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La Critica Distruttiva – Lunatica Luna Nera

Se credete che io oggi sia qui a lamentarmi di Luna Nera vi sbagliate. Questa volta La Critica Distruttiva ha acceso la tv con un sorriso di derisione per poi ritrovarsi a divorare un episodio dopo l’altro, contro ogni aspettativa. Ne ho sentito parlare con tanto astio da arrivare a credere che fosse l’ennesima pacchianata italiana di scarso livello, con una pessima recitazione e una trama grossolana. Implicito il fatto che non sia un capolavoro né tantomeno un’opera d’arte, devo però dire ai super critici che questa volta il loro giudizio è stato più crudele di quello della sottoscritta. Mi hanno fatto pensare ad alcuni miei compaesani, i quali si lamentano del fatto che “dalle nostre parti non succede mai niente”, ma che quando si riesce a organizzare qualcosa di carino si trasformano in cani da tartufo e ne scovano ogni singolo difetto.

Ok, no, lo ammetto. Forse sono stata un po’ di parte, considerando il mio amore per la stregoneria e l’esoterismo, e può darsi che guardando Luna Nera assomigliassi vagamente a mia madre alle prese con A un passo dal cielo. La mia parte razionale era consapevole del fatto che non fosse il massimo della vita, ma non potevo fare a meno di guardarla con gli occhi a cuoricino. In ogni caso, siccome la mia missione è quella di demolire tutto ciò che può essere demolito, oggi La Critica Distruttiva criticherà se stessa e il suo discutibile gusto, superando i confini del masochismo.

Una serie volubile come le fasi lunari

Luna Nera

Luna Nera è una serie con una personalità sua: senza dubbio capricciosa, altalenante e incerta. Per farla breve, è un po’ lunatica. Forse mi ci sono affezionata perché un po’ mi somiglia. Il bello è che, episodio dopo episodio, non abbiamo la più pallida idea di cosa ci aspetta: se una travagliata storia d’amore in stile Romeo e Giulietta a tinte laziali, una cruenta caccia alle streghe o un manifesto femminista a tutti gli effetti. Nell’insieme le premesse non sono affatto male, ma non sono bastate per evitare la gogna pubblica.

Riconosco che questa serie sguazza in un mare di incongruenze e stereotipi, ma il suo difetto principale consiste nel non aver ancora ben capito cosa vuole essere. Non è un fantasy a tutti gli effetti, pur contenendone molti elementi (in questo senso, potrebbe essere addirittura fondamentale per la riscoperta del fantasy italiano). Il taglio storico è abbastanza accurato, ma l’aspetto romanzato spinge la storia in una direzione indefinita, a metà tra Shakespeare e Sebastiano Vassalli (autore de La Chimera, un romanzo sul periodo dell’Inquisizione in Italia che consiglio vivamente). Insomma: non è un fantasy, non è una serie storica… sa solo quello che non è.

In Luna Nera vale la regola del “parla come mangi”

Ora cerchiamo di capire il motivo (inspiegabile) per cui sono l’unica nel mondo ad aver apprezzato questa serie. Innanzitutto, possiamo scordarci il doppiaggio dalla dizione perfetta dei film hollywoodiani a cui siamo tanto abituati. Per molti la tragedia è già annunciata così. Qui abbiamo a che fare con attori teatrali nuovi nel mondo del piccolo schermo, bravi ma non bravissimi, che perlopiù parlano con uno spiccato accento romano.

A quanto pare ormai il sogno americano ci ha contagiati sino a convincerci che nel Lazio sia normale non possedere un’inflessione linguistica. Ok. Non importa che ci si trovi a Monterano o a Miami, il pubblico gli accenti non li vuole. E quindi Luna Nera non vale la pena, perché sicuramente sarà l’ultima fiction di bassa lega, dove gli attori enfatizzano tutto (vero) e recitano come mio nipote di tre anni (non proprio). Insomma, il mondo forse non è ancora pronto a una serie che segue il detto “parla come mangi”. Forse non lo sarà mai. In ogni caso la questione linguistica non è l’unico sassolino nella scarpa che infastidisce gli spettatori.

Ade e Pietro riesumano le vicende shakespeariane

Luna Nera

Folle è l’uomo che parla alla Luna. Stolto chi non le presta ascolto.

– William Shakespeare

Il tragico idillio di Romeo e Giulietta si sposta da Verona alle campagne romane in un battito di ciglia. Cambiano i nomi, il contesto è diverso, ma la straziante relazione tra Pietro e Ade ricorda un po’ troppo il dramma scritto dall’illustrissimo William Shakespeare. Qui non si parla di Montecchi e Capuleti, ma di maghe e Benandanti, della strenua lotta tra scienza e religione tra apertura mentale e convinta ignoranza, e dell’abisso che si staglia tra una buona sceneggiatura e una discutibile.

Sono proprio i dialoghi poco spontanei e gli “spunti” trafugati ai grandi classici a gettare acqua sul fuoco, soffocando la travolgente passione che dovrebbe ardere nei due giovani innamorati e negli animi degli spettatori a casa. D’altra parte, degli attori alle prime armi è facile che finiscano per interpretare degli amanti alle prime armi, ma proprio questo dolce alone di ingenuità mi ha commossa un po’. Temo di essermi intenerita troppo.

The Dark Side of Luna Nera

luna nera

In questo caso il lato oscuro di Luna Nera è quello che mi sono rifiutata di vedere fino ad ora. Il femminismo stereotipato (di cui si parla anche nella recensione della serie), la sceneggiatura zoppicante, la caratterizzazione dei personaggi a tratti davvero debole, sono tutti elementi che giustificano le lamentele e le eventuali critiche che mi si potrebbero rivolgere (è un loop in cui sono caduta senza rendermene conto e vi giuro che sto cercando di uscirne). Eppure la mia dura corazza si è incrinata al primo ascolto della sigla d’apertura, e poi in tutti i momenti successivi.

Le tematiche portanti, le ambientazioni, lo spirito intraprendente, mi fanno credere che nella televisione italiana ci siano ancora menti creative che hanno voglia di sperimentare, rischiare e immaginare mondi nuovi. Continuo a sentire una vocina nella mia testa che mi dice “questa serie ha la stessa sapidità del brodino di pollo quando sei malata“, eppure io non ci credo. Voglio darle fiducia, per poi pentirmene amaramente e, nel caso, lamentarmi fino allo sfinimento con voi. Però, forse questa Luna ha ancora un lato nascosto da mostrarci, e può darsi che sia il migliore di tutti.

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