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Serie TV - Hall of Series » Lost » L’isola che non c’è

L’isola che non c’è

Seconda stella a destra, questo è il cammino. E poi dritto, fino al mattino poi la strada la trovi da te, porta all’isola che non c’è“. Con queste parole Bennato riempiva le radio negli anni ’80, fino a farle diventare un capolavoro senza tempo del cantautorato italiano. Per giungere sulla misteriosa isola di Lost, invece, il percorso è un po’ più travagliato e prevede una serie di turbolenze aeree.

Addentrarsi nel percorso a ostacoli che è la mitologia di Lost, è un atto coraggioso tanto quanto affrontare la traversata aerea che ne costituisce il tragitto. Le teorie che sono state sviluppate in merito sono tantissime, da chi riteneva che l’Isola fosse il Purgatorio a chi la assimilava a un vero e proprio viaggio onirico.

Il dato certo e inconfutabile è che l’Isola di Lost è un luogo salvifico, la rotta nella perdizione.

Lost

Quel ritaglio di mondo costituisce l’approdo delle anime spente, perse.
La vera chiave di volta di Lost è il paradosso. I sopravvissuti erano identità sbiadite delle loro vite. L’Isola non è il mezzo di perdizione, bensì la bussola che li pone al cospetto del loro Io e che tesse la tela affinché si ritrovino.

Sulla bilancia del Destino si pongono i due poli opposti della Fede e della Ragione. L’incoscienza di rimanere ancorati in maniera miope ed eccessiva a uno solo di questi poli è il filo rosso che percorre l’intera serie, trovando incarnazione nei personaggi di Locke e di Jack.

“Non è un’isola. È un posto in cui avvengono i miracoli”
“Non esistono i miracoli”

È il luogo in cui non esistono regole: i losties sono intrappolati nella tempra lunatica dell’Isola, che diventa un personaggio a sé stante.

Lost

Le leggi della fisica sono annullate in favore del misticismo e della volubilità. C’è una sorta di casualità elettromagnetica intorno alla quale ruotano prodezze e pericoli: il tempo segue una linea alternativa e le fondamenta delle nostre convinzioni umane e scientifiche vengono confutate con dirompente ferocia.

L’Isola guarisce dai mali fisici e dai mali dell’anima, ma tutto avviene dietro il corrispettivo di un prezzo che varia da persona a persona. Sovente il suggello dell’ascensione è il coraggio del sacrificio.

L’Isola, nel suo essere cocciutamente capricciosa, travalica i confini dello spazio-tempo e travolge anche noi incoscienti spettatori. Ci pone dinanzi alla brutalità primitiva del vivere sociale, la necessità inequivocabile di smussare il nostro essere per adattarci alla società Live together, die alone”. L’Isola frantuma quei confini e il piattume dello schermo mentre noi, nell’inconsapevolezza della visione, lasciamo emergere le nostre paure e, nel silenzio della riflessione, siamo costretti ad affrontarle.

“E non è un’invenzione. E neanche un gioco di parole. Se ci credi ti basta perché poi la strada la trovi da te”

Ci sono viaggi che ti cambiano la vita, nella maggior parte dei casi questo avviene quando si ha paura di partire. Nel piccolo micro universo dell’Isola di Lost viene ricreato, con enfasi egocentrica, il caos ingestibile della società e il nostro essere mine allo sbaraglio.
Siamo alla continua ricerca di un posto nel mondo, qualcosa che ci gratifichi e qualifichi.

Lost non è una serie tv moderna e non siamo neanche tanto sicuri che sarebbe stata migliore se fosse nata oggi. Tuttavia il significato profondo che racchiude, come ogni grande capolavoro, si protrae nel tempo riuscendo a infrangere le regole della fisica, proprio come l’Isola.
Questo perché non rappresenta l’epoca di cui è figlia: rappresenta l’uomo, la sua natura e la sua difficoltà nello svincolarsi dalle convenzioni.

La società ci costringe a correre all’impazzata. Quando non sei abbastanza veloce e non riesci a tenere il passo sei fuori, emarginato. In bilico tra il bene e il male, l’uguale e il diverso, non sappiamo più chi siamo. Diventiamo noi stessi dei losties. A quel punto, se avremo l’ardire di infrangere le consuetudini, prendere fiato e ricominciare la nostra personale corsa, comprenderemo che il vincitore non è sempre il primo a tagliare il traguardo. Solo allora l’Isola avrà guarito un po’ anche noi e riusciremo a vivere insieme, senza morire da soli.

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