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Bitconned – La Recensione: assurdo, ma vero

Netflix inizia il 2024 con un true crime piuttosto atteso, una delle novità più interessanti della settimana. Il documentario è diretto da Bryan Storkel, il quale in passato ha già firmato documentari come The Pez Outlaw o l’episodio di Untold riguardante lo scandalo doping Balco negli Stati Uniti. L’esperienza su prodotti simili dunque non manca e, quando Bitconned è stato annunciato, è stato subito accolto con un certo interesse. La vicenda infatti, verificatasi nel 2017, era ben nota tra il pubblico di esperti o semplici interessati al mondo delle criptovalute. Effettivamente, ve lo anticipiamo già ora, la vicenda narrata ha davvero dell’incredibile e, come spesso accade nei true crime, giunti alla fine è difficile credere che una truffa simile possa aver avuto successo.

Nel 2017 si verificò un vero e proprio boom negli acquisti di criptovalute. Questo strumento, sorto pochi anni prima, sembrò illudere tante persone non solo del suo potenziale, ma anche dei facili guadagni a cui poteva condurre. Si trattava però di una realtà ben poco controllata, con un numero esiguo (per non dire quasi nullo) di regole e, nonostante alcune iniziative provenienti da esperti in materia, furono tantissimi coloro che si buttarono a capofitto con il solo intento di truffare facilmente il prossimo. La vicenda di Ray Trapani rientra appieno nella categoria, trattandosi di una delle truffe più grossolane e, purtroppo, più riuscite.
Si tratta della storia di un ragazzo che, già profondamente indebitato e con evidenti problemi legati a gioco d’azzardo, alcool e droga, decise di sfruttare questo strumento per ripagare le perdite subite.

Ray Trapani si presenta immediatamente come una persona che volontariamente cercò una vita criminale. La freddezza con cui racconta la sua storia non lascia intravedere reale pentimento

Ray Trapani

Ray Trapani, al momento di fondare Centra Tech, aveva già evitato il carcere facendo da informatore, oltre ad aver accumulato ingenti debiti. Assieme a Sam Sharma e Robert Farkas decise di avviare una società che copiò spudoratamente progetti altrui, spacciando pagine LinkedIn con lauree ed esperienze lavorative inventate appositamente. Il sito, a dire il vero, risultava davvero grossolano, al punto che le pagine di certi dipendenti non esistevano del tutto. Il CEO era stato inventato di sana pianta, prendendo una fotografia generica trovata in rete. Com’è possibile che una truffa tanto grossolana sia riuscita ad avere successo? Centra Tech presentava un’idea rivoluzionaria, ovviamente anche questa copiata, ovvero una carta di debito che permetteva di utilizzare le criptovalute. Persino la carta però mostrava loghi di circuiti bancari che non erano mai stati contattati in precedenza.

Non sorprende che Nathanial Popper, giornalista del New York Times, decise di interessarsi alla vicenda, smascherando velocemente molte delle incongruenze presenti nel progetto. Progetto che riuscì a prendere piede per grande fortuna, grazie al sostegno di Clif High, ritenuto al tempo un guru in materia, e in seguito la fiducia riposta da parte di personaggi come Dj Khaled e Floyd Mayweather.
Non vi sveliamo oltre in merito al racconto di Bitconned, il quale presenterà anche molte altre sorprese. Ci limitiamo a dire che spesso, durante la visione, si ha l’impressione che certi argomenti siano stati un po’ allungati, o sia stata conferita loro più importanza di quanto meritino. Effettivamente rimane il pensiero che sarebbe stato interessante ampliare lo sguardo e guardare ad altre realtà o al mondo delle criptovalute in generale del 2017, il quale senza regole stava creando anche molte altre truffe.

Forse Bitconned avrebbe giovato di un minutaggio più basso, oppure di altri argomenti da introdurre. Nonostante ciò riesce comunque a funzionare e, come in tanti altri true crime, le vicende narrate sono talmente assurde che portano a chiedere: come potevano pensare di scamparla?

Bitconned
Bitconned

Bitconned presenta un particolare punto di forza, un argomento attualmente molto sentito e discusso negli Stati Uniti, introdotto già in altri true crime.

Facciamo un piccolo spoiler riguardante unicamente questo paragrafo, spoiler necessario per parlare del cuore di questo documentario.


Per quanto sia importante incentivare i criminali a parlare e a denunciare, fino a che punto è ragionevole spingersi nello sconto di pena? Effettivamente la domanda è opportuno porsela, alla luce del fatto che le persone maggiormente colpevoli, nonché spesso quelle apparentemente meno pentite (e forse quelle più inclini a ricommettere crimini?), sono anche quelle che pagano meno di tutte le altre. Ray Trapani è sempre stata la mente principale dietro a Centra Tech, colui che ha manovrato e gestito principalmente la società. Ha confessato e ha denunciato altri, ma è davvero lecito che una persona che aveva già commesso altri crimini in passato, sia passata da rischiare oltre 100 anni di carcere a non aver trascorso nemmeno un giorno dietro le sbarre?

Oggi Ray Trapani ha già acquistato una casa, con fondi sulla cui provenienza ha deciso di non esprimersi, e non sembra mostrare particolare rimorso per ciò che ha fatto

Bitconned
Bitconned (640×360)

Vogliamo porre anche un’ultima riflessione in merito a Bitconned, riflessione che riguarda anche tanti altri true crime, tra cui l’episodio di Untold già diretto dallo stesso regista. Pochi anni fa vennero realizzati due documentari sulla vicenda del Fyre Festival e, in quel caso, Netflix prese una decisione chiara, scegliendo di non pagare l’ingente cifra richiesta da Billy McFarland per portare la sua testimonianza. In questo caso invece Ray Trapani e Robert Farkas sono stati coinvolti e, presumibilmente, pagati. Naturalmente la presenza dei criminali stessi riesce a conferire maggior valore al documentario, trattandosi di coloro che hanno vissuto le vicende in prima persona.
È sacrosanto che venga offerta la possibilità di ricominciare dopo aver scontato la propria pena, ma è davvero giusto che certe persone ricevano denaro per raccontare i propri crimini? Soprattutto quando nessuno degli investitori è stato ripagato e, come viene lasciato intendere, una parte dei guadagni ottenuti dalla truffa è probabilmente rimasta nelle tasche dei protagonisti. Ray Trapani non nasconde che, per tutta la vita, ha guadagnato con una vita criminale, e lascia pensare che questo sarà quello che continuerà a fare. Anche se questi personaggi non fossero stati pagati per il documentario, cosa che non possiamo verificare, si tratta ugualmente di uno spot nei loro confronti e delle nuove attività che andranno a svolgere in futuro. Probabilmente occorre una riflessione anche a tal riguardo e, talvolta, si potrebbe rinunciare al coinvolgimento dei fautori della truffa nei true crime, se si hanno esperti ed elementi sufficienti a raccontare la storia anche senza loro.