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Blockbuster – La Recensione della nuova particolarissima comedy Netflix

Attenzione, seguiranno spoiler inerenti alla trama della prima stagione di Blockbuster

Nella giornata del 3 novembre, ecco che su Netflix è sbarcata una nuova comedy, Blockbuster, incentrata su un gruppo di colleghi intenti a gestire e portare avanti l’ultimo Blockbuster del mondo, reale famosa catena di negozi specializzata in noleggio di film molto popolare tra la metà degli anni ’80 e i primi del 2000, fallita poi definitivamente nel 2013. Dopo un primo ridimensionamento fino alla progressiva chiusura dei vari negozi in tutto il mondo, oggi l’ultimo negozio della catena, situato a Bend, una piccola cittadina dell’Oregon dove la connessione internet fatica ad arrivare, continua la sua attività.

A esso era già stato dedicato il documentario The Last Blockbuster di Taylor Morden che racconta proprio la vita della sua titolare, Sandi Harding.

Ispirandosi proprio a tale vicenda, ma senza richiamare fedelmente i personaggi reali che popolano il vero ultimo Blockbuster, la serie Netflix racconta così la strenua resistenza all’inevitabile cambiamento imposto dalla società da parte di un composito gruppo che si rifiuta di mollare e di cedere il passo all’avanzare delle tecnologie che rendono sempre più obsoleto il loro lavoro. Capitano di questa nave che sembra destinata ad affondare è il personaggio di Timmy Yoon (Randall Park), che nelle varie puntate della serie cerca disperatamente di trovare modi sempre diversi per far sopravvivere il proprio negozio. Al suo fianco troviamo la brillante ma problematica Eliza (Melissa Fumero), interesse romantico del protagonista che in passato ha rinunciato a un promettente futuro, il cinefilo incallito Carlos, la svampita ma dolce Hannah, l’anziana e stravagante Connie e la giovane Kayla. A completare il quadretto troviamo anche il padre di quest’ultima, Percy, migliore amico di Timmy che gestisce un negozio di feste e che si fa spalla del protagonista in più occasioni.

Il negozio (640×360)

Attenzione, seguiranno spoiler inerenti alla trama della prima stagione della serie.

Ironia della sorte. Questa è l’espressione più corretta per descrivere l’operazione svolta da Netflix in merito al concept dello show. Se ci pensate un attimo, è davvero ironico come sia stata proprio la piattaforma rossonera, una delle cause (se non la principale) della chiusura della società, a scegliere di portare avanti questa nuova comedy, inizialmente pensata per la NBC. La cosa, tra l’altro, si fa ancora più paradossale se pensiamo che a un certo punto della sua storia, quando ancora si occupava di noleggio di film, quella Netflix avrebbe potuto essere acquisita proprio da Blockbuster, che però si era tirata indietro. Insomma, un vero e proprio voler rigirare il dito nella piaga ma, al contempo, anche un omaggio a una diversa epoca dell’intrattenimento, che di certo ha raggiunto la propria fine, ma che ai tempi era parte integrante della cultura di massa nel mondo.

Blockbuster, infatti, cerca di puntare parecchio sull’effetto nostalgia verso un’epoca in cui non avevamo tutto a portata di un clic, in cui anche solo la ricerca e la scelta di un film da vedere diventavano una piccola avventura. Una nostalgia per il formato fisico (un tempo di VHS, poi di dvd), per l’evento stesso della visione di una pellicola che aveva una data di scadenza, da vedere e rivedere fino quasi a consumarla. Un tipo di esperienza totalmente ignorata dalle generazioni più giovani.

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I dipendenti del negozio (640×360)

Alla guida di questa ambiziosa serie tv, che cerca di collocarsi sulla scia delle più amate workplace comedy (un sottogenere davvero apprezzato che ha fatto e continuerà a fare la storia delle serie tv), ci sono nomi di eccellenza. Alla sceneggiatura troviamo infatti Vanessa Ramos, già autrice di Brooklyn Nine-Nine, di Superstore e di Mr. Mayor, la cui impronta è facilmente riscontrabile anche in questa comedy. D’altra parte, i due principali protagonisti sono interpretati da due attori molto apprezzati e quotati per i loro ruoli ricoperti in altri prodotti d’intrattenimento comici. Da un lato troviamo la sempre bravissima Melissa Fumero (la Amy Santiago di Brooklyn Nine-Nine), dall’altro Randall Park, noto per essere stato il protagonista maschile di Fresh off the Boat e per aver partecipato a WandaVision e ad alcuni film della Marvel.

Al di là di questo, dobbiamo dire che Blockbuster è una serie che, nel corso dei primi dieci episodi della sua prima stagione, è risultata piuttosto piacevole e scorrevole, ma che, per ora non è ancora riuscita a sfiorare le vette toccate da altri prodotti del suo genere. I personaggi della serie, infatti, sono simpatici e mai odiosi, ma neppure eccessivamente spassosi. Lo stesso di può dire delle situazioni in cui essi vengono calati: a loro modo divertenti, ma mai davvero esilaranti. Blockbuster si stanzia infatti in quella famosa via di mezzo che da un lato non delude, ma dall’altro ancora non entusiasma: molte tra le trovate della serie si rifanno infatti a stilemi già visti e rivisti in altre comedy e lo show riesce raramente a essere pienamente originale, rifacendosi invece spesso a cliché e topoi narrativi consolidati

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Randall Park e Melissa Fumero (640×360)

Ecco quindi che sin dalla prima puntata vediamo la scontata cotta da parte del protagonista per la collega Eliza, impariamo a conoscere il personaggio Timmy, un perenne Peter Pan “alla Jake Peralta maniera” che però non riesce mai a raggiungere il carisma e lo spasso di quest’ultimo. Se però, tutto sommato, gli Eliza e Timmy di Melissa Fumero e di Randall Park funzionano e risultano credibili nella loro caratterizzazione, sono gli altri comprimari a non averci ancora saputo conquistare, risultando talvolta incoerenti con la caratterizzazione dimostrata nelle precedenti puntate. Il personaggio di Connie, per esempio, talvolta pare spaesato e completamente fuori dal mondo, altre volte spietato e acuto. Lo stesso vale per i personaggio di Hannah, che oscilla continuamente tra ingenuità e scaltrezza.

Eliza e Percy (640×360)

Tra le tematiche affrontate dallo show, quella che viene maggiormente approfondita è la crisi della media e piccola impresa in favore dei grandi colossi, aspetto piuttosto ironico se si pensa al grande impero che un tempo la catena Blockbuster deteneva:

Non trovate ironico che una piccola attività che si ribella alla grande multinazionale in questo caso specifico sia un franchising di una ex grande multinazionale che si chiama proprio come il genere di film che ha sterminato i piccoli film indipendenti?

Eliza, 1×01

Altro interessante argomento trattato dalla serie Netflix poi è quello dell’importanza del contatto umano, della conoscenza diretta, del dialogo, superiori secondo la serie a qualunque tipo di algoritmo che una piattaforma streaming possa vantare.

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Eliza e Connie nella serie Netflix (640×360)

Dal punto di vista dell’umorismo, invece, seppur capace di far sorridere, Blockbuster non eccelle con battute geniali o spassose, preferendo puntare di più sullo slapstick (comicità fisica), sulla commedia degli equivoci e sulle citazioni. L’aspetto che però troviamo più deludente all’interno della serie è il fatto di aver puntato davvero poco, paradossalmente, sulla materia prima di cui una serie incentrata su una videoteca si sarebbe sin da subito dovuta ammantare: i film! Nonostante varie citazioni a pellicole, attori e registi, capaci di far sorridere chiunque se ne intenda del campo, l’impressione che traiamo dalla serie è che in merito a ciò essa rimanga piuttosto superficiale e che, investendo di più su storyline legate al mondo del cinema, Blockbuster sarebbe davvero potuta risultare originale.

Perché, ad esempio, non cercare di omaggiare i vari generi cinematografici e i loro grandi capostipiti rendendo i film più parte integrante della narrazione e non un semplice contorno? Altre serie tv sono infatti partite da simili concept (una tra tutte Community) e i risultati sono stati davvero interessanti! Un approccio del genere avrebbe infatti di certo reso più peculiare la serie, che invece finisce per essere una tra le tante comedy che affollano i cataloghi delle odierne piattaforme streaming. Godibile ma non esaltante, piacevole ma mancante di un certo nonsoché che le faccia emergere e brillare tra le altre.

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Timmy Yoon (640×360)

Nonostante i suoi limiti, la serie però ci sembra avere promettenti potenzialità: la chimica tra il personaggio di Melissa Fumero (bravissima come suo solito) e il personaggio di Randall Park è molto buona e la storia d’amore tracciata tra i due è ben costruita e spinge il pubblico a tifare per la coppia. In generale, tutti gli altri personaggi necessiterebbero di più tempo su schermo per essere apprezzati meglio: in questo, la scelta da parte di Netflix di distribuire la serie in sole dieci puntate da 27 minuti circa non è stata ottimale. Ormai è cosa ben risaputa che, soprattutto agli inizi, una comedy ha necessariamente bisogno di tempo per ingranare e per far abituare il pubblico al proprio stile. Speriamo dunque che la serie venga rinnovata e possa così insistere maggiormente su quelli che sono i pregi dello show e limarne i difetti fino ad acquisire uno stile più personale e riconoscibile e da farci conoscere il destino degli altri dipendenti del negozio: Carlos riuscirà a entrare in una scuola per registi? Hannah andrà avanti con i suoi studi? Percy e Kayla continueranno il loro riavvicinamento? Ma soprattutto, l’ultimo Blockbuster del mondo potrà continuare ad esistere?

Il season finale di questa prima stagione fa ben sperare: il cliffhanger che lascia intendere che Eliza ricambi i sentimenti di Timmy è sicuramente un buono spunto su cui costruire le basi di una seconda stagione che speriamo Netflix sia intenzionata a finanziare. Noi incrociamo le dita e auguriamo lunga vita al progetto!