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Adrian delude parecchio ma ci ha regalato un meme bellissimo

Quando c’è di mezzo Adriano Celentano c’è sempre molto rumore. Il Molleggiato, piaccia o no, è parte integrante la recente storia artistica del nostro Paese. L’attesa quindi per questo progetto, nato nella sua mente nel 2009, era giustamente enorme. A spingere ulteriormente il livello d’attenzione ha contribuito una campagna marketing di lancio particolarmente “rumorosa. Lunedì sera, ore 22.12, con una sigla quanto meno accattivante e dall’altissimo tasso erotico, è iniziata Adrian.

La prima cosa che si nota è il sempre perfetto, elegante e raffinato tratto di Milo Manara. A lui infatti è affidata la cura della realizzazione grafica. La sigla colpisce per l’esplicità dei disegni, ovviamente di forte stampo erotico, in cui vediamo la coprotagonista, Gilda, alter ego in versione giovanile e statuaria di Claudia Mori, accompagnata dalle musiche originali affidate ad un altro maestro italiano: Nicola Piovani. Con due firme di questo calibro, a cui si aggiunge la penna di Vincenzo Cerami per la sceneggiatura, era lecito attendersi un prodotto di livello alto.

E allora andiamo a vedere brevemente la trama di Adrian.

Adrian

L’animazione di Adrian comincia con una carrellata di immagini dagli albori dell’umanità fino ai giorni nostri mostrando alcuni dei momenti salienti la storia dell’umanità. Dall’Antico Egitto al Nazismo. Dalla tratta degli schiavi al 11 settembre. Questa sequenza, valorizzata dal tratto di Manara, è l’occasione per una serie di citazioni e riferimenti, su tutti la scena iniziale dei primi ominidi, chiaro riferimento al capolavoro di Kubrick 2001: Odissea nello Spazio. Questo excursus storico serve al molleggiato nazionale per delinearci il contesto degli eventi, per ribadire la sua critica al consumismo e incolpare tutti per l’indifferenza dilagante.

Si arriva quindi al presente della narrazione. Milano 2068. Siamo in un futuro distopico, alla 1984 per intenderci, dove una forza di governo autoritaria controlla con il pugno di ferro la società. In questo mondo soggiogato e organizzato troviamo il nostro Adrian. Un orologiaio che abita in una zona non modernizzata della città. La via Gluck. La versione giovane e muscolosa del nostro Celentano vive con una giovane ragazza, la già citata Gilda. Poco più di una decina di minuti dopo l’inizio dell’episodio già possiamo godere di uno dei tratti distintivi di Milo Manara. Il tentativo sensuale e non volgare di sfruttare la nudità del corpo di Gilda per ammaliare Adrian.

Un gioco di sguardi, ammiccamenti e voluttuosi movimenti che rendono gradevolmente erotica la scena senza mai scivolare nella scabrosità.

Adrian

Purtroppo la successiva sequenza del rapporto a tavole fisse, bozzetti e disegni accennati, per quanto probabilmente dettata dal desiderio di non urtare la sensibilità del pubblico, risulta come una graffiante stonatura. La prima di una lunga serie. Terminata la scena dell’amplesso, dopo un piacevole siparietto con due anziane signore milanesi, il nostro eroe assiste all’assalto delle forza dell’ordine: un enorme spiegamento di forze, la presenza di “men in black” che ricordano l’agente Smith di Matrix e un elicottero per entrare nell’appartamento di un suo vicino di casa, il quale viene prelevato con tutta la sua famiglia. Tornato a casa vi è uno scambio d’opinioni con Gilda sul fatto che non abbia fatto nulla per impedirlo.

I due successivamente si recano al concerto rock per il capodanno. L’Alto Commissario, l’antagonista di Adrian (disegnato con le sembianze dell’attore Javier Bardem) spiega ai suoi scagnozzi che il rock non è altro che musica di regime. Una riedizione moderna del più classico dei panem et circenses. A sorpresa però il cantante prima di concludere il concerto invita Adrian sul palco. Gli offre il microfono e se ne va in camerino. Da qui il nostro “Adriano Celentano” ci canta “I want to know. La performance scatena l’entusiasmo della folla e la reazione preoccupata delle forza dell’ordine. Siamo praticamente al finale, con un temporale che mette fine al concerto prima che l’orologiaio possa essere catturato. Il resto, tra cliché su Napoli e un ragazzo che rimorchia grazie ai consigli di Adrian, è tutto funzionale allo sviluppo narrativo dei prossimi episodi.

Grosso modo questo è quanto visto in modo asettico. Però, come ogni recensione che si rispetti è necessario fare qualche considerazione in più su Adrian.

Adrian

Fosse anche solo per rispetto delle aspettative che sono state generate e spinte dallo stesso Celentano e dalla sua produzione. Partiamo dall’ambientazione. Adrian vuole forse portare le atmosfere alla Blade Runner, ma manca il degrado, l’oscurità e il disagio della pellicola di Ridley Scott. I disegni di Manara, semplicemente perfetti e questo bisogna ammetterlo, danno comunque una visione delicata e ovattata all’ambiente. Anche le animazioni, purtroppo, rispetto ai disegni di Manara, sono una nota poco intonata.

Il tentativo di riportare un gusto classico da “disegno animato” non riesce a mantenere per tutto l’episodio l’effetto vintage, ma scade il più delle volte in una sensazione di posticcio. Bisogna comunque ammettere che in alcuni momenti, come il primo sensuale incontro tra Gilda e Adrian, l’equilibrio della scena è di ottimo livello. L’utilizzo, immediatamente successivo a questa scena, della tavole statiche per mostrare l’amplesso  tra i due, per quanto interessante da un punto di vista della cifra drammaturgica, nella resa sembra più legato al non urtare la sensibilità del pubblico che non ad una reale necessità artistica.

Altra nota dolceamara è il sonoro.

Adrian

In primis l’utilizzo dei Negramaro e del bravo Sangiorgi per prestare la voce e le canzoni al gruppo a cui i nostri protagonisti assistono. Senza nulla togliere al gruppo salentino, il risultato complessivo della scena del concerto è poco efficace. L’immagine del rocker maledetto poco si sposa con la splendida voce e i testi del bravissimo cantautore italiano. Forse una scelta più Hard Rock sarebbe stata più indicata. O quanto meno più allineata con le immagini che avevamo dinnanzi.

Anche perché per tutto l’episodio il contributo di Nicola Piovani alla resa dell’atmosfera generale è ottimo. La combinazione di disegno e sottofondo musicale, sia per gli originali che per i riarrangiamenti dei pezzi storici di Celentano, è davvero ben riuscita. Viene da pensare che senza certe animazioni un po’ posticce e il doppiaggio dei protagonisti, soprattutto di Celentano, si sarebbe potuto avere qualcosa di artisticamente molto più valido. Il doppiaggio è un mestiere e nemmeno Celentano se lo può inventare da un giorno all’altro.

L’elemento però che più di tutti ha deluso in questo episodio nonostante tutti i nomi in campo come Celentano, Manara, Piovani, Cerami, è che non vediamo né sentiamo nulla di nuovo. Il citazionismo va bene, se serve a dire qualcosa. Ma qui oltre a vedere scene alla Matrix (con tanto di elicottero) o riunioni alla Adam Sutler di V per Vendetta, non troviamo davvero nulla di nuovo. È tutto un già visto. Tutto un già sentito.

Una sequenza quasi ininterrotta di moralismi da chiacchierata al bar. Popolari, sì, ma privi di un qualche valore artistico o comunque svuotati da quel senso di innovazione che sempre accompagna il lancio dei nuovi progetti di Celentano.

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In aggiunta, e questo forse è l’aspetto più imperdonabile, ci sono i luoghi comuni. Il moderno visto come negativo, rispetto all’antico positivo. Chiaro riferimento, peraltro esplicito, alla sua Via Gluck. Ma è la scena ambientata nella Napoli del 2068 che lascia davvero perplessi. Tralasciando la localizzazione del termine “mafia” e la sua generalizzazione, viene l’amaro in bocca nel veder spiattellato un messaggio che suona come: “potranno passare anche decenni ma a Napoli sempre la mafia comanderà“. Anche il web si è scatenato con innumerevoli tweet in proposito.

Da un personaggio così rappresentativo della storia artistica italiana, autoproclamatosi portatore di una visione culturale nuova e innovativa era lecito attendersi qualcosa in più. In ogni caso avremo l’occasione di vedere la seconda puntata delle nove programmate. Possiamo solo sperare che, dalle vicende che da adesso coinvolgeranno il nostro Adrian, possa uscire qualcosa di meno banale e scontato di quanto visto fino a ora. E che ci regali qualche spunto narrativo interessante e non solo un meme già diventato leggenda.

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