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Rosanero, la favola dei contrasti – La Recensione della commedia Sky Original

ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Rosanero, la nuova commedia Sky Original!!

Oscurità e tenerezza. Malvagità e delicatezza. Assenza di scrupoli e innocenza. Furore e ingenuità, inclinazione alla violenza e predisposizione al bene, negazione della speranza e fiducia nel futuro: da qualsiasi angolo di osservazione li si guardi, i personaggi di Rosanero, la nuova comedy Sky Original andata in onda in prima tv venerdì 9 settembre, sono l’uno l’opposto dell’altra. Così il nuovo film diretto da Andrea Porporati – e sceneggiato dallo stesso Salvatore Esposito – si presenta subito come una commedia dicotomica, impostata sul contrasto degli opposti. Un contrasto che, ridotto all’osso, finisce per mettere in contrapposizione i due poli per eccellenza, quelli del bene e del male. Il titolo del film – Rosanero – suona come un’antonimia vera e propria, un artificio retorico che anticipa la spaccatura sulla quale verrà costruita tutta la vicenda dei protagonisti. Che abitano, appunto, sulle sponde opposte della vita. La commedia di Andrea Porporati, presentata in anteprima al Giffoni Film Festival, adopera con dimestichezza i contrari per esasperarli e rovesciarli. Mischiarli, confonderli, amalgamarli. Così l’umorismo prende corpo sulla superficie di una pellicola che non va in profondità, ma che riesce ugualmente a stuzzicare il pubblico e a strappare più di un sorriso in chi guarda.

rosanero

Totò è un boss emergente della camorra napoletana. Stazza da malavitoso, sguardo cattivo, giubotto nero di pelle, tono di voce sempre alto. Comanda la sua zona con il pugno di ferro. Riscuote il pizzo e impone la legge della criminalità. Gli piacciono le belle donne e gli animali esotici. Vive in una specie di reggia gigantesca e ha una tigre che lo scruta da dietro le sbarre della sua gabbia nella camera da letto. Lo chiamano ‘o niril nero – perché dai suoi occhi non traspaiono colori. Una mattina però, mentre sta completando il classico giro di riscossione del pizzo, un commando di assassini gli spara dritto in petto e lui si accascia al suolo. Contemporaneamente, poco distante, una bimba di dieci anni cade dall’altalena e batte la testa. I due vengono trasportati di corsa in ospedale, dove devono essere operati d’urgenza. Lui, il truce boss del quartiere, e lei, la dolce ragazzina dai capelli rossi che ama ballare in tutù. Sui lettini della sala operatoria sono sdraiati due personaggi che non hanno davvero niente in comune (almeno apparentemente). Uno rappresenta il male, l’altra l’innocenza. Uno il cinismo, l’altra la speranza. Uno la cattiveria, l’altra la bontà. Uno il nero, l’altra il rosa.

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Porporati – affiancato nella scrittura della sceneggiatura da Salvatore Esposito (lui non vede l’ora di interpretare un supereroe), che veste anche i panni del protagonista – ha sul tavolo due archetipi antitetici. Il suo compito è solo quello di scuotere un po’ il piano, inclinarlo, sbatacchiarlo e vedere l’effetto che fa. Al risveglio dal coma, i due personaggi sono profondamente cambiati: il boss piagnucola perché non trova il papà, la bimba impreca e maltratta i parenti. Cosa è successo? Una specie di scambio di anime ha rimescolato tutte le carte sul tavolo. Totò, non si capisce per effetto di quale forza divina, è diventato Rosetta e Rosetta è diventata Totò. L’uno nel corpo dell’altra, l’uno nella vita dell’altra. Il sentimento del contrario, la contrapposizione degli opposti, produce l’effetto comico. Ogni situazione risulta adesso stravolta, alterata. Gli scagnozzi del boss sono costretti a uscire in bicicletta, vestiti di rosa, e a restituire i soldi del pizzo ai commercianti. Il padre di Rosetta deve fare i conti invece con una figlia insospettabilmente irritabile, che fuma e dice parolacce. Le gag sono divertenti, creano situazioni equivoche e fuori dal normale. La storia acquisisce una sua linearità e va avanti a un ritmo scorrevole. Rosanero dura poco più di novanta minuti, ma la percezione del tempo è notevolmente ridotta. È una commedia che scivola via veloce, frizzante, senza particolari affondi.

È un po’ una favola intrisa di realismo magico, elementare, per niente sofisticata.

Capirla è facile, non c’è molto da leggere tra le righe. Vuole essere semplice e comprensibile, chiara e trasparente. Il film riesce ad attirare lo spettatore per il potenziale comico della sua sceneggiatura, ma arrivati in fondo, come in tutte le favole, c’è il messaggio morale da lasciare in eredità al pubblico: ognuno porta in dote una parte di bene e una parte di male. Anche nel cuore più nero c’è uno spiraglio dal quale far passare un po’ di colore. Totò ha spento il suo lato più docile quando ha abbracciato la vita da boss mafioso, ma anche in un personaggio così oscuro si annidano sorprendenti buone qualità. Così come Rosetta, la bimba dal viso angelico che tratta tutti con gentilezza, ogni tanto potrebbe lasciarsi andare a qualche reazione un po’ meno signorile. Il punto di svolta è il plot twist finale, la risoluzione dell’intreccio. Andando avanti, si capisce che i due protagonisti non sono del tutto estranei l’uno all’altra. C’è un legame che li tiene uniti, un legame che non è più solo quello dell’anima e del corpo, ma anche del DNA e del sangue. Rosanero abbraccia quindi la convinzione che esista per tutti, anche per la persona più cattiva del mondo, una possibilità di redenzione, un modo per riuscire a mescolare il nero con il rosa senza annullarlo del tutto.

La commedia è resa estremamente credibile dalle performance dei due protagonisti. Salvatore Esposito si è scelto un altro ruolo in controtendenza rispetto al Genny Savastano di Gomorra. Pur partendo dalla stessa base, il suo personaggio evolve, prende le sembianze di una bambina di dieci anni che ama fare le piroette e il faccione tenero e lo sguardo buono riescono a cogliere alla perfezione i tratti del protagonista-bambina. La giovane Rosetta, al contrario, interpretata da Fabiana Martucci, riesce a passare con disinvoltura dai tratti docili della bambina innocente agli scatti nervosi del boss in miniatura. La giovanissima attrice originaria di Casagiove, ad appena dodici anni, ha gestito con padronanza un ruolo non facile da interpretare. Le movenze, l’andatura, lo sguardo arcigno, la modulazione della voce sono quelli degli attori già formati. La coppia Esposito-Martucci funziona bene e la loro alchimia riesce a rendere credibile l’intera favola di Rosanero. Che è una favola che non agisce in profondità, ma riesce a trasmetterci con naturalezza e spigliatezza un messaggio carico di significati: in ognuno di noi esistono pennellate di nero e pennellate di rosa. Sta a noi ricercare l’armonia tra le tonalità opposte.

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