Vai al contenuto
Serie TV - Hall of Series » RECENSIONI » Doctor Who 12×10 – Un finale poco soddisfacente

Doctor Who 12×10 – Un finale poco soddisfacente

Una serie tv longeva come Doctor Who ha bisogno di sconvolgimenti continui, momenti shock, riscritture del passato. Moffat aveva ribaltato uno dei fatti dell’era Davies: la distruzione di Gallifrey. Sulla sua scia, Chibnall decide di azzardare, probabilmente come non era mai stato fatto precedentemente (potrebbe infatti aver sconvolto 57 anni di storia con un solo episodio). Scompone gli elementi che costituiscono la figura il Dottore allo scopo di crearne una diversa, strizzando l’occhio alla serie classica.

Il Dottore diviene, nella sua concezione, una figura mitologica per la sua stessa specie. Perché lui non è altro che il Timeless Child.

Le certezze della serie nuova vengono così infrante. La storia dell’iconico personaggio che viaggia nel tempo e nello spazio viene sconvolta. Il Dottore non è di Gallifrey, ma di un pianeta d’origine sconosciuta. Pertanto non è soggetto alle regole dei Time Lord, soprattutto per le rigenerazioni. Ha vissuto innumerevoli vite di cui non ha memoria. Un esempio? Ruth sembra essere una di quelle. E pure Brendon. O almeno così sembra perché questa parte non è stata spiegata al meglio.

Parlando del Dottore, in questa stagione Jodie Whittaker è riuscita far emergere la personalità di un personaggio così complesso. Purtroppo in The Timeless Children fa un passo indietro. Succube degli eventi invece di innescarli. Domata dal Maestro, sottomessa alla sua volontà. Si libera grazie a Ruth, le bombe sono piazzate da altri e non compie il sacrificio estremo.

The Master la sfida. Davvero Thirteen eliminerà ogni forma di vita da Gallifrey, compresi il Maestro e sé stessa? È capibile la sua esitazione. Ma non lo fa perché è una decisione troppo radicale, come per esempio quando, in un’incarnazione precedente, doveva scegliere se usare il Momento per terminare la Time War. Esita perché il Dottore è un codardo. Nine lo ripeteva sempre. Però dà fastidio che non appena arriva un vecchio pronto a prendere il suo posto non batte ciglio. Non voleva sporcarsi le mani di sangue ma se lo fa qualcun altro non le importa? Non vuole morire? In ogni caso non ci fa una bella figura.

In Doctor Who Ten era il più terrorizzato dalla morte. Ma non esita quando deve aiutare Wilf, un vecchio che per salvarlo sarebbe morto.

Thirteen non si scompone per la morte di qualcuno, né per l’estinzione della vita sul suo pianeta natale. Ha un lato oscuro, una furia nascosta. Un po’ come Eleven. Se solo questo aspetto fosse sviluppato a dovere o voluto in qualche modo, sarebbe un colpo geniale. Dietro l’allegria e i sorrisi si nasconderebbe un qualcosa di indefinito, tenebroso, sinistro.

Invece ci troviamo davanti solo a una scrittura pigra. A tratti pessima. E la bravura della Whittaker viene sprecata, contenuta in paletti incapaci di far evolvere il personaggio. È perfetta nei momenti leggeri ma pecca in quell’autorità e moralità che hanno sempre contraddistinto il Dottore. Spesso infatti è veramente il Dottore quando non parla. Quando lascia stare i bei discorsi predicatori, i sorrisi, l’eleganza. E si getta addosso al Maestro con una foga, una rabbia incontenibile.

Doctor Who

È un peccato limitarla. Perché le scene su Gallifrey con il Maestro sono straordinarie. Come in Spyfall, anche in The Timeless Child Sacha Dhawan è perfetto nelle vesti della nemesi del Dottore. Per cinquanta minuti ruba la scena a tutti. È pieno di rabbia, soprattutto per aver scoperto che discende dal Dottore. Pieno di pazzia e follia. È la versione di Simm, unita alla consapevolezza che se trattiene i suoi peggiori istinti può vincere. Ma è anche capace di distruggere il suo intero popolo per portare avanti la sua vendetta. È vero, il piano di trasformare i Signori del Tempo in Cybermen è copiato da quello di Davros all’inizio della nona stagione.

Al di là di questo, Dhawan si è caricato sulle spalle questa stagione di Doctor Who e l’ha resa memorabile. Senza di lui, sarebbe stata anonima quanto la precedente.

Purtroppo però il Master ha messo in secondo piano il primo villain veramente credibile nell’era Chibnall. Ashad ha dimostrato di essere un avversario temibilissimo. Tanto che il Dottore fu costretto a dargli il Cyberium, sebbene Jack Harkness l’avesse altamente sconsigliato. Un monito che si è rivelato totalmente inutile. E abbiamo capito che la sua presenza era solo fanservice. Jack non doveva essere presente nel momento del massimo bisogno a fianco del Dottore? Una delle cose che Chibnall dovrà necessariamente spiegarci.

Tornando ai Cybermen, purtroppo la loro storyline – pur essendo bella – è completamente oscurata da quella di Gallifrey. Sarebbe stato meglio concentrarsi sul Timeless Child, magari dedicandogli più episodi, e limitare la storia dei Cybermen, se non addirittura eliminarla. In più questo finale di Doctor Who è perfetto per i Dalek. Che secondo Chibnall sono identici ai Cybermen quando invece hanno scopi diversi. I primi distruggono, i secondi convertono.

Doctor Who

L’episodio in generale chiarisce alcune cose della mitologia di Doctor Who. Ad esempio la distinzione tra Time Lord e Gallifreyani standard. Si apre così un infinito universo di possibilità sul futuro, soprattutto per il Dottore. Potrebbe ricercare le sue origini, le sue vecchie reincarnazioni, la sua madre adottiva. O indagare sulla Division, un’organizzazione di cui il Dottore ha fatto parte senza ricordarsene affatto. Forse accennata in Fugitive of the Judoon. E magari farci capire qualcosa di più su Brendon.

Piccola parentesi sui Judoon: nessuno può teletrasportarsi nel TARDIS. È sempre stata una delle poche regole fisse di Doctor Who. Possono anche essere infrante ma deve essere spiegato il perché. I Judoon hanno un’arma in grado di entrare nel TARDIS? E quando l’hanno costruita? Se solo la stessa scena fosse stata girata un secondo prima, non ci sarebbe stato nessun problema. Alle volte cercare un finale d’impatto non paga se poi si compie un pasticcio narrativo. Così com’è successo con i companion, rinchiusi in scene insignificanti e di cui non ci interessa niente. L’addio con Thirteen non è straziante. Niente a che vedere con la separazione da Rose (qui perché Billie Piper ha lasciato la serie) e Donna, la morte di Clara e di Bill, il saluto con Amy e Rory.

In conclusione The Timeless Children porta alla luce le approssimazioni e i difetti della gestione Chibnall, in primis una scrittura pigra. Ci sono elementi positivi, come il Maestro e la poeticità nella rivelazione sulle origini del Dottore. Perché in fin dei conti si è sempre ritenuto diverso, non si è mai fatto condizionare dal passato. Ma non bastano per un finale soddisfacente.

Adesso Thirteen è in prigione e dovrà affrontare i Dalek. Riuscirà a liberarsi? Per scoprirlo dobbiamo solo aspettare. Sperando che le domande in sospeso trovino finalmente una risposta.

Leggi anche – Doctor Who 12×09: la recensione