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I 10 titoli più memorabili delle puntate di Game of Thrones

2×10 – Valar Morghulis (Chiunque può essere ucciso)
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Un comandamento che non era ancora divenuto tale, nel momento in cui veniva presentato per la prima volta uno dei titoli più pronunciati e che chiude la seconda stagione.
Tuttavia, come un dogma già asserito, sembrano intervenire nella narrazione l’accezione e la retorica di “Valar Morghulis” con un simbolismo che inverte la rotta dei contrari per indurli a collisione, in quell’intermezzo sensoriale brevissimo che impedisce di riconoscere il caldo ustionante dal freddo gelido. Il concetto di caducità umana, di mortalità, viene presentato col più indifeso dei personaggi al cospetto del più grande malcelato pericolo.
Dopo i tre inediti suoni di corno, la conferma che la più recondita delle leggendarie paure sta per materializzarsi, ci ritroviamo come Sam, “oltre la Barriera” dei sensi, ad assistere per la prima volta all’esercito di Estranei in marcia, colti dai sintomi che accompagnano una piacevole e spiazzante sindrome di Stendhal.

3×04 – And Now His Watch Is Ended (E ora la sua guardia si è conclusa)
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Uno dei titoli che, nell’annunciare un avvenimento chiave dell’episodio, assume un valore profetico a posteriori: l’abbandono della guardia di Jon Snow.
In questo parallelismo che ha preceduto di ben tre stagioni la parte comparativa, troviamo invece l’abbandono, in senso più ampio, dell’onorevole ed insigne guardia del Lord Comandante Mormont, nel truce scontro tra i Guardiani della Notte e gli uomini di Craster.
La “fine di un ruolo” ricoperto con prestigioso dovere, quello di Lord Mormont, che fa da tonante eco alla “fine di un uomo” che rispetta la sconfitta e riconosce la decadenza di ogni diritto al mantenimento di quel ruolo legato al vincolo della vita.
Un peso, quello della vita, dal quale viene fugacemente liberato al fine di “uccidere il ragazzo”, e lasciare che “l’uomo nasca”.

4×02 – The Lion and The Rose (Il leone e la rosa)
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In elegante veste nobile e mantello, il Re sfodera il suo animo contrariamente cialtrone ed angusto quanto la morsa che stringerà la sua gola, smorzando il disagio al matrimonio tra il Leone e la Rosa.
Eppure la sua morte non affievolisce il desiderio di annichilimento: si dimena, il Jeoffrey coscienzioso del suo ultimo respiro, mentre tutt’attorno diviene offuscato dal buio dell’odio che risparmia ai suoi occhi un’unica figura, quella di Tyrion.
Quando al tramonto le righe rosso porpora intagliano corsie di disprezzo lungo il volto morente di Jeoffrey, è difficile capire cosa sia realmente finito; se il ciclo di un Re anarchico e sadico, o semplicemente di un male minore rispetto a ciò che ci aspetta.

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