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Il film della settimana: The Master

Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piattaforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto The Master.

PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere The Master? Ecco la risposta senza spoiler

Disponibile su Sky, Now e Timvision (a noleggio su Chili e Apple Tv) e ambientato negli anni 50, The Master è incentrato su Freddie Quell, un solitario veterano di guerra, allo sbando dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Non riesce a trovare il suo posto nel mondo, cambiando lavoro in continuazione, finché non approda casualmente su una barca. Lì incontra Lancaster Dodd, ovvero il fondatore di un’organizzazione religiosa chiamata La Causa. I due stringono un forte rapporto, con Dodd convinto di poter aiutare Freddie attraverso i suoi metodi e quest’ultimo che lo lascia fare, perché sembra giovarne. Ma sarà sufficiente per domare uno spirito ribelle e tormentato come Freddie? Perché non mancheranno incomprensioni e tensioni, soprattutto con la moglie di Dodd, Peggy.

Paul Thomas Anderson spiazza con The Master, perché non è il film che ci aspettiamo o che è stato raccontato, ovvero quello sulla nascita di una qualcosa che ricorda Scientology. Sì, c’è il guru, l’allievo e i devoti fedeli al fondatore, ma quello che interessa davvero al regista è la relazione tra questi due uomini, che non è univoca come si potrebbe pensare, che ha talmente tanti strati da non poter essere identificata con niente. È amicizia? Affetto? Amore? Entrambi? Sta alla nostra lettura. Ma ciò che è chiaro come il sole sono le incredibili performance, di quelle che accadono poche volte nella vita, di Joaquin Phoenix e Philip Seymour-Hoffman nei panni rispettivamente dell’animalesco Quell e del misurato Dodd, due complessissimi personaggi che si completano a vicenda.

Un plauso enorme va soprattutto ad Anderson, che confeziona un’opera potente, di rara bellezza e senza fronzoli, grazie alla regia impeccabile, alla macchina da presa sempre alle calcagna dei personaggi, a una fotografia che rende vivi quegli anni. È il cinema contemporaneo al suo meglio, che assume significati diversi a ogni visione, ancora fisso nella nostra mente. Dopo averlo visto, vi invitiamo a leggere la nostra analisi di The Master attraverso le sue scene fondamentali.

SECONDA PARTE: L’analisi (con spoiler) di The Master attraverso le sue scene chiave

The Master

Classico e innovatore allo stesso tempo, The Master non è freddo, troppo cerebrale e senza direzione come dicono i suoi detrattori, perché il suo scopo non è spiegare, ma farci riflettere su ciò che vediamo. È poi limitante pensare che sia solo la storia del fondatore di Scientology; infatti, l’orizzonte che illustra Paul Thomas Anderson è ben più ampio, realizzando un’intricata stratificazione di significati che scavalca i suoi stessi intenti. E lo vediamo tanto nelle immense interpretazioni quanto nel comparto tecnico, in grado già da solo di produrre senso. Perché senza quei precisi movimenti di macchina o quelle determinate inquadrature realizzate in analogico, non avrebbe mai catturato al meglio la qualità interpretativa dei suoi attori. Con un’attenzione al dettaglio elevatissima, tanto che persino i contorni dei corpi vengono messi in risalto donandoci un’intensa sensazione tattile, il regista realizza un’opera vicina al 3D senza 3D.

Caratteristiche che sono presenti già nella prima scena di The Master.

Mentre la musica irrompe violenta simboleggiando che sta arrivando qualcosa di sinistro, Quell si palesa per la prima volta. Ne vediamo praticamente solo gli occhi, dai quali però capiamo molte più cose su di lui rispetto a un primo piano completo o alle sue parole: infatti, l’uomo appare stordito, confuso, solo, stanco. E quando l’azione si sposta sulla spiaggia, sembra di essere in un sogno, grazie alla forte luce e all’uso di lenti deformanti che piegano l’immagine, curvando l’orizzonte. Quell sta preparando quell’intruglio che rappresenta contemporaneamente ciò che lo collega alle altre persone e il suo veleno. La benzina per il suo oblio, per quella bestialità che mostra già fingendo un rapporto sessuale con una statua di sabbia. Il suo giacere accanto a essa è rivelatore, perché indica quello che Quell cerca da sempre: qualcuno che lo conforti e gli dia pace.

E non lo trova nella modella al centro commerciale. In questo meraviglioso piano sequenza, la steadycam è fissa su di lei, mettendola a fuoco ma senza che il resto passi in secondo piano, dandoci una profondità di campo tale da ricostruire ciò che la circonda e, per estensione, l’America del dopoguerra. Lei sorride a un Quell che, inquadrato in un secondo momento, la sta fotografando. Dovrebbe essere un momento di gioia per il protagonista, ma gli viene negato dalla stessa pozione che usa per stordirsi, che lo fa addormentare. Il suo aggredire un cliente senza ragione e lo scappare senza metà in un campo mostrano, poi, la sua frustrazione, l’essere un reietto e l’incapacità di inserirsi nella società, a causa della guerra e della sua storia fatta di madri in manicomio e padri violenti.

Infatti, Paul Thomas Anderson colloca questa scena subito prima di quella in cui Quell incontra Dodd.

Il primo, non riuscendo a trovare un rifugio sulla terraferma (e non ce la farà per tutta la vita), finisce sulla nave del secondo. Ma cosa spinge davvero Dodd a permettere a Quell di rimanere? In fondo, è un intruso che poteva benissimo essere lasciato al primo porto che incontrava. I motivi di questa sua scelta sono due: da un lato, prevedibilmente, vuole provare agli altri e a sé stesso che può curare quest’uomo rotto e istintivo; dall’altro, sorprendentemente, vorrebbe diventare come lui. Non a caso assapora il suo intruglio. Eccola dunque la complessità del grande guru, così sicuro, eppure desideroso di sfuggire a sé stesso.

D’altronde, è impossibile analizzare The Master senza buttare un occhio sul rapporto tra Quell e Dodd; lo dimostra l’incredibile scena dell’intervista. Attraverso un gioco di specchi fatto con campi e controcampi intervallati a flashback pieni di luce, Paul Thomas Anderson sostiene ed eleva la performance di Phoenix e Seymour-Hoffman. In un’atmosfera tesa, pare di assistere a una psicoanalisi, una tortura e uno scherzo contemporaneamente. Dodd sembra improvvisare, eppure è così convito da far breccia in Quell – magistrale, tra l’altro, il cambio d’espressione di Phoenix. E succede perché ha trovato esattamente quello che cercava in Dodd, ovvero qualcuno che lo comprenda e si prenda cura di lui. Estendendone il significato, diviene anche una lettura sulla società americana, all’epoca spaesata e senza punti di riferimento.

Quando, poi, l’intervista termina, i due ridono. Ma come, non vengono criticate le tecniche di manipolazione delle sette? Non esplicitamente, perché non è esattamente quello che interessa a Anderson, non volendo ridurre l’universalità della sua opera a un filmetto civile da quattro soldi. Ciò, ovviamente, non vuole dire che Dodd non venga smascherato. Pure lui sa di non dire il vero e, infatti, reagisce furiosamente quando gli viene fatto presente. Tuttavia, saranno proprio quelle menzogne ad avvicinare Quell alla verità, confermando che i temi di del film su Sky, Now e Timvision sono il rapporto tra autenticità e menzogna, l’idea che la falsità contenga verità e viceversa.

The Master

E allora, se Dodd vorrebbe trasformarsi in Quell, allo stesso modo il secondo vuole essere il primo e lo capiamo nella scena della festa a metà del film su Sky, Now e Timvision. Con uno zoom lentissimo, Anderson ci fa entrare nella prospettiva di Quell, solo e seduto sul divano, mostrando come le donne pendano dalle labbra di Dodd. Lo invidia, perché le conquista tutte persino da ubriaco, mentre da lui scappano, per di più se ha alzato il gomito. Nel suo campo visivo, poi, entra il terzo incomodo, che gli rivolge uno sguardo severo: è Peggy, la moglie di Dodd. Non le piace quell’uomo, perché sta distogliendo il marito dalla Causa, dalla sua ambizione e, soprattutto, dal suo controllo. Quasi come se fosse quest’ultima il vero capo, mentre l’uomo una semplice marionetta da lei tirata. E, infatti, sarà sempre la donna che cerca di convincere il marito ad allontanare Quell, perché è una causa persa.

Non per Dodd, che lo sottopone a un altro ciclo di terapie.

C’è un’ellisse tra i due momenti, perché dal modo in cui riceve Quell sembra passato del tempo. E queste si faranno sempre più frequenti, al punto da confonderci non poco sulla temporalità del film su Sky, Now e Timvision. Attraverso un montaggio frenetico, Quell affronta diverse assurde prove – tra cui cambiare il colore degli occhi di Peggy, che diventano neri e la trasformano in una sorta di inquietante presenza demoniaca – per addomesticare i suoi istinti. Non funzionano. O meglio, portano ad altro, perché le menzogne non conducono mai al risultato che vogliamo. Allo stesso tempo, cambia qualcosa anche per Dodd, che arriverà ad abbracciare una nuova filosofia rigettando i suoi stessi precetti. Ma è stato Quell a cambiarlo? Potrebbe, dato che La Causa finisce per sbattere contro questo indomabile discepolo che fuggirà via in motocicletta. Non è guarito, ma vuole cercare Doris, l’amore della sua vita; segno che sta provando ad affrontare la realtà. Purtroppo, le cose non andranno come previsto e si ritroverà in un cinema.

Sta dormendo e, svegliato, riceve una chiamata da Dodd, che poi si rivela essere un sogno. Come forse tutto il resto? Il dubbio rimane. Fatto sta che, tra le scene tagliate di The Master, ci sono le inquadrature del film che sta guardando in sala: è Casper. Se ci pensiamo, parla di una vita non vissuta, che continua sottoforma di fantasma. Non assomiglia a quella di Quell, interrotta bruscamente dalla guerra e ridotto a spettro che vaga senza meta?

Si arriva, dunque, al secondo incontro tra Quell e Dodd, molto diverso dal primo. Siamo sulla terra ferma, nello studio gigante del secondo, nel vecchio continente. Sanno benissimo che sarà l’ultimo e Paul Thomas Anderson ci mostra solo in un secondo momento il motivo: Peggy è nella stanza e impedirà il ricongiungimento tra i due uomini. Questo per dirci che lei è sempre presente, anche quando non la vediamo. Così la donna interrompe questa storia d’amore tra parti opposte della stessa anima, iniziata secoli fa in quel di Parigi, espressa nello struggente verso della canzone Slow Boat to China:

“Vorrei portarti con me su una barca in Cina, tutto per me, portarti e tenerti tra le braccia” 

Non possono cambiare quello che sono, nonostante l’amore, nonostante Quell abbia trovato in Dodd la persona più vicina alla donna della sua vita. Ecco che il rapporto tra verità e finzione trova una risposta: tra i due uomini c’è stato qualcosa di vero, pur basato sulle bugie. Come vediamo dalle lacrime di Quell. Allora, quest’ultimo continua per la sua strada, finendo a letto con una ragazza in un pub. Potrebbe finire qui The Master, se non fosse che Quell inizia a sottoporla all’intervista di Dodd. Perché? Un’ipotesi potrebbe essere che lui è guarito e, comprendendo l’assurdità delle teorie del guru, le riduce a semplice sciocchezza di cui ridere con una ragazza. Oppure, la guarigione non c’è stata e ormai è così legato a Dodd da ricordare un momento di felice intimità. Una contraddizione che rende il finale criptico ma affascinante. E ce n’è un’altra nel film su Sky, Now e Timvision. L’abbandono di Dodd vuole dire che Quell è diventato la sua stessa guida, portando alla fine dell’era di quei Maestri che, da sempre, hanno popolato la filosofia occidentale. È lui, infatti, il Master del titolo, emblema dell’uomo contemporaneo condannato a vivere senza verità assolute, ma con davanti possibilità infinite.

E l’ultima inquadratura arriva a chiudere il cerchio. Phoenix è nuovamente al fianco della sirena di sabbia vista all’inizio. Essa, dunque, si erge a tutto ciò che viene inseguito nel film disponibile su Sky, Now e Timvision; a quella persona che né Quell, né Dodd sono mai riusciti a trovare. Rimanendo un ideale al quale, stanco e stremato, si consegna Quell, Paul Thomas Anderson e questo meraviglioso capolavoro chiamato The Master.  

Il film della scorsa settimana: Come un tuono