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El Internado: Las Cumbres – la Recensione: non staremo esagerando con i cliffhanger?

C’è un collegio, nascosto tra i boschi delle montagne, in cui la mancanza di disciplina è severamente punita. Il rigore è un valore fondamentale per l’istituto Las Cumbres e, per impartirlo ai suoi studenti, la direttrice Mara non esita a ricorrere alle maniere forti. Manuel, Paul, Adele e Amaia non ci stanno: le mura del collegio sono ormai troppo strette e decidono di tentare la fuga. Una fuga che non andrà molto oltre il limitare del bosco, dove Manuel cade rovinosamente e viene rapito da una figura incappucciata sotto lo sguardo sconvolto della sua ragazza Amaia. Riportata all’interno del collegio, insieme ai fratelli Paul e Adele, Amaia inizierà un’indagine lunga otto puntate che si giocano il tutto per tutto con ambientazione, mistero e sinistri colpi di scena. Ma il tentativo degli autori di catturare la nostra attenzione — un tentativo un filino troppo marcato — va davvero a segno? Cosa funziona e cosa no in El Internado: Las Cumbres?

el internado: las cumbres

La serie tv, un’esclusiva di Amazon Prime Video che porta la firma di Asier Andueza, è il reboot di El internado: Laguna Negra andata in onda con successo in Spagna dal 2007 al 2010. I temi horror dell’opera madre qui lasciano spazio a una storia mistery che si rivolge a un pubblico molto giovane. Per farlo, la serie sceglie di inserire all’interno del filone principale diverse sottotrame sentimentali non abbastanza approfondite. Una mossa che disperde l’attenzione e finisce per allungare troppo un primo capitolo che avrebbe potuto concludersi molto brevemente. In fondo lo sappiamo che non tutti i rilanci di serie escono col buco. La domanda è: Las Cumbres finirà nella classifica dei peggiori reboot della storia?

Rispetto all’opera d’origine, la serie si concentra eccessivamente sull’uso del cliffhanger per ingigantire un mistero di cui non si capiscono fino in fondo le dinamiche.

L’istituto Las Cumbres è ospitato all’interno di un monastero gestito dall’abate Arturo, dal proprietario Darìo e dalla direttrice Mara. Tra le sue mura vigono regole severe volte a indirizzare sulla retta via studenti dal “passato difficile”, un passato di cui la serie ci dice molto poco. Gli unici accenni a ciò che è avvenuto prima degli eventi di El Internado: Las Cumbres sono quelli alla storia di Amaia, arrivata alle porte del collegio dopo aver sparato al padre durante un litigio. Un bagaglio pesante, che influisce sicuramente sulla psicologia del personaggio ma che gli autori decidono di non trattare nel dettaglio. Ribelle e rancorosa, Amaia cerca di scoprire la verità sulla sparizione di Manuel, che sembra essere intrecciata a doppio filo a un segreto nascosto proprio all’interno del collegio. Un mistero fatto di indizi ritrovati in vecchi manoscritti conservati nella biblioteca dell’edificio, nei quadri appesi alle pareti, nelle maschere da corvo in cui i protagonisti si imbattono ripetutamente.

Tra i misteri di Las Cumbres rientra anche il passato di Inès, figlia del proprietario Darìo afflitta da angoscianti visioni di morte che emergono tra i banchi di nebbia di un’amnesia che la lascia confusa e spaventata. A lei gli autori hanno riservato un bel gioco di flashback, sicuramente intrigante ma anche in questo caso poco chiarificatore.

Nel perimetro dell’istituto vive qualcosa di oscuro, qualcosa che anche padre Elias, professore di latino, ha cercato di scoprire parallelamente agli studenti coinvolti nella sparizione di Manuel. Una forza sinistra che ha trascinato una bambina nel bosco per impiccarla in modo plateale, lasciandola in bella vista sotto gli occhi degli abitanti del collegio, e che punisce chiunque cerchi di avvicinarsi alla verità. Ma cos’è che si nasconde tra loro? Si tratta di una setta o di un’entità soprannaturale? E quale indizio dà la serie ai suoi spettatori alla fine del primo capitolo di questo reboot (già confermato per una seconda stagione)? La risposta è: nessuno.

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Nonostante El Internado: Las Cumbres avesse tutte le carte in regola per regalarci una buona storia ai confini tra l’horror e il thriller, le premesse si perdono in una serie di narrazioni secondarie poco necessarie ai fini di trama.

Il reboot, infatti, si aggrappa a modalità televisive da serial, quasi da soap opera a tinte dark, che forse nel 2007 potevano ancora funzionare, ma che nel panorama attuale possono risultare frustranti. Gli autori puntano tutto sull’effetto “fiato sospeso” piazzando un colpo di scena dopo l’altro senza mai arrivare davvero al punto. Giungiamo così alla fine del primo ciclo di puntate con più domande che risposte. Una debolezza che rende il finale di stagione totalmente aperto e poco incisivo, di certo non uno di quelli che renderebbero giustizia alla serie in mancanza di una seconda stagione (come quelli di cui vi avevamo parlato qui). Ma la vulnerabilità più evidente sta nella caratterizzazione dei protagonisti, presentati più come figure bidimensionali che personaggi sfaccettati. Mancano le informazioni per conoscerli e mettersi nei loro panni. Tutti, in Las Cumbres, appaiono per lo più come piccoli ingranaggi di un enorme meccanismo che procede a un ritmo strano.

Così, con una narrazione continua che non riesce a prendersi il tempo di sciogliere almeno alcuni dei nodi della storia, El internado: Las Cumbres conclude i suoi primi otto episodi tentando di battere il record della serie televisiva con più cliffhanger che soluzioni logiche. Cosa ci attende nella prossima stagione? Forse il più grosso dei colpi di scena sarebbe ricevere qualche risposta su almeno uno dei mille interrogativi di cui è disseminata la trama. Staremo a vedere.

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