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15 cose che ho pensato rivedendo la prima puntata de La Tata a distanza di anni

Vi ricordate di La Tata? Gli episodi della serie, prodotta tra il 1993 e il 1999 e attualmente disponibile su Prime Video, sono per me un gran bel ricordo d’infanzia: li guardavo su Italia 1 quando ero ancora troppo piccola per capire almeno la metà delle battute e dei riferimenti, eppure ero sempre felice di poterne vedere uno, cosa che facevo proprio insieme alla mia baby-sitter. Il colorato ed eccentrico mondo di Francesca Cacace mi affascinava, la casa del signor Sheffield era ai miei occhi immensa e la simpatia di Niles mi travolgeva. Nella pratica, però, non avevo ancora la capacità di apprezzare la serie nella sua pienezza. Ma le cose sono cambiate, il tempo è passato e oggi eccomi qua, quasi ventottenne, appena dopo aver rivisto l’episodio pilota di La Tata con una consapevolezza nuova. Anzi, con più consapevolezze nuove: quella della mia maturità, quella dei tempi che sono cambiati e quella dei paradigmi delle serie tv che insieme ai tempi si sono evoluti. Insomma, a una nuova visione corrispondono necessariamente nuove idee e nuovi pensieri relativi a qualcosa che in sé è sempre uguale, ma che letto in un contesto diverso non può più essere lo stesso.

Idee e pensieri che oggi condivido con voi raccontandovi le 15 cose che ho pensato rivedendo a distanza di (moltissimi) anni il pilot di una serie che ha fatto la storia.

1 – Ah, questa sigla!

Iconica quasi tanto quanto quella di Willy, il principe di Bel-Air, la sigla della serie si fa cantare ancora oggi come allora ed è una di quelle che proprio non si possono dimenticare. Peccato che la mancata traduzione italiana però mi faccia perdere i tre quarti delle parole del testo e mi faccia sembrare un po’ mia madre quando canta in inglese.

La Tata
La Tata (640×360)

2 – “Un massaggio interruptus può dare il mal di testa”

Ecco, questa è proprio una di quelle battute che alla mia prima visione del pilot di sicuro non ho capito. E oggi, a distanza di anni, mi conferma quanto io avessi ragione ad adorare Niles.

3 – Sapere che Francesca non esiste mi spezza il cuore

Solo diversi anni dopo aver visto la serie ho scoperto che nella versione americana Francesca Cacace si chiama in realtà Fran Fine e che le sue origini italiane sono costruite ad arte solo nella nostra versione. E questa cosa, devo ammetterlo, riguardando la protagonista all’azione mi spezza un po’ il cuore.

4 – Hanno esagerato con l’Italia

A proposito delle origini italiane della protagonista della serie, mi sembra che abbiano un po’ esagerato con la geografia: la sua famiglia è ciociara ma solo in questo episodio nominano parenti e amici sparsi in tutto il Paese, da Miss Cerignola alla zia di Pozzuoli. Che senso ha nominare tutti questi posti data la destinazione a un pubblico prettamente italiano?

5 – “Ricco, straricco e vedovo da un po’ di settimane”

Siamo al minuto 4 della prima puntata della serie e Francesca Cacace si è già fatta riconoscere in tutta la sua irriverenza. Il personaggio è così iconico proprio perché non ha neanche un pelo sulla lingua, esattamente come testimoniato da questa definizione del suo capo che Francesca dà proprio davanti a lui. 100% lei, adorabile.

la tata
La Tata (640×360)

6 – Era davvero così facile ottenere un lavoro negli anni Novanta?

Francesca si presenta nella casa di un ricchissimo produttore per vendere cosmetici e nel giro di 30 minuti ottiene un lavoro remunerato a peso d’oro come tata responsabile dei suoi tre figli, due dei quali praticamente ancora bambini. Se all’epoca era davvero così semplice trovare lavoro, allora ho un nuovo buon motivo per voler tornare immediatamente agli anni Novanta.

7 – Brighton è il mio preferito

Ricordavo come Brighton fosse tra i tre figli di Maxwell quello che preferivo, il più ironico, sarcastico e pungente, ma non ricordavo lo fosse così tanto.

8 – Tra tanti posti, proprio il terrazzo del padre

Nel pilot de La Tata la figlia maggiore della famiglia Sheffield si trasforma da ragazzina a giovane donna durante una festa organizzata in casa dal padre, un’esperienza che culmina con il suo primo bacio a un cameriere. Ma dico io, cara Maggie, avendo a disposizione una casa che è praticamente una reggia e conoscendo la mentalità di tuo padre, proprio sul terrazzino del suo studio dovevi andare a limonare?

9 – Maxwell ha un che di Patrick Dempsey

Quando questo pilot è andato in onda per la prima volta – e anche quando io l’ho visto per la prima volta – Grey’s Anatomy non esisteva ancora. Rivederlo su Prime Video mi ha dato però la possibilità di rendermi conto di una cosa che nemmeno negli anni avevo mai notato: Maxwell somiglia a Derek Sheperd. Non so se è una questione relativa al capello fluente, alle espressioni del viso o una combo di entrambi, ma per me Charles Shaughnessy ha qualcosa che ricorda palesemente Patrick Dempsey. Change my mind.

La Tata
Maxwell Sheffield (640×360)

10 – “Un po’ di dolce aiuta a campare”

Beh, qui non ho molto altro da dire a parte un grosso grazie a zia Assunta, che riesce a riassumere in sette parole la mia intera filosofia di vita.

11 – Non so se Maxwell mi è simpatico come dovrebbe

Sì, certo, gli si vuole bene e sappiamo tutti come si evolverà la situazione tra lui e il personaggio di Fran Drescher, ma nel pilot non è proprio mister simpatia. Un esempio su tutti? Prima non vuole che i suoi figli partecipino alla festa che si tiene nel loro stesso salotto, ma appena si rende conto di quanto la loro presenza possa essere una miniera d’oro è ben felice di averli. Insomma, una scena che fa ridere ma anche riflettere.

12 – A vederla così, l’evoluzione di C.C. è a dir poco inaspettata

Il pilot de La Tata è palesemente costruito in modo da farci odiare C.C., colei che fin dal principio si capisce essere la principale rivale in amore di Francesca per accaparrarsi il cuore del signor Sheffield. Obiettivo raggiunto, mi viene da dire: C.C. risulta palesemente innamorata di Maxwell, e se non conoscessi già il finale della serie faticherei a pensare al fatto che un personaggio del genere possa avere la conclusione che poi avrà.

13 – Non arriverò mai a 36 anni come Fran Drescher

Sono passati 30 anni dal pilot della serie: l’interprete di Francesca Cacace all’epoca aveva 36 anni assolutamente non dimostrati e risultava credibilissima nei panni di un personaggio di 29. E quindi sì, un po’ di invidia per il suo processo di invecchiamento c’è, a maggior ragione dando un’occhiata alle sue foto di oggi e notando che non ha perso nulla del suo appeal.

14 – Un po’ troppi sorrisi forzati

Per tutta la durata dell’episodio Fran Drescher mantiene stampato sul suo volto quel sorriso a trentadue denti che nel tempo diventa parte integrante del suo personaggio e del modo in cui lo ricordiamo, ma che visto così a distanza di anni mi risulta quasi eccessivo e un po’ forzato.

Fran Drescher (640×360)

15 – Non so se oggi La Tata funzionerebbe

Morale della favola dopo aver rivisto il pilot a distanza di anni, non credo che una serie del genere oggi funzionerebbe. La trama è troppo poco complessa e i personaggi sono forse un po’ troppo stereotipati per il gusto del 2023, e credo che se fosse una novità su Prime Video e non una di quelle serie cult offerte dal catalogo forse oggi non sarebbe seguita e amata come lo è stata negli anni Novanta. Ma credo anche che, riguardandola con la consapevolezza di avere davanti un prodotto nato ormai trent’anni fa che tutti in passato abbiamo adorato, non perda assolutamente quella freschezza che l’ha resa così unica e popolare.

E ora tocca a voi correre su Prime Video a riguardare l’episodio: quali sono le vostre impressioni?

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