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15 dettagli maniacali che dimostrano ancora una volta quanto sia straordinaria Mad Men

Mad Men è il primo vero drama di successo per la AMC. Il capolavoro di sette stagioni di Matthew Weiner. La serie televisiva che, dal 2007 al 2015, ha riportato il pubblico indietro agli anni Sessanta, quando il sogno americano era più vivo che mai nell’immaginario collettivo e il fumo annebbiava ancora tutti gli angolo di ogni edificio. Il mondo della pubblicità godeva del suo massimo splendore e la società si muoveva freneticamente senza riuscire a fermarsi neanche per un istante. Una delle serie meglio scritte di tutti i tempi, un ritratto fin troppo veritiero stile di vita dei pubblicitari americani di quegli anni, dei rapporti e delle relazioni tra colleghi, e anche un quadro realistico sul periodo storico nel quale è ambientata, con tutti gli avvenimenti più significativi che lo hanno caratterizzato.

Donald Draper (Jon Hamm) e i suoi colleghi, Roger (John Slattery), Bert (Robert Morse), Peggy (Elisabeth Moss), Pete (Vincent Kartheiser) e Joan (Christina Hendricks), ma anche gli altri personaggi, hanno reso speciale la serie e hanno contribuito a dare ancora più valore a tutti i suoi particolari. Ma il successo di Mad Men non sarebbe stato così eclatante se i produttori e gli ideatori di questo drama statunitense non avessero avuto un’attenzione maniacale per i dettagli. Per dimostrarvi ancora una volta che è valsa la pena godersi tutte d’un fiato le sette stagioni che la compongono, non possiamo che parlarvi di alcuni particolari che l’hanno resa unica.

Ecco 15 dettagli maniacali che ci ricordano, ancora una volta, quanto Mad Men sia una serie tv senza pari.

1) L’opening theme che non nasce dal nulla

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Vertigo (640×400)

Iniziamo con un piccolo tocco di classe. In questo caso il riferimento è lampante. L’opening theme di Mad Men, ideata dalla Imaginary Forces, riprende alcuni elementi della locandina di Vertigo – La donna che visse due volte, film del 1958 diretto da Alfred Hitchcock. Con i titoli che precipitano dalla parte superiore dello schermo e questo design vorticoso divenuto poi iconico quasi più per la serie che per il thriller (che oggi magari, non tutti hanno visto). Ma questo non è l’unico elemento che Matthew Weiner ha preso in prestito dal famosissimo designer Saul Bass, a cui era stata affidata la creazione della locandina di Vertigo. Bass è, infatti, anche il creatore di un altro manifesto pubblicitario, quello per Intrigo Internazionale (1959), di nuovo un film di Alfred Hitchcock uscito alla fine degli anni Cinquanta, proprio nel periodo precedente a quello in cui l’avventura di Don Draper e dei suoi folli colleghi ha inizio. L’ossessione per i grattacieli da cui un bidimensionale Don precipita è ripresa dalle idee e dal magistrale lavoro di questo illustratore statunitense.

2) L’omaggio a Il silenzio degli innocenti

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Il silenzio degli innocenti (640×381)

Ma non pensate che Hitchcock sia l’unico regista a essere stato omaggiato dalla produzione della serie. Anche il lavoro di Jonathan Demme con Il silenzio degli Innocenti (1991) è stato incredibilmente apprezzato. Molti di voi ricorderanno infatti che, nel primo episodio del drama sui pubblicitari degli anni Sessanta, Peggy Olson (Elisabeth Moss) è emozionata e pronta a dare avvio alla sua carriera come segretaria all’interno della Sterling & Cooper. La vediamo quindi salire in un ascensore gremita di persone, di uomini in realtà. Lei è al centro dell’inquadratura, vestita con abiti chiari che contrastano con il grigio dei completi indossati dagli uomini alle sue spalle. Si sente in soggezione, al centro degli sguardi, dei sorrisini squallidi e dei commenti di quelli che con il tempo diventeranno i suoi colleghi. Proprio questa scena riporta alla mente quella che vedete in foto. Nel thriller con protagonista un magistrale Anthony Hopkins, Jodie Foster compie le stesse azioni di Elisabeth Moss. Sale in un ascensore ed è al centro dell’inquadratura, con una felpa grigio chiaro che visivamente la distingue dagli uomini in scena con lei. Entrambe si stanno avventurando in un mondo fino a quel momento quasi estraneo alle donne, con la consapevolezza di dover riuscire a sopravvivere.

3) I colori in Mad Men non sono mai lasciati al caso

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Betty Draper (640×362)

Ci troviamo nell’episodio 1×07 di Mad Men, intitolato Una piccola vendetta. Siamo a metà della prima stagione e la serie di Matthew Weiner ha già dimostrato di essere un covo di rimandi e citazioni, senza trascurare alcun particolare. Ma c’è un momento particolare, in questa puntata, in cui il talento del regista e di tutta la troupe è ancora più evidente. Betty Draper è in un supermercato. Ogni cosa intorno a lei sembra esplodere i colori. Verdura, frutta, pareti, vestiti dei clienti sparsi fra i corridoi. Tutto è così popolato di sfumature. Tutto tranne lei. L’unica a stonare rispetto all’ambiente è la moglie del pubblicitario più in gamba della Sterling & Cooper. Ha indosso abiti dai colori chiari, spenti, con delle tonalità che ne rispecchiano lo stato d’animo e che tendono a mettere in risalto la sua inadeguatezza rispetto all’epoca in cui vive, rispetto alle persone che lo popolano e rispetto a uno stile di vita che ogni giorno le va sempre più stretto. In quell’omogeneità di colori Betty risalta in quanto personaggio principale e, soprattutto, in quanto donna che ha un lungo percorso ancora da intraprendere.

4) Scrivanie curate nel minimo dettaglio

Mad men
Mad Men (640×358)

Lo capiamo fin dal primo momento in cui facciamo il nostro ingresso nella Sterling & Cooper. Qui nulla è fuori posto e nessun angolo del set è stato trascurato. Quando vediamo Elisabeth Moss entrare nell’agenzia pubblicitaria un po’ spaesata e quando la vediamo incontrare per la prima volta il personaggio interpretato da Jon Hamm, non possiamo non fare caso all’ordine che regna sovrano in quelle sale. Ogni creativo, ogni membro più importante dell’agenzia ha una segretaria e la scrivania di ciascuna è stata curata nei minimi dettagli, affinché tutto sembrasse reale e permettesse al pubblico di immedesimarsi. Tutte le impiegate hanno un vecchio Rolodex, ovvero un tipo di schedario in uso fino all’inizio degli anni Novanta, che è stato appositamente riempito di nomi, indirizzi e recapiti telefonici. Inoltre, ogni tavolo è stato decorato con note, appunti, fogli formattati e compilati appositamente per la serie. L’impressione doveva essere quella di un ufficio sempre in movimento, di una frenesia quotidiana che serviva a replicare alla perfezione anche gli ideali della società instancabile di quegli anni.

5) Il fil rouge che collega più episodi di Mad Men

Meditations in an Emergency
Meditations in an Emergency (640×396)

Per la prima volta nell’episodio 2×01 della serie (Nuovi, giovani e creativi), incontriamo il testo del poeta Frank O’Hara, intitolato Meditations in an Emergency, del 1957. Il personaggio interpretato da Jon Hamm osserva un uomo in un bar che ha tra le mani questo volume e ne è irrimediabilmente attratto. Decide di prenderlo e viene attratto dalla poesia Mayakovsky, inserita nella raccolta e ne trascrive alcuni versi: Now I am quietly waiting for / the catastrophe of my personality / to seem beautiful again, / and interesting, and modern.

Don percepisce che una crisi è vicina, una crisi individuale e una crisi storica, e non è infatti un caso che il libro torni ancora nell’episodio 2×12 e, poi, nel finale di stagione. Quest’ultimo, infatti è proprio intitolato Meditations in an Emergency (in italiano tradotto con Rivelazioni) e affronta la crisi missilistica di Cuba del 1962. In un episodio in cui tutti sono messi di fronte alle conseguenze delle proprie menzogne e sono costretti ad affrontarle, la crisi è avvenuta e le parole di O’Hara si rivelano più vere che mai, soprattutto se si pensa che possono essere anche un riferimento al destino di Don Draper nel finale della serie.

6) Il disastro della Mohawk

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Mohawk Airlines (640×372)

Siamo nel secondo episodio della seconda stagione quando un tragico incidente aereo coinvolge la Mohawk Airlines e il padre di uno dei personaggi principali della serie (Pete Campbell) perde la vita durante la traversata. A questo punto, per la Sterling & Cooper che rappresenta la multinazionale si pone un problema: continuare a pubblicizzare la Mohawk oppure abbandonare la nave (in questo caso l’aereo) prima che affondi definitivamente? Don Draper e i suoi colleghi, alla fine, optano per questa seconda alternativa. Ed è proprio qui che Matthew Weiner ha nascosto un altro incredibile dettaglio. Quando a fine episodio Don è da solo, seduto in un ristorante davanti al suo immancabile bicchierino, una musica rende vibrante l’atmosfera. È una canzone intitolata Sukiyaki e a cantarla in origine è il giapponese Kyū Sakamoto, morto il 12 agosto 1985 proprio a causa di un incidente aereo. Nel suo caso a precipitare non è stato un volo della Mohawk Airlines ma della Japan Airlines. Un omaggio che ha scaldato il cuore a molti spettatori.

7) La fine del sogno americano

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Episodio 3×12 (640×374)

Facciamo un salto dalla seconda alla terza stagione e precipitiamoci invece quasi alla fine, nell’episodio 3×12, intitolato, non a caso, La fine di un’era. È il 22 novembre del 1963 e quella data vuol dire solo una cosa: l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, 35° Presidente degli Stati Uniti. Il tema, nell’episodio della serie della AMC viene trattato con delicatezza e sullo schermo viene riportata la realistica reazione dei cittadini americani al tragico avvenimento. Dunque è chiaro che con “la fine di un’era” ci si riferisce alla fine del sogno americano e di tutto ciò che Kennedy rappresentava per gli americani. Ma nell’episodio la storia di Don Draper viene portata avanti in parallelo con quella della storia degli Stati Uniti, e mentre tutti vivono questa profonda delusione per il paese, il personaggio interpretato da Jon Hamm vive la fine della sua personalissima era, quella del suo matrimonio con Betty. La 3×12 è la puntata della disillusione, dei sogni infranti e del lutto per qualcosa di irrecuperabile. Il matrimonio che Don ha cercato di tenere in piedi fino alla fine, nonostante si stesse accartocciando su sé stesso e la vita di un uomo che avrebbe rappresentato la libertà che tutti desideravano. Ogni cosa si interrompe bruscamente.

8) Le vere campagne pubblicitarie

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Pubblicità Heinz (640×385)

Inutile dire quanto le pubblicità ideate dai protagonisti della serie siano simili a quelle realizzate veramente. La pubblicità della Kodak, per esempio, o anche quella della Mohawk, per rimanere in tema, o ancora quella Samsonite. Nel corso di sei stagioni la creatività dei membri della Sterling & Cooper è stata messa alla prova più volte e, alla fine, ne sono quasi sempre risultati vincitori, proponendo ai loro clienti delle soluzioni uniche e irripetibili. Ma c’è stata una campagna pubblicitaria in particolare che ha riscosso un notevole successo sia dentro che fuori la serie. Durante una puntata della sesta stagione, i pubblicitari hanno avuto l’opportunità di studiare una strategia di vendita per i prodotti Heinz, soprattutto per il Ketchup. Nella loro scelta, non veniva mai mostrato il prodotto, ma alla scritta “Pass the Heinz” (“Passami l’Heinz“) venivano associate solo immagini di cibi, dando per scontato che i prodotti Heinz fossero gli unici con cui condire i propri pasti. Ebbene, in onore del decimo anniversario della serie, Heinz ha deciso di utilizzare davvero la campagna di Don Draper e ha stampato e affisso i cartelloni pubblicitari a New York – tra la 7th Avenue e 49th Street, la 10th Avenue e la 29th Street, e tra la 23rd Street e la Highline, citando il nome di Draper e di Matthew Weiner.

9) L’attenzione a costumi e condizioni atmosferiche

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Sterling Cooper Draper Pryce (640×385)

Oltre a essere un drama storicamente molto accurato, il prodotto della AMC è anche una serie in costume, e in quanto tale, da parte della produzione c’è stata un’attenzione maniacale anche ai dettagli riguardanti l’abbigliamento dei personaggi. Ogni abito riflette lo stile dei protagonisti, ogni colore serve a trasmettere agli spettatori lo stato d’animo di chi lo indossa, ma questi non sono gli unici elementi di cui i creatori hanno tenuto conto nella realizzazione dei costumi. Tutti riflettono, infatti, anche l’attenzione alle condizioni atmosferiche. Nella realizzazione dei completi e dei vestiti è stato tenuto da conto anche il clima di quegli anni. Per esempio, gli episodi ambientati in anni in cui gli inverni sono stati particolarmente caldi hanno fatto creare dei completi pesanti ma dai colori più luminosi, quasi come si trattasse di abiti primaverili. Stessa cosa per quanto riguarda invece i periodi molto freddi, in cui l’abbigliamento di Jon Hamm e degli altri attori è stato lasciato più cupo. Dettagli come questo passano spesso inosservati, ma dimostrano, ancora una volta, quante energie lo showrunner e il resto della troupe abbiano dedicato affinché la serie fosse perfetta sotto ogni punto di vista.

10) L’evoluzione di Don Draper attraverso i suoi orologi

don draper
Don Draper (640×394)

Un altro interessantissimo particolare si può trovare al polso di Don Draper. Un dettaglio che solo i più attenti avranno notato. Anche gli orologi possono essere indicativi di un’epoca e di un certo stile di vita, e infatti, nel corso delle stagioni, il direttore creativo della Sterling & Cooper cambia spesso orologio (sono quasi sempre usati pezzi vintage originali presi in prestito da Derek Dier, responsabile di WatchesToBuy). Nella prima stagione, quando il percorso di Don è appena cominciato, il pubblicitario indossa un orologio scuro con un piccolo quadrante bianco al centro, un pezzo molto comune tra gli uomini d’affari degli anni Sessanta, un Master Memovox di Jaeger-LeCoultre.

Nella seconda stagione ne indossa un altro della stessa marca, il Reverso Classique in oro giallo, un pezzo davvero di tendenza per quel periodo. Quest’ultimo diventa così iconico che nel 2012 Jaeger-LeCoultre collabora con i creatori della serie per crearne un modello che fosse un tributo alla serie (con inciso sul fondello il logo della Sterling Cooper Draper Pryce). Nella quarta stagione Don collabora con la Rolex per una campagna, e dunque è un orologio di questa marca che porta al polso (un Rolex Explorer I), mentre nella quinta la produzione opta per un altro modello molto in voga negli anni Sessanta, l’Omega Seamaster DeVille, un pezzo davvero elegante e che dimostra ancora una volta quanto sia cresciuto il valore del contributo di Don all’interno dell’agenzia.

11) Anche la frutta è il simbolo di un’epoca

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Paul Kinsey (640×375)

Un altro dettaglio apparentemente insignificante ma che, in realtà, conferma l’attenzione maniacale della produzione alla fedeltà storica della serie. Nelle scene in cui i personaggi mangiano della frutta, nelle cene e negli eventi a cui i protagonisti della serie vengono spesso invitati, ma anche in quei momenti in cui vediamo sullo sfondo dei supermercati sempre fornitissimi (come nella puntata 1×07 di cui vi abbiamo parlato poco fa), è stata usata solo frutta di piccole dimensioni. Questo folle particolare è dovuto al fatto che nell’epoca in cui la serie è ambientata, la frutta non poteva sembrare luccicante e grande come quella che noi siamo abituati a trovarci di fronte quando andiamo a fare la spesa, quella trattata e coltivata in maniera più selettiva affinché appaia sempre più fresca. Dunque, la produzione si è assicurata che tutto fosse accurato, credibile e trasmettesse il più possibile un’idea di realismo.

12) Ogni nome in Mad Men nasconde un rimando

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Campbell Soup (640×365)

Ebbene sì, anche nella fase di scrittura molti particolari sono stati accuratamente nascosti e camuffati, ma all’occhio dei fan più attenti non saranno certo passati inosservati. I nomi di alcuni personaggi, per esempio, celano dei riferimenti a eventi o oggetti famosi nell’epoca in cui la serie è ambientata. Riportiamo il più evidente e, forse il più simpatico. Pete Campbell (Vincent Kartheiser) è un uomo da molti ritenuto viscido, egoista, opportunista fino ai limiti del possibile. Un uomo che riflette tanto ma, alla fine, evolve poco rispetto ad altri personaggi della serie. Una risorsa essenziale per l’agenzia newyorkese, ma un individuo che tutti mal sopportano fin dalla prima stagione. Il suo cognome, oramai sarà evidente a chiunque, è in realtà un riferimento non solo all’opera di Andy Warhol intitolata Campbell Soup Cans, ma anche semplicemente all’industria conserviera americana che aveva raggiunto il suo massimo splendore proprio negli anni in cui il drama di Matthew Weiner è ambientato. Ci avevate mai fatto caso?

13) Il vero significato dietro The Best Things in Life Are Free

bert cooper
Bertram Cooper (640×379)

La 7×07 (Waterloo) è una puntata estremamente commovente. Nel giorno in cui l’Apollo 11 atterra sulla luna, si spegne uno dei personaggi più amati della serie, Bert Cooper, il cuore pulsante dell’agenzia pubblicitaria. La sua scomparsa è un duro colpo per Don e i suoi colleghi, più di quanto non vogliano ammettere. E infatti il personaggio interpretato da Jon Hamm, alla fine dell’episodio, ha una visione del suo vecchio collega che, scalzo come sempre, canta The Best Things in Life Are Free nei corridoi dell’agenzia. Ma perché questo particolare è così importante? Perché Don è sempre stato un uomo incapace di accontentarsi, sempre alla frenetica ricerca di una soddisfazione lavorativa che potesse riempire il vuoto lasciato dalla sua vita sentimentale. Un uomo incapace di cogliere la vera bellezza di alcuni momenti, di apprezzarne il vero valore. Ma piano piano inizia a comprenderlo e, se alla fine ci riesce, è merito anche di questa visione. Le cose migliori nella vita sono quelle “gratuite”. I piccoli gesti, i rapporti tra le persone (come quello tra Don e Peggy, interpretata da Elisabeth Moss, di cui il pubblicitario inizia piano piano ad apprezzare l’unicità) e la pace interiore.

14) La colonna sonora alla fine di ogni episodio

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Don Draper (640×375)

Non è solo la sigla di apertura di ogni episodio a nascondere delle chicche, anche nei titoli di coda si celano dettagli che rimangono forse sconosciuti ai più. Alla fine di ciascuna puntata, lo schermo diventa nero e iniziano a scorrere i titoli di coda accompagnati sempre da una canzone diversa. Le canzoni che la produzione sceglie di inserire al termine della puntata ne riflettono in realtà le tematiche e servono per far rimanere ancora gli spettatori all’interno della storia. Ma è importante notare anche che tutte (o quasi) le musiche utilizzate risalgono agli anni in cui gli episodi sono ambientati. Fatta eccezione per poche melodie che rispecchiano il tema portante ma non sono precisamente contemporanee, le altre sono sempre state rispettose dell’epoca in cui il drama è ambientato e non sono mai andate più in là con la data. Un’incredibile coerenza interna, quindi, non solo nella scelta dei dettagli di scenografia, ma anche nei particolari esterni alla serie.

15) Il doppio significato del finale di Mad Men

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Don Draper (640×395)

Eccolo qui, un finale che racchiude il significato dell’intera serie, una conclusione in cui mille indizi sono stati dati agli spettatori, sperando che venissero messi insieme e tutti giungessero alla stessa conclusione. Don è alla ricerca di sé stesso, una volta per tutte, ed è proprio qui che ha la sua ultima (per quanto ne sappiamo) illuminazione. Si trova in un luogo che ricorda fin troppo bene l’ambientazione della pubblicità della Coca Cola del 1971, tanti hippie in mezzo a un prato verdissimo. Poco prima Peggy (Elisabeth Moss) al telefono gli ha chiesto di tornare in agenzia per occuparsi della pubblicità della Coca Cola, un affare importantissimo, e durante il suo soggiorno Don ha incontrato numerosi personaggi che potrebbero essergli serviti da ispirazione per l’ideazione di questa campagna pubblicitaria. Sono tutti indizi che la produzione ha sparso nel finale. La melodia che si sente negli ultimi secondi dell’episodio è proprio quella della famosa pubblicità e accompagna il sorriso di un soddisfatto Don Draper. L’espressione di hi ha appena avuto l’idea migliore della sua vita.

Eppure niente ci viene detto esplicitamente, non sapremo mai se Don ha creato o no quel famosissimo spot pubblicitario della Coca Cola, ma Matthew Weiner ama seminare dettagli per tutta la serie, ed è questo che ha reso Mad Men un prodotto unico nel suo genere.

Mad Men: Donald Draper, un uomo senza qualità