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Se siamo cresciuti con Cappuccetto Rosso che scappa dal lupo e Biancaneve che ingenuamente mangia la mela, Once Upon a Time ci coglie di sorpresa, mostrandoci un volto nuovo delle fiabe che hanno accompagnato la nostra infanzia (ed è proprio nel legame con essa che sta la sua forza).

I protagonisti dei racconti che hanno ispirato anche Walt Disney camminano tra noi e vivono nel Maine, a Storybrooke, dove il tempo si è fermato e la magia s’insinua oltre i muri delle case, strisciando silenziosa sotto agli occhi ignari delle vittime dei suoi incantesimi.

Ad aver capito che le fiabe che iniziano con c’era una volta sono vere è Henry Mills, un bambino di undici anni che s’impegna a rompere la maledizione lanciata dalla Regina Cattiva, avventurandosi fino a Boston per portare a Storybrooke la Salvatrice, l’unica in grado di spezzare il sortilegio: Emma Swan, sua madre.

Emma è un’eroina contemporanea.

Once Upon a Time

Cacciatrice di taglie esperta nello scovare chi scappa dalla legge, Emma già prima di entrare nel libro di fiabe si occupa di dare la caccia ai cattivi, facendo buon uso del suo superpotere: la capacità di capire sempre quando qualcuno sta mentendo. E l’arrivo a Storybrooke, pur portando con sé grandi cambiamenti, non cambia la sua natura.

Facendo la conoscenza dei fiabeschi personaggi che popolano la cittadina di Storybrooke, le cui vite nella Foresta Incantata – la loro casa prima dell’incantesimo – ci vengono mostrate tramite numerosi flashback, Emma realizza il destino che non ha mai saputo di avere. E nel corso degli episodi ogni personaggio ha il suo spazio dedicato, durante il quale conosciamo la sua storia, spesso rivisitata dagli autori della serie della ABC.

Uno dei pregi più grandi di Once Upon a Time è quello di essere un racconto corale.

Non c’è solo l’eroe che sale in sella al suo cavallo per lanciarsi all’avventura e sconfiggere il cattivo, ma ci sono una quantità infinita di personaggi le cui storie si srotolano per le strade di Storybrooke, negando la dicotomia tra bene e male tanto cara alle fiabe classiche: i cattivi non sono mai solo cattivi e i buoni non sono mai solo buoni. Il cuore di Biancaneve si macchia del nero delle cattive azioni, mentre quello della Regina Cattiva si scalda grazie all’amore incondizionato di un figlio.

La coralità che caratterizza Once Upon a Time è la sua delizia ma anche la sua croce. Se la scelta di far intrecciare le storie dei protagonisti con quelle di tantissimi altri personaggi di fiabe, miti e romanzi arricchisce l’universo narrativo della serie, incuriosendo lo spettatore, quella di avere troppi personaggi principali ha creato dei problemi di gestione e alcuni protagonisti non sono mai diventati davvero tali.

Ricordiamo tutti con amarezza – e un pizzico d’ironia – gli escamotage utilizzati per far rimanere Belle in disparte, un giorno a causa di un incantesimo di memoria e l’altro a causa di un incantesimo del sonno. Oppure la triste fine di Robin Hood, promosso a personaggio regolare per poi essere stato lanciato nel dimenticatoio e infine ucciso, come se Regina non avesse sofferto abbastanza.

Ma nonostante alcuni siano più presenti di altri, i personaggi di Once Upon a Time sono una famiglia, e non solo per le intricate parentele.

Ed è questo calore familiare che ci ha scaldati alla fine della sesta stagione, quando l’ultimo nemico viene sconfitto e tutto torna finalmente alla normalità. Il libro di fiabe è pronto per essere chiuso, ma non per questo buoni e cattivi smetteranno di vivere le loro avventure, solcando i mari su vascelli pirata e attraversando i mondi usando dei fagioli magici. L’ultima storia si chiude con una cena da Granny’s, una cena in famiglia, e l’Autore può mettere la parola fine.

Finché non arriva la settima stagione.

Once Upon a Time

La settima – e fortunatamente ultima – stagione di Once Upon a Time è forse l’errore più grosso che gli autori abbiano mai fatto. La serie non è priva di pecche, tra effetti speciali che lasciano a desiderare e protagonisti che diventano comparse, ma tutto è in qualche modo compensato dalle emozioni che la storia ci fa provare. La decisione di fare una stagione senza la maggior parte dei personaggi che abbiamo amato, però, è stata una pessima scelta.

L’ultimo capitolo della serie non è niente di più di uno spin-off incentrato su Henry e su avventure delle quali dovrebbe essere il protagonista, finendo però con l’avere un ruolo marginale. Come se non bastasse, questa settima stagione non è altro che una rivisitazione della prima. I protagonisti sono vittime di un incantesimo che li trasporta nel mondo reale, a Hyperion Heights, un quartiere di Seattle posseduto da una potente donna d’affari: la matrigna di Cenerentola. Nessuno ricorda niente del proprio passato né conosce la propria identità. L’unica a sapere la verità è Lucy, figlia undicenne di Henry, che farà di tutto per fargli recuperare la memoria. Vi suona familiare?

Nonostante gli alti e bassi, però, il libro di fiabe è difficile da non rileggere.

Once Upon a Time non è una serie perfetta e con il protrarsi delle stagioni ha sicuramente subito un peggioramento, tendendo a riproporre sempre gli stessi espedienti narrativi o chiudendo i suoi personaggi in circoli viziosi dai quali hanno fatto fatica ad uscire. Ma nonostante i suoi difetti, nonostante a volte ci faccia arrabbiare, è una serie che ci piace guardare ancora e ancora.

Il grande traguardo raggiunto dagli autori è quello di essere riusciti a farci affezionare ai personaggi e alle loro storie. I protagonisti non sono più modelli come lo erano nelle fiabe classiche, ma sono persone vere con dei sentimenti veri, persone con i cui problemi e con le cui debolezze tutti possiamo identificarci. E proprio in questo sta il vero potere di questa storia.

Once Upon a Time racconta una fiaba dalle cui pagine non riusciamo a staccarci. È un libro che non possiamo tenere chiuso sulla mensola troppo a lungo, perché siamo spesso colti dal desiderio di sfogliarlo, se non rileggerlo. Allora lo togliamo dalla libreria, lo puliamo dal sottile strato di polvere che lo avvolge e cominciamo a leggere dal c’era una volta.

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