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Mad Men è il romanzo dell’inadeguatezza

ATTENZIONE: questo articolo contiene SPOILER su Mad Men.

Viviamo in un mondo in cui l’uomo precipita, spinto giù dalla cima di un grattacielo da una società che lo vuole al meglio in ogni occasione e che non accetta il fallimento, la pausa, gli errori. Non c’è tempo per se stessi perché ogni istante passato a preoccuparsi di essere e non di apparire è un istante perso per la società, che non ci mette nulla a trovare un rimpiazzo, qualcuno che possa fare il suo gioco senza lamentarsi. Nella New York degli anni Sessanta, la situazione non è poi così diversa da quella attuale. L’individuo non è altro che un ingranaggio, utile per tenere in movimento un meccanismo complesso, sì, ma che non appena viene sfiorato dalla ruggine è sostituito con un pezzo nuovo, forgiato nello stesso identico modo.

In Mad Men scopriamo che il senso di inadeguatezza dell’essere umano, persino in un periodo che visto da fuori può sembrare il regno del progresso e della crescita economica, non è mai venuto meno, anzi. I protagonisti della serie sono fin troppo abituati a farsi strada scalciando, passando sugli altri e non preoccupandosi di nient’altro se non dell’immagine che traspare di loro stessi. Vedono nell’apparenza l’unico modo per dimostrare il proprio potere sugli altri, per fare sfoggio di uno status privo di valore reale.

mad men ep 1

Fin dalle prime inquadrature, Mad Men porta sullo schermo questo senso di inadeguatezza.

Guardando il pilot della serie, lo spettatore viene catapultato subito in un periodo che gli è familiare ma che lo fa sentire fuori luogo. Sente un contrasto tra ciò che sta guardando e ciò che ha intorno, e capisce di trovarsi di fronte a qualcosa che lo metterà a dura prova perché si rivelerà vero e potente. Dai primi minuti veniamo trascinati nella scena da un cinico e disilluso Don Draper (Jon Hamm), la cui filosofia di vita non fa che ricordarci, a ogni episodio, quanto sia facile essere insoddisfatti di ciò che si ha, quando ci si concentra a guardare solo ciò che non si possiede. È proprio questo il compito dei pubblicitari della Sterling & Cooper. Instillare nel pubblico il dubbio di non essere abbastanza, di non possedere abbastanza, di non fare abbastanza nella vita di tutti i giorni.

Solo comprando il prodotto che le agenzie vengono pagate per pubblicizzare, le masse possono sentirsi complete e adeguate, capite e a posto con se stesse. I “mad men” dell’agenzia pubblicitaria di New York offrono una luccicante e ingannevole soluzione al vuoto di una vita grigia e monotona, facendo della vana promessa di una vita piena di colori il loro mestiere. Vendono illusioni impacchettate alla perfezione, scatole prive di contenuto da tenere in mostra su uno scaffale. Ma vendere involucri privi di peso non fa altro che allargare irrimediabilmente il senso di vuoto e malessere di ciascuno di loro, primo fra tutti quello di Don Draper.

Don si è sempre sentito fuori posto nei propri panni. Non era abbastanza come Dick Whitman, così come dopo un po’ di tempo passato fingendo di essere un altro, ha capito che nemmeno Don Draper poteva dargli ciò che cercava. Redenzione, comprensione, affetto incondizionato, pace interiore.

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Ma Don Draper non è l’unica vittima di una società che fagocita senza fermarsi.

Chi più, chi meno, i protagonisti della serie di Matthew Weiner hanno dovuto fare i conti con la propria impotenza, con l’idea di non andare bene in più di una circostanza. C’è chi affronta questa sensazione riversando le proprie frustrazioni sugli altri, chi mettendo tutto se stesso in un lavoro alienante, chi battendosi per ciò in cui crede. Ma c’è anche chi viene soffocato da una vita asfissiante, da responsabilità troppo pesanti da affrontare, da sbagli commessi senza possibilità di riscatto. Non tutti hanno la forza necessaria per prendere coscienza di un sistema che non va e reagire di petto. Non è prerogativa di chiunque saper sciogliere il nodo di un cappio che stringe il collo e mozza il respiro ogni giorno.

Cercare quotidianamente di essere sempre la versione migliore di se stessi può danneggiare se non ci si ferma a pensare ai motivi per cui lo si vuole fare e ai sacrifici che sono stati fatti per arrivare a quel punto. La maggior parte del tempo, i pubblicitari della Sterling & Cooper dimenticano di essere uomini e giocano a fare Dio, tenendo in pugno le vite degli altri per non dover rischiare di gestire le proprie, abbandonate nel caos. Ma sono i sentimenti a renderli umani, e provare sentimenti vuole dire anche dover fare i conti con il dolore che ne deriva, con i sensi di colpa, con la realtà più dura e pura.

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Tutto questo, però, lo capiamo solo alla fine, quando Don Draper esplode cuna mina vagante e si mostra vulnerabile più che mai, quando scopre che a volte l’unico modo per non sentirsi inadeguati nei confronti del mondo è fare pace con se stessi e con i propri fantasmi. Non siamo manchevoli in qualcosa, siamo solo esseri umani, fatti anche di carne, paure e insicurezze. Meritiamo una seconda possibilità, ma siamo noi stessi in primis a dovercela concedere. Se non lo facciamo non c’è più scampo, veniamo schiacciati dai macigni del mondo esterno.

Mad Men è il romanzo dell’inadeguatezza e, come tale, offre un viaggio di sola andata verso l’unica strada possibile per non sentirsi sbagliati. Concedersi del tempo per sé, allontanare quanto di nocivo e grigio possa esserci nella nostra vita, riprendere in mano le redini delle nostre emozioni e cavalcare insieme a loro. Attraverso il percorso di Don Draper identifichiamo finalmente il vero messaggio di questa serie: l’importanza di riconoscersi umani e di non dimenticarlo mai in una società che ci vuole anestetizzati, privi di sentimenti e di personalità.

Per trovare il nostro posto nel mondo occorre, prima di tutto, trovarne uno per noi stessi nel fondo della nostra anima.

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