Vai al contenuto
Home » Recensioni

Better Call Saul 6×09 – L’insostenibile leggerezza di chi è colpevole

Better Call Saul
Ma prima di continuare con la lettura abbiamo entusiasmanti novità da condividere con te. A breve sarà disponibile Hall of Series Plus, il nostro servizio in abbonamento che ti permetterà di accedere a moltissimi contenuti esclusivi e in anteprima.

Inserisci il tuo indirizzo email e clicca su ‘Avvisami’ per essere notificato quando Plus sarà disponibile.

* campo obbligatorio
Ma davvero la pesantezza è terribile e la leggerezza è meravigliosa?

C’è un invisibile muro in questa 6×09 di Better Call Saul, uno spazio di separazione che allontana ogni personaggio dall’altro, che lo fa scoprire solo, irrimediabilmente solo. In ognuno di loro c’è uno sprazzo di leggerezza, il desiderio, fugace eppure intensissimo, di lasciarsi andare verso l’alto. Guardano il cielo e vorrebbero essere come l’aria, sollevati da una brezza che li allontana dalla terra, dalla concretezza delle loro vite e delle loro colpe.

Leggero, leggerissimo sale in alto Gus dimenticando la pesantezza della sua vita, del mondo criminale che lo opprime, lo piega, lo schiaccia al suolo, verso gli affanni insopportabili di chi è chiamato a sopravvivere e azzannare gli altri. Gustavo si lascia rapire dalla leggerezza e si domanda cosa debba scegliere: la pesantezza o la leggerezza? Assapora il momento, si inebria di vino con gli occhi, il naso, la bocca. Per un attimo si scopre senza colpa mentre sale in un luogo rarefatto in cui c’è spazio perfino per l’amore, la complicità, l’emozione timida e imbarazzata di un rendez-vous.

Ma davvero la pesantezza è terribile e la leggerezza è meravigliosa? 

Gus risprofonda a terra mentre nella sua mente passa questo interrogativo. La leggerezza si è fatta d’improvviso insostenibile, inconsistente, vacua. Di colpo si è reso conto che manca qualcosa, che quella leggerezza gli è irrimediabilmente preclusa a meno di perdere concretezza, di rarefarsi in un’ombra semitrasparente. Qualcosa lo ha rispedito in basso, lo ha ricacciato verso quella terra criminale e arida che gli permette però di essere ciò che è davvero, di rispondere alla sua natura più profonda. Quella che nella 5×08 gli fa confessare biblicamente: “I Am What I Am“.

Gus

Questo qualcosa è l’altrettanto insostenibile pesantezza della colpa. Schiacciato a terra, Fring riprende concretezza, torna in sé, eppure perde quella leggerezza che gli permetterebbe di amare e di godere dei piaceri della vita. È questa la sua condanna: non può essere se stesso nella leggerezza ma non può essere leggero nella colpa. Gustavo lo sa e allontana da sé la leggerezza: lo fa non solo per se stesso ma anche per chi gli è caro. Nel suo mondo tanto concreto quanto disumano non c’è spazio per i sentimenti: se ne è reso conto tanto tempo fa quando, ancora giovane e leggero, è stato ricacciato a terra dalla morte del suo socio e compagno Max. Da allora per lui la pesantezza di una vita colpevole e criminale è diventata l’unica possibile.

A volare nell’inconsistente etere c’è anche Mike che fissando compassionevole i due cadaveri nel finale dello scorso episodio ha riscoperto la bellezza della leggerezza. Qualcosa dentro di lui lo spinge verso l’alto, verso una pace morale lievissima. E vola così col pensiero a Nacho, a quell’uomo che “aveva il cuore buono” e che “non è mai stato come loro“. Nacho che sognava la leggerezza ma i cui errori l’avevano fatto sprofondare sotto il peso di una realtà criminale che non ammette mezze misure. A differenza di Gus, per Nacho non c’è stata né la possibilità né la volontà di rinunciare alla leggerezza e per questo era precipitato, schiantato al suolo.

Mike ha visto nei suoi occhi quella leggerezza ed è in suo nome che invoca giustizia.

Anche per Ehrmantraut però volare così in alto non è possibile. A riportarlo sulla terra è Manuel Varga, che dall’alto della sua morale può rendersi conto dell’inganno nel quale si crogiola Mike. “Quella di cui parla Lei non è giustizia. Lei sta parlando di vendetta“. Di colpo Mike ricade al suolo, costretto faccia a faccia con quella terra sudicia, acre e nauseabonda che è l’unico spazio che gli è concesso abitare. Non smetterà mai di tendere verso l’alto, di provare a dare un po’ di leggerezza a quel luogo desertico in cui vive: aveva tentato oltre che con Nacho anche con Werner Ziegler, provando a salvarlo, si ripeterà ancora con Jesse in Breaking Bad. In lui gli sprazzi di leggerezza saranno sempre brevissimi intermezzi con cui potersi idealmente avvicinare (senza mai raggiungere) quel figlio che nella sua levatura morale è lassù, troppo in alto per lui.

Better Call Saul

Mike è separato da Manuel Varga da una rete, concretizzazione materiale di una distanza morale insuperabile, un muro invalicabile. Così anche Gustavo è irrimediabilmente lontano da David, impossibilitato a rimanere nella leggerezza con lui. Costretto a ridiscendere in basso e ad allontanarsi.

Quel muro di separazione è stato davanti ai nostri occhi per tanto e tanto tempo anche nella relazione tra Kim e Saul. Già nella 4×07 e di nuovo nella 5×09 con la tecnica dello split screen a inizio episodio, avevamo visto la quotidianità apparentemente simmetrica e in realtà antitetica di Jimmy e Kim: gesti simili ma significati diametralmente opposti. Quelli di Kim propri di chi vive nella giustizia, quelli di Jimmy distorti e criminali. Ora, quel muro, che Kim aveva oltrepassato per tanto tempo, torna ad alzarsi. Li vediamo di nuovo impegnati in gesti a prima vista analoghi: Kim cura gli interessi di un cliente che negli abiti mostra di essere indigente e lo stesso fa Saul con due donne di strada. Kim mostra alla giuria le percosse di una donna vittima di violenza, Saul fa indossare un collare ortopedico a un pugile.

La differenza, però, non potrebbe essere più grande.

Perché Kim agisce secondo giustizia, aiutando pro bono clienti innocenti che non possono permettersi una difesa, Saul invece manipola le prove difendendo soprattutto colpevoli e approfittatori. La Wexler così riscopre ancora una volta il piacere della leggerezza, dell’agire in maniera disinteressata e del fare la cosa giusta mentre Saul si crogiola in quel mondo di bassezze e meschinità. Per lui l’attimo di leggerezza è affidato al ritorno a casa, al ricongiungimento quotidiano con Kim, al suo amore che lo eleva e lo preserva da una maschera goodmaniana totale. Con lei è ancora e sempre Jimmy.

Kim

Kim, dicevamo, sale verso l’alto, insegue la leggerezza, ma anche per lei la colpa inevitabilmente la rispedisce in basso. È chiamata a rispondere a quegli stessi inganni in cui sguazza il compagno e dimostra di saperlo fare con capacità manipolative rare. È pesante, pesantissima la Wexler quando riesce a disinnescare le accuse della moglie di Howard con una semplice frase: “Lo vedevi ogni giorno, lo conoscevi meglio di chiunque. Magari ho capito male io“. Kim sapeva della distanza ormai totale tra Howard e Cheryl e gioca sul di lei senso di colpa riuscendo a colpire nel segno.

Ma è l’ultimo acuto: le insegne illuminate dalla scritta ‘exit‘ si moltiplicano sulla scena, come era già avvenuto nella 3×05 che aveva segnato la disfatta di Chuck. Il simbolismo si eleva, come sempre accade in Better Call Saul nei momenti decisivi. Jimmy e Kim si ritrovano di fronte l’uno all’altro, divisi dalla metà dello schermo, con le rispettive macchine raffrontate. Siamo nello stesso luogo in cui i due innamorati si incontravano tra una sigaretta e quattro chiacchiere quando condividevano lo spazio di lavoro alla HHM. Si allontanano, ora, su due macchine diverse, in due direzioni diverse.

È l’atto finale.

Kim per tanto tempo si è posta una domanda stando al fianco di Jimmy: ma davvero la pesantezza è terribile e la leggerezza è meravigliosa? Fino ad ora si era risposta che sì, quella meravigliosa leggerezza d’amore valeva bene la terribile pesantezza degli inganni, ed era così rimasta a mezz’aria, trattenuta in quel limbo intermedio tra morale e amore. Ora, invece, toglie le zavorre, spezza definitivamente la corda così da potersi sentire soltanto leggera, lo fa nella speranza che anche Jimmy possa essere leggero, liberi entrambi dalle colpe che portano alla morte di chi li circonda. Come Gustavo anche lei capisce che nel suo amore così leggero e ‘divertente’ non può mai venire meno la terra, la pesante zavorra della colpa. L’unica soluzione per entrambi, allora, è rinunciare all’amore.

Better Call Saul

Non è lo stesso per Saul, non può esserlo. Per lui tanto la leggerezza quanto la pesantezza sono necessari. Non c’è nulla di insostenibile in entrambi: Saul ama e inganna, vive in nome di una morale e insieme nel compromesso morale. Per questo non può capire Kim, non può capire, a differenza di tutti gli altri protagonisti di Better Call Saul, l’insostenibile leggerezza della colpa, lui che è contraddizione vivente, Saul e Jimmy insieme. Così, venuta meno Kim, viene meno anche una parte di lui, viene meno la leggerezza che lo faceva danzare tra aria e cielo, saltimbanco straordinario di due mondi.

Ora c’è spazio solo per Saul, c’è spazio solo per la pesantezza della maschera.

La realtà si appropria di questa risoluzione finale, attorno a lui tutto diventa pacchiano, kitsch, esasperato. Tutto diventa Saul Goodman: la casa, lo studio legale, i gesti, le suppellettili. Perfino Francesca è risucchiata in lui diventando scostante e smaliziata: la Francesca che abbiamo imparato a conoscere in Breaking Bad. La trasformazione è così compiuta, definitiva, totale. La leggerezza espunta dalla vita mentre tutto diventa farsa, iperbole, colore.

Let justice be done though the heavens fall, afferma Saul Goodman appropriandosi di una frase che era stata di Chuck nella già menzionata 3×05. Tutto catalizza, tutto fa suo, come un buco nero che risucchia la vita passata esponendo infine un’unica immagine: il volto artificioso, pesante eppure sostenibilissimo di Saul Goodman. Ora, come a inizio episodio, quando intingeva il pane nel sugo associato al sangue, può sguazzare in quel putridume senza più bisogno di leggerezza. Senza più bisogno di morale.

Saul Goodman

Ma davvero la pesantezza è terribile e la leggerezza è meravigliosa? Si domanda per l’ultima volta Jimmy, lasciato da Kim. La risposta, nella ferita dell’abbandono, nel tonfo pesante dell’amore sconfitto, è che no, la pesantezza non è terribile. La pesantezza è l’unica cosa reale, concreta, tangibile, vera. La pesantezza è l’unica cosa che conta, l’unica su cui fare affidamento certo. È finito il tempo delle mezze misure. Perché ora Saul sa cosa lo ha rallentato dall’essere pienamente se stesso. E quella cosa non lo fermerà più. Ora inizia il tempo della pesantezza leggerissima del pagliaccio della Legge. Inizia il tempo di Saul Goodman.

LEGGI ANCHE – Better Call Saul: tutte le recensioni