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Non è di una melodia che si tratta, non sono voci armoniche né pensieri bellissimi a cui aggrapparsi. È un disastro che non può essere messo in ordine, il caos di una mente che non sa più a cosa credere. Le voci nella testa di Elliot Alderson, il protagonista di Mr Robot sono l’incessante ronzio che non si spegne mai, neanche quando sembra esserci silenzio.

Come fossero l’interferenza costante di una vita vissuta tra realtà diverse, tutte possibili e tutte inverosimili. Elliot Alderson è in balia di ogni sussurro, di ogni indizio che la sua mente gli offre. E noi con lui.

Siamo anche noi senza direzione, seguiamo ogni suo spostamento come fosse la nostra bussola che non punta mai al Nord. Bisogna essere pronti a vagliare tutti gli altri punti cardinali prima di trovare quello che dà la giusta direzione alla vita di Elliot in Mr Robot.

Eppure ogni punto indagato è comunque caratterizzato dal caos più indefinito. Sembra non esserci via di fuga, né deviazione alternativa che riesca a metterci in condizione di poter andar via da questo mondo.

In tutto questo Elliot continua a vagare come un cavaliere errante, si ferma, si osserva, cerca di capire quale parte della sua mente ora contribuisce alla sua perdizione. Ma ogni volta che sembra essere vicino a capire una parte importante di sé, non resta che perdersi di nuovo. In un’altra dimensione, creata dalla sua mente, così attenta e così dettagliata che non serve neanche più capirla. Bisogna viverla a fondo, cercare di sopravvivere, così come fa Elliot Alderson.

Allora quale modo migliore per contrastare il caos se non ascoltare quello che la sua mente prova a suggerirgli? Magari è solo questione di comprensione, magari il ragionamento dietro tutto questo caos può essere compreso ascoltando queste voci.

Ma quanto può essere reale questo ‘amico’? Quanto può contribuire a rendere semplice e normale qualcosa che non lo è mai stato?

Elliot è solo. Fondamentalmente in Mr Robot quello che gli rimane è sé stesso. L’unico che può in qualche modo riuscire a capirlo. Eppure è anche l’unico che può tradirlo nella maniera più violenta e più subdola. Quindi non basta più ascoltarle quelle voci. Bisogna assecondarle: è l’unico modo che ha per riconoscersi e per riconoscere se stesso. La verità è tutta lì, nelle conversazioni che sono indice di follia ma che sono tutto per chi le sente e le accoglie.

Perché effettivamente sono in grado di creare storie, nuove trame da cui partire per interpretare la sua biografia. Sono così vere e contestualizzate che non ne sentiamo più la stranezza neanche noi. Quella di Elliot è l’unica realtà che possiamo prendere e seguire come fosse vera.

Nonostante Elliot sia in balia della sua voce interna, rimane comunque il tutto da cui la storia discende. Rimane il protagonista e colui che muove le fila della storia. Ed è questa la potenza di ciò che non può controllare. Che quello che non controlla è esattamente quello che lo costringe a seguire le sue regole.

Non si riesce a capire chi controlla chi e perché tutto porti sempre a un’azione di Elliot, a una sua intenzione ragionata e messa in atto all’insaputa di tutti, soprattutto all’insaputa dello stesso Elliot Alderson. Come se si spegnesse la sua parte razionale e prendesse il sopravvento qualcosa che ha dentro e che non è mai riuscito a controllare.

Anche quando ci prova, è tutto inutile. Oscilla tra tutti i suoi io e la sua identità ne risente, testimone inerme di una lotta interna che crea distruzione e devastazione.

Sono voci di una rottura. L’unico modo di creare della logica e della razionalità in un luogo, la mente di Elliot, che non ha più stabilità, né pensieri come ancora.

Basterà solo saper vivere su una nave in costante movimento, nel bel mezzo di una tempesta.

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