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Soul non è un film per bambini – La recensione del nuovo gioiello Pixar disponibile su Disney+

Mai come quest’anno abbiamo cercato rifugio nei film perché ci trasportassero in un altro mondo, perché ci facessero sentire al sicuro, perché ci rassicurassero nel loro essere predeterminati, familiari. E così, in un anno del tutto anomalo tanto per le nostre esistenze quanto per il cinema, la Disney ha deciso di fare un regalo di Natale ai suoi spettatori: rendere disponibile gratuitamente Soul, l’ultima fatica della Pixar, per tutti gli abbonati a Disney+ (la cui offerta potrebbe decisamente essere migliorata).

Va detto subito: Soul non è un film per bambini. Seguendo la scia di alcuni dei più recenti, nonché dei più acclamati film della Pixar, come Inside Out e Coco, Soul si caratterizza per il suo prestarsi a una visione a livelli, solo alcuni dei quali risultano accessibili al pubblico più giovane. Infatti, se cercate un film da guardare con tutta la famiglia, che tenga anche i più piccoli incollati allo schermo, probabilmente dovreste cercare altrove.

Intimo e sofisticato, Soul è un racconto che indaga sul senso della vita, una favola moderna che disseziona alcune delle più grandi paure dell’uomo contemporaneo e le esorcizza, riducendole a semplici ostacoli sul cammino della vita.

Andiamo con ordine. Di cosa parla Soul?

Soul

Joe Gardner è un pianista, vive per fare musica. Tuttavia non sempre la vita va come vorremmo e così Joe si trova ormai nel pieno dell’età adulta e ben lontano da realizzare il suo sogno di vivere di arte, costretto a ripiegare su una carriera da insegnante di musica in una scuola media. All’improvviso però qualcosa sembra smuoversi, un ex alunno gli propone l’occasione della vita e Joe non perde tempo precipitandosi a coglierla. La sua corsa entusiasta e spensierata finisce però per trarlo in inganno e presto Joe, assorto nei suoi pensieri e sogni di gloria, precipita in un tombino e muore. La morte improvvisa, avvenuta proprio nel momento in cui la sua vita sembrava stare finalmente incominciando, è per Joe l’inizio di un viaggio che lo porterà a comprendere il vero valore della sua esistenza. La sua compagna in questa avventura è la piccola 22, un’anima non ancora nata che parallelamente a Joe intraprenderà un percorso di presa di coscienza e accettazione della vita per quello che realmente è.

Insomma, già dalla trama appare evidente che Soul non è il classico film per bambini, che dietro a quelle familiari atmosfere in pieno stile Pixar si cela in realtà un racconto dai toni adulti, che ricorre a immagini appartenenti all’immaginario infantile per veicolare un messaggio che di infantile ha ben poco. Soul è infatti un inno alla vita, ma è soprattutto una riflessione sull’idea stessa di vita, su quale sia davvero il significato nascosto dell’esistenza che così tanta della narrativa contemporanea cerca di decifrare. E la risposta che il film Pixar dà è tutt’altro che scontata, pur nella sua naturale evidenza: il senso della vita è vivere.

Finché era vivo Joe era terrorizzato dall’idea di essere mediocre, di non stare realizzando il suo progetto, di essere un fallimento perché non era riuscito a diventare un pianista professionista, sacrificando così il suo talento e quello che riteneva essere l’unico destino che lo avrebbe fatto sentire pienamente realizzato. 22 invece si rifiutava di cominciare a vivere proprio perché incapace di trovare uno scopo che avrebbe dato senso alla sua esistenza, la famosa scintilla che le avrebbe permesso di diventare a tutti gli effetti un essere umano. L’incontro tra due anime così agli antipodi, Joe convinto di conoscere la sua strada e disposto a tutto pur di tornare a percorrerla e 22 completamente persa davanti al mare di possibilità che la vita offre, è il vero motore di Soul, è – per usare il linguaggio proprio del film – la scintilla che dà vita a una narrazione che si rivela straordinariamente introspettiva nel suo dispiegarsi.

Soul

La vera forza di Soul non è infatti nella sua trama, frammentaria e a tratti persino evanescente, ma è nella potenza con cui si manifesta il senso profondo del film. In un anno in cui siamo stati costretti in qualche modo a rallentare, a prendere atto della precarietà dell’esistenza e dell’impossibilità di avere tutto sotto controllo, Soul ci ricorda prepotentemente quanto nulla di ciò che ci accade – o non ci accade – definisca il valore della nostra vita. Nonostante il mondo contemporaneo sembri costantemente ricordarci i nostri fallimenti, riconoscendo valore solo all’eccezionale e ricorrendo spesso a una narrativa binaria del tutto o niente, in cui esistono solo vincitori e vinti, Soul cerca di portare avanti un messaggio che si oppone con forza a questa logica della competizione che pervade la realtà.

Quando a Joe viene finalmente concessa una nuova possibilità di riprendere a vivere, ormai ha capito – e gli spettatori con lui – che la sua vita non sarà quello che era prima. Perché ormai quella folle rincorsa alla ricerca e quindi alla realizzazione del proprio scopo, il vano tentativo di affermarsi, la frustrazione che deriva dal sentirsi mediocre non hanno più alcun valore. Ricominciare a vivere significa accettare che la vita è fatta di imprevisti, di attimi evanescenti che vanno a comporre un puzzle che ha significato di per sé e non ha alcun bisogno di uno scopo ultimo per avere importanza. Perciò comprendiamo davvero cosa intende Joe quando finalmente trova una risposta a ciò che vuole fare della sua vita:

“Non lo so, ma so che mi assaporerò ogni momento.”

È qui che Soul ci ricorda ancora una volta di guardare all’ordinario per ritrovarci lo straordinario, in un’ode alla vita in tutte le sua sfaccettature. È qui che ci rendiamo davvero conto che Soul è un piccolo gioiello di cui, soprattutto in questo momento storico, non possiamo più fare a meno.

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