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Intimidad: la Recensione della nuova serie spagnola di Netflix

Attenzione: l’articolo contiene spoiler di Intimidad, la nuova serie di Netflix con Itziar  Ituño.

Spesso si inciampa nella tendenza di associare “serie spagnola” a “trash“, uno stereotipo alimentato dalle proposte di Netflix degli ultimi anni – spiccano nomi come La Casa di Carta ed Élite, che fanno dell’eccesso il loro punto di forza. Il grande rischio, però, è quello di non dare la giusta considerazione a serie come Intimidad, il nuovissimo prodotto spagnolo di Netflix che nulla ha a che spartire con le altre serie citate e, anzi, merita di essere osservato con grande serietà. Il motivo? La serie con Itziar Ituño (Raquel Murillo ne La Casa di Carta) tratta una tematica delicata e importante, la violazione dell’intimità e tutto ciò che ne consegue, e lo fa in un modo onesto, tremendamente diretto, senza edulcorare nulla. Una serie così sincera da risultare come uno scomodo pugno allo stomaco. Ed è giusto così.

Fin dalla sua prima scena, Intimidad si presenta con sincerità e schiettezza.

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La serie spagnola di 8 episodi dalla durata di circa un’ora, inizia dalla fine. Per essere più precisi, inizia dalla fine di una vita: quella di Ane Uribe. A raccontarci i suoi ultimi momenti è la voce della stessa Ane, una voce che ci accompagnerà per tutta la durata della serie, come narratore esterno in alcuni momenti cruciali, la voce di qualcuno che è stato costretto ad andarsene, ma, in un certo senso, è rimasto lì. Intimidad ci mostra subito la conseguenza – o una delle conseguenze, visto che un grande pregio della serie è quello di analizzare reazioni e situazioni diverse che scaturiscono da eventi molto simili – che può scatenarsi in seguito a una violazione di privacy: Ane Uribe, infatti, si toglie la vita dopo che alcune sue foto intime vengono diffuse tra i colleghi della ditta per la quale lavora.

Ma Intimidad non percorre la strada che sarebbe stata più semplice, ovvero quella di riavvolgere il nastro della vita di Ane e raccontarci le tappe che l’hanno portata al fatidico gesto. La serie intreccia la storia di questa vittima con quella di un’altra donna, Malen Zubiri, a cui accade una cosa simile – avvocatessa, candidata sindaco, finisce nell’occhio del ciclone dello scandalo quando un video girato senza il suo consenso, che la vede in atteggiamenti decisamente intimi con uno sconosciuto, emerge alla luce – ma che reagisce in maniera diversa facendo di tutto per portare avanti la sua candidatura. E, attenzione, si sottolinea diversa. Non più giusta. Perché Intimidad non giudica mai le scelte delle vittime, semplicemente ne propone di diverse.

Le due storyline vengono intrecciate dalla presenza di Begoña Uribe – detta Bego – ovvero la sorella di Ane. Bego non ha idea del perché Ane abbia deciso di togliersi la vita: nonostante le due sorelle vivessero insieme, Ane non si è mai confidata del tutto con Bego per paura di essere giudicata e di rovinare il proprio rapporto, per una vergogna radicata nel pensiero comune, nello schema che la società ha costruito a tavolino di ciò che sia giusto e ciò che sia sbagliato, di ciò che sia morale e di ciò che sia immorale. Bego cerca la verità e, quando intuisce la pista, si rivolge proprio a Malen in cerca di aiuto.

Il giallo si mischia a una dimensione più introspettiva.

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La serie, dunque, fa perno su due filoni diversi – oltre che le due storyline. Il primo è quello del giallo, che prende piede nel momento in cui Bego comincia a indagare su cosa sia successo alla sorella. Diventa una vera e propria caccia al colpevole, un tentativo di ricostruire una vita che Bego pensava di conoscere. E qui interviene un altro personaggio femminile molto forte, quello di Alicia Vásquez – ispettore nella divisione dei delitti informatici – che a sua volta vive un rapporto complicato con l’intimità, in quanto donna omosessuale che però non si sente ancora pronta a vivere il suo amore alla luce del giorno.

Si tratta di un giallo che funziona perché permette di scoprire la storia di Ane passo per passo, mettendo lo spettatore stesso alla ricerca del colpevole, ma non solo: attraverso questa ricerca, anche Bego trova sé stessa. Il personaggio di Bego, infatti, è all’inizio molto perso, naturalmente frastornato dal lutto e dalla perdita, specialmente perché incomprensibile. Cercando la verità per Ane, saprà intraprendere anche un percorso personale che la porterà piano piano a splendere e a capire che merita la felicità.

Ma in Intimidad non si cerca soltanto il nome di chi ha diffuso il materiale privato di Ane Uribe, bensì anche chi ha diffuso il video dell’avvocatessa Malen. Qui la situazione è diversa, perché Malen è – per fortuna – ancora in vita e spetta a lei decidere come agire. Ma nonostante i consigli dell’ispettore Vásquez, Malen non se la sente di denunciare. Questo è un aspetto molto importante trattato dalla serie, perché si parla spesso della denuncia e delle sue tempistiche quando violazioni di questo tipo emergono nei fatti di cronaca reali: perché non ha denunciato prima? A rimbalzare di bocca in bocca, spesso, è proprio questa domanda. Intimidad cerca di raccontare quanto non sia così semplice e scontato farlo.

La forza di Intimidad è quella di non concentrarsi solo su vittime e colpevoli, ma anche su tutti quelli che ne vivono le conseguenze.

Malen Zubiri non è solo un’avvocatessa che si candida alle elezioni per diventare sindaco di Bilbao. Malen Zuburi è anche moglie di Alfredo e madre di Leire, una ragazza adolescente che vive già di per sé una tappa molto complicata della sua vita. La serie mostra tutto quello che succede anche a loro dal momento in cui il video emerge in superficie. Da una parte abbiamo dunque Alfredo, un uomo che scopre in questo modo il tradimento della moglie, un uomo che comincia a essere deriso da tutti, specialmente dal coro di cui fa parte: per la vergogna, smetterà di presentarsi alle prove. Alfredo è stato privato della possibilità di risolvere la questione con sua moglie, di riceve un chiarimento da parte di lei nel momento in cui lei fosse pronta. Il suo matrimonio è diventato discussione di dominio pubblico.

Dall’altra parte abbiamo Leire, una ragazza che si trova all’improvviso presa in giro dai compagni di scuola e isolata, ma non solo: a sua volta diventa vittima, con l’ex ragazzo che la minaccia di rendere pubblici dei video privati. Attraverso Leire, vediamo un altro tipo di reazione, ovvero quello della vittima che si ritrova colpevole: la ragazza, infatti, in seguito a uno scontro verbale con l’ex, passerà alle mani compiendo un pestaggio, ricorrendo a sua volta alla violenza – una violenza di tipo diverso, ma pur sempre una violenza. Non trattandosi della prima volta – aveva picchiato anche sua madre in passato – Leire si rivolgerà a una psicologa (la stessa di Ane Uribe) per intraprendere un percorso di riabilitazione.

La vittima non capisce subito di essere tale.

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Un altro aspetto ben trattato in Intimidad è quello del senso di colpa della vittima. Sia per Ane, sia per Malen è difficile capire di essere tali. Il giudizio della società incombe con una forza inaudita e spesso si insinua nella mente delle vittime facendole sentire fuori posto, sbagliate, addirittura meritevoli delle conseguenze. Soltanto alla fine della serie Malen decide di accettare il consiglio dell’ispettore e denunciare, soltanto in quel momento capisce di non essere colpevole.

Questo intreccio di situazioni, vite, drammi viene raccontato senza edulcorare niente e con un’atmosfera narrativa che rimane sempre cupa, enfatizzata da una colonna sonora che accompagna in maniera davvero efficace ogni scena. La recitazione è all’altezza, risulta convincente e permette allo spettatore di avvertire sulla propria pelle la sofferenza dei personaggi. C’è una tensione costante che rende Intimidad una serie da guardare con attenzione e, soprattutto, non con leggerezza.

Ma il vero colpo geniale della serie è il finale, l’ultimissima scena, perché rende Intimidad un racconto davvero autentico: Malen ha vinto le elezioni, suo marito l’ha perdonata, Leire sembra essersi stabilizzata, tutto va bene, tutti festeggiano. Lieto fine. Eppure. Malen sente che c’è qualcosa che non va, prova anche a dirlo, ma riceve in risposta che va tutto bene. Deve rilassarsi, festeggiare anche lei. L’inquadratura si sposta su una locandina elettorale su cui campeggia la faccia della donna: la carta si è spiegazzata in alcuni punti, l’immagine risulta distorta. E poi l’ultimo fotogramma, il viso di Malen: incerto, sofferente. Sembra quasi che ci sia qualcosa di rotto in lei. E probabilmente è così. Perché certe cose non svaniscono, il puzzle, una volta scheggiato, non si rimette insieme completamente.

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