravissima Emma Fasano (Maledetta primavera) e Giacomo, interpretato dal piccolo Elia Lorenzi.

Il vecchio contro il nuovo

Lunetta Savino

Abbiamo fatto tutto per Adelchi, ma sembra non essere mai abbastanza.

Potremmo riassumere così lo sforzo di un cinquantenne di vedere il mondo da una prospettiva di un teenager. Affrontare le tematiche attuali è un’operazione difficilissima, soprattutto all’interno di prodotti destinati al pubblico della tv generalista. Fin troppo spesso la scrittura rischia di scivolare in teatrini stereotipati, dove si accenna vagamente a dinamiche nuove che non si vuole nemmeno comprendere. Studio Battaglia, ancora una volta, riesce a c’entrare i nodi più caldi del dibattito sui cambiamenti climatici e su quello della parità di genere, con un’eleganza e una disinvoltura rari nella fiction nostrana. Così sullo sfondo delle complicate vicende familiari, entrano in gioco delle riflessioni brillanti sul ruolo della donna nella società odierna, sull’invecchiamento e sul divorzio. Quest’ultimo, un tema stranamente controverso nel 2022, è suggellato dalla saggezza della nonna, Marina, che si auspica un’Italia più progressista all’insegna dei contratti prematrimoniali, come cita Daria (Emma Fasano) tra una fetta biscottata e l’altra:

Quando saremo un Paese civile anche noi avremo i prematrimoniali, così la gente deciderà quando si ama come trattarsi quando si odia.

Un’altra variazione sul tema famiglia

Studio Battaglia

Come abbiamo accennato, non sono mancate le polemiche da parte degli addetti ai lavori, cioè degli avvocati e dei protagonisti dell’ambiente giudiziario. Questa volta le critiche negative riguardano le diverse imprecisioni legali, tra violazioni di codici deontologici fino al rafforzamento di alcuni pregiudizi. Come quelli che vedrebbero l’avvocato come un professionista senz’anima. Alla battuta: “Anna, tu sei una brava persona ma le brave persone, di solito, non fanno gli avvocati” ogni toga italiana ha tremato. Ma il cinismo della battuta è bilanciato da Anna, la quale dimostra l’infondatezza dello stereotipo stesso. L’avvocato, infatti, lotta per affermare un modo diverso di svolgere la professione. Tuttavia le critiche sono inutili perché Studio Battaglia non è un dramma procedurale. Al centro della vicenda, come in ogni fiction Rai, c’è sempre lei: la famiglia. Le cause restano sullo sfondo. Sono un pretesto per portare sui teleschermi una ventata di modernità, con una visione della donna più attuale e in linea con le esigenze del presente. La famiglia Battaglia, finalmente, parla un linguaggio contemporaneo. Meno soap opera e più realtà, dunque. Ogni personaggio segue un arco narrativo convincente, ben strutturato e capace di riflettere le sfide e le rispettive esigenze della propria generazione.

Alla fine ci vuole ben altro per tagliare il cordone ombelicale

rai fiction

[SPOILER] Alla fine Anna decide di tornare alle origini, una decisione che risolverà le sorti dello Studio Battaglia. Anche il matrimonio della terzogenita si farà, grazie alla manovra medievale di Giorgio, mentre Marina opta per la mossa migliore, considerando le sue carte. La prima stagione si chiude quindi con una sorpresa dietro l’altra: un gesto incoraggiante, quello della sposa, che decide di farsi accompagnare all’altare dalla madre, colei che c’è sempre stata; il discorso di Marina sulla differenza tra emozioni e sentimenti e, sul finale, un gruppo di persone che, nonostante le divergenze e le circostanze drammatiche, si sostengono a vicenda. La prima stagione finisce dunque così, con un finale emozionante, ma aperto.

Studio Battaglia risponde all’operazione, ormai evidente, di portare il progresso anche nella programmazione Rai, un piccolo passo alla volta. E questo esperimento può dirsi più che riuscito, sebbene anche questo sia un remake. Non abbiamo ancora notizie certe, ma visto il buon esito e il finale possibilista, la fiction potrebbe tornare per una seconda stagione.

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