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Hello, Elliot

ATTENZIONE! Il seguente articolo contiene spoiler relativi alla serie Mr. Robot nella sua interezza. Se non ne avete ultimato la visione, non proseguite nella lettura.

Sono innumerevoli i meriti che potrebbero essere attribuiti ad una serie di livello altissimo come Mr. Robot. Qui vogliamo però concentrarci su un elemento particolarmente interessante, originale non tanto per l’elemento in sé quanto per la sua applicazione.

Partiamo con una breve digressione tecnica: in origine, lo scopo della cosiddetta rottura della quarta parete (quel muro immaginario che separa l’opera, il racconto, dagli spettatori che ne partecipano alla visione) era quello di mettere in luce la finzione, esplicitare la consapevolezza che i personaggi all’interno della storia non fossero reali. Con il tempo, tale strategia narrativa ha sviluppato sempre più applicazioni e articolazioni: può fungere da input comico così come può incentivare la creazione di un legame tra il personaggio che si rivolge al pubblico ed il pubblico stesso. Un elemento, però, è sempre rimasto costante: la netta distinzione tra quello che è definibile come diegetico (interno alla storia) e quello che è definibile come extradiegetico (esterno alla storia, appunto).

Ed ecco la particolarità di Mr. Robot: sin dalle primissime battute (1×01), l’osservatore è collocato in una posizione di confine, al limite tra il diegetico e l’extradiegetico. O, per essere più precisi, lo spettatore è sia l’uno che l’altro. Così, Elliot Alderson (Rami Malek) si rivolge agli spettatori, ma lo fa riferendosi a noi con il titolo di “amico immaginario“.

Hello, friend. “Hello, friend”. That’s lame. Maybe I should give you a name, but that’s a slippery slope. You’re only in my head. We have to remember that. Shit. It actually happened, I’m talking to an imaginary person.

Ciao amico. “Ciao amico”. Che schifo. Forse dovrei darti un nome, ma è una terreno scivoloso. Sei solo nella mia testa. Dobbiamo ricordarlo. Me**a. È successo davvero, sto parlando con una persona immaginaria.
Mr Robot
Episodio 1×01

Noi siamo Elliot. Siamo a tutti gli effetti una componente rilevante della sua psicosi, un mezzo attraverso cui Elliot può far fronte alla solitudine e alla sua difficoltà intrinseca nel creare connessioni. È all’osservatore silenzioso – a noi – che si rivolge quando sente di non poter parlare con nessun altro, quando la rabbia che lo domina e lo muove divampa. L’osservatore altro non è che il sé a cui Elliot si affida nel momento in cui deve giustificare le proprie azioni.

Un tale stratagemma narrativo, articolato egregiamente e studiato nei minimi dettagli, ha permesso a Sam Esmail di sviluppare una narrazione che potesse dare la sensazione di rottura della quarta parete senza, di fatto, romperla.

Così, Elliot rompe la quarta parete nel momento in cui parla direttamente allo spettatore, ma la premessa che vede lo spettatore nel ruolo diegetico dell’amico immaginario garantisce che questa interazione non venga letta come una esplicitazione della finzione. Di fatto, Sam Esmail ha utilizzato il pretesto narrativo della psicosi – la più importante delle componenti caratteriali di Elliot Anderson – per giocare con lo spettatore, ponendolo al confine tra ciò che è reale e ciò che è finzione.

La magia nasce dall’accostare un elemento di originalità come quello appena descritto con la presenza di quello che in gergo viene definito un narratore inaffidabile (un narratore il cui racconto è presumibilmente in parte o del tutto inattendibile per l’ascoltatore, il quale però non sempre è in grado di stabilire quanta intenzionalità ci sia nella mistificazione operata dal narratore), perché tale è Elliot. Un esempio magistrale è quello dell’episodio 2×07 dal titolo eps2.5_h4ndshake.sme:

Control can sometimes be an illusion. But sometimes you need illusion to get control. Fantasy is an easy game to give meaning to the world, to cloak our harsh reality an escapist comfort. After all, these are not why we surround ourselves with so many sceens? So we can avoid seeing. So we can avoid each other. So we can avoid truth. I’m sorry for not telling you everything, but I needed this in order to get better. Please don’t be mad too long. This will be the last time I keep things from you, I promise. I know what you’re thinking, I know I didn’t lie to you. All of this really happened. This was just my way of coping with it. But now, I’d like if we could trust each other again. Let’s shake on it.

A volte il controllo può essere un’illusione. Ma a volte serve un illusione per avere il controllo. La fantasia è un modo semplice per dare senso al mondo, per nascondere la dura realtà con il conforto dell’evasione. Dopotutto non è per questo che ci circondiamo di così tanti schermi? Per evitare di vedere. Per evitarci a vicenda. Per evitare la verità. Mi dispiace di non averti detto tutto, ma ne avevo bisogno per stare meglio. Ti prego non essere arrabbiato, sarà l’ultima volta che ti nascondo qualcosa, te lo prometto. So che cosa stai pensando e no, non ti ho mentito. Tutto questo è successo veramente, era solo il mio modo per affrontarlo. Ma ora vorrei che ci fidassimo di nuovo l’uno dell’altro. Stringiamoci la mano.
Mr. Robot
Episodio 2×07

Siamo stati ingannati perché ingannando sé stesso, rifugiandosi in un loop illusorio e fittizio allo scopo di proteggersi, Elliot non ha potuto fare altro che ingannare lo spettatore – noi, l’amico immaginario. Ancora una volta: noi siamo Elliot.

Ma forse è il caso di correggersi. Lo abbiamo accennato prima: lo spettatore – l’amico immaginario – è colui al quale Elliot si rivolge quando la rabbia che lo domina e lo muove prende il sopravvento. È la presenza assente a cui si rivolge al fine di giustificare le proprie azioni.

E la chiave di volta sta proprio lì, nella rabbia. Si, perché l’Elliot di cui siamo parte essenziale altro non è che la menteThe Mastermind -, la personalità che emerge da Elliot allo scopo di ottenere giustizia, di proteggere il futuro del vero Elliot sradicando il male che lo circondava nel mondo reale anche a costo di sacrificare sé stesso. È la personalità il cui unico scopo è quello di vendicarsi contro un mondo che lo ha tradito, calpestato, abbandonato.

Ciò di cui siamo stati spettatori e silenziosi consiglieri, per riprendere le parole pronunciate da Krista Gordon (Gloria Reuben) durante l’episodio finale, altro non è che Hello, “la personalità creata per alimentare la rabbia di Elliot. L’hacker giustiziere che ha sempre immaginato di essere. Quello che cercava vendetta. La personalità che stava prendendo il sopravvento e che ha dimenticato. Ha dimenticato di essere solo una delle tante personalità“.

Per questa ragione il finale di Mr. Robot – nonostante ci mostri l’emersione del vero Elliot, i suoi occhi che finalmente si aprono – lascia lo spettatore con un pervasivo senso di tristezza e solitudine, quasi di nostalgia di qualcosa – o meglio, di qualcuno – che è già passato e che non potrà mai tornare allo stesso modo.

Mr. Robot è stato un viaggio, un meraviglioso percorso. Una storia di cui abbiamo fatto parte, a cui abbiamo partecipato attivamente. Ne siamo stati spettatori, ma ne siamo stati anche protagonisti. Ed è per questo che dire addio alla personalità di Elliot che ci aveva tirato in causa è così difficile. Stiamo dicendo addio ad un amico, a qualcuno che abbiamo cambiato e che ci ha cambiato a sua volta.

Even though we’ll be gone, it’s like Mr. Robot said: We’ll always be a part of Elliot Alderson. And we’ll be the best part, because we’re the part that always showed up. We’re the part that stayed. We’re the part that changed him. And who wouldn’t be proud of that?

Anche quando non ci saremo più, come ha detto Mr. Robot, saremo sempre una parte di Elliot Alderson. E ne saremo la parte migliore, perché siamo la parte che ha lottato per resistere. La parte che ha resistito. La parte che lo ha cambiato. E chi non ne sarebbe fiero?

Sam Esmail ci ha fatto un dono prezioso: attraverso Mr. Robot ci ha permesso di partecipare ad una incredibile storia. Non solo vederla, ma farne esperienza, viverla. Siamo cambiati grazie ad essa, così come è cambiato il suo protagonista.

Episodio 4×13

Ecco la ragione per cui il finale di Mr. Robot è un bentornato, nonostante abbia il sapore di un addio.

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