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Glauco, the dark side of René

La vecchia volpe Ferretti, sempre così condiscendente e parac**o. La Rete lo ha scelto perché è uno che sa fare buon viso e cattivo gioco. Capirete, non è facile stare a competere tutto il giorno con primedonne, attricette senza talento, scansafatiche, raccomandati e rammolliti. Ci vuole una certa resistenza, una certa tempra, spirito di adattamento. Rassegnazione. Tutte peculiarità che il grande maestro Ferretti possiede. Sì, quando si inca**a si inca**a. Ma il più delle volte fa quello che gli viene chiesto: abbozza. Manda giù, deglutisce senza masticare, si tura il naso. Perché ha capito che la qualità è una grande sola. La televisione si arricchisce sui difetti, sulle imperfezioni, sulle schifezze. Altro che qualità. Questo è Boris e Ferretti lo ha capito bene (se volete farvi un’idea date un’occhiata alle pagelle).

Ti danno come protagonista quel vecchio arnese di Stanis La Rochelle che fuori dal Raccordo non prenderebbero neanche per il remake di Paso Adelante? Nessun problema, a René va bene così. Ti piazzano sul set quella cagna di Corinna che sta al talento come Ronaldo – quello brasiliano – sta alla dieta? Fa niente, ci pensa René. Ti propinano la sceneggiatura di tre scansafatiche che imprecano davanti al biliardino? Tranquilli, René troverà il modo di bypassare pure su questo. È un grande, Ferretti. Il regista che ogni Rete vorrebbe sul libro paga (forse).

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Quanto a lui, se potesse, manderebbe tutti al diavolo.

Glauco Benetti è tutta un’altra storia. Lui fa un po’ quello che gli pare, come gli pare e quando gli pare. Vive a Johannesburg, ma è romano fino al midollo. Fa il direttore della fotografia, ma se serve dirige, si mette dietro la macchina da presa, guadagna piazzando pubblicità occulta nelle serie tv spazzatura. Come quella zozzeria, Lo sguardo del cuore. Sprezzante, beffardo, sarcastico. Sregolato e senza freni, pungente e inarrestabile. Glauco è un badass che mangia fettuccine, l’esteta del menefreghismo, il massimo rappresentante della filosofia de stic***i. Lui e René condividono la stessa visione sprezzante e disillusa della vita, ma mentre il primo può esibirla, il secondo la dissimula.

Ferretti-Benetti, due centravanti di peso in un 4-4-2 un po’ arronzato, a trazione difensiva.

René gioca leggermente arretrato, Glauco la butta dentro con scioltezza. Un regista offensivo per indole che si diverte a fare la prima punta. Ecco, Glauco è l’istinto assassino del centravanti che René deve reprimere per far viaggiare la squadra. Può risultare arrogante, insolente e sgarbato? Stic***i. Glauco è sferzante, imperturbabile, sagace. Insulta chi vuole insultare, tratta da scemo chi va trattato da scemo. Non finge, non usa filtri, non misura i toni. La quintessenza del politicamente scorretto che travolge tutto e tutti. Ma che ottiene anche i suoi risultati (su Netflix trovate le tre stagioni complete di Boris, in attesa della quarta).

Gli attori li tratta male, le attrici le insulta senza troppi scrupoli di coscienza, i collaboratori li prende in giro, i delegati di Rete li sbatte fuori. Ma incredibilmente tutti loro fanno esattamente quello che lui vuole. Come lo vuole. Ragion per cui René gli affida le chiavi del set quando serve. Perché Glauco sarebbe persino capace di far recitare da Dio una raccomandata inadeguata e senza un briciolo di talento come Ada, che se fa parte del cast è solo perché è sposata con un senatore importante. Glauco è l’indole assopita di René, il suo io più represso, il lato più oscuro. Quello che deve necessariamente tenere schiacciato e soffocato per poter continuare a bazzicare negli studi televisivi.

Glauco è il vero dark side di René Ferretti.

Perché loro, amici di vecchia data, sono un po’ come le due facce della stessa medaglia. O piuttosto, della stessa monetina arrugginita tirata a caso nel pazzo mondo di Boris. Un mondo fuori di testa, persino per due navigati professionisti come loro. Provate a immaginare Gli Occhi del cuore 2 diretta interamente da Glauco Benetti. Stanis dovremmo andare a recuperarlo in terapia causa drastico calo di autostima. Il set sarebbe pieno di scodinzolanti levrieri di Treviso, di quelli che scappano e non li riprendi più. I senatori raccomanderebbero le aziende produttrici di merendine piuttosto che le loro mogli, che in termini di rendimento fruttano di più. Itala sarebbe sempre ubriaca di vino, musica e poesia, Alfredo campione nazionale di scopone scientifico e Arianna… beh, probabilmente Arianna si suiciderebbe al secondo giorno di riprese piuttosto che fare la schiavetta di Alessandro.

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Ma non si può. Glauco va preso a piccole dosi – per info chiedere a Duccio – altrimenti salta tutto. E poi chi glielo dice ai greci.

E René questo lo sa bene, anche se la coppia obiettivamente funzionerebbe a meraviglia in Boris. Lo stile di Benetti è un filo più strafottente, ma i due amici un punto di equilibrio lo troverebbero di certo. Un po’ come Totti e Cassano ai tempi di Capello. Perché Glauco è il fantasista cinico e farabutto che ogni tanto René vorrebbe essere. Il contraltare della variante fianese al potere, una passeggiata nel suo profondo dark side. La versione materialista dell’utopia ancora accesa di René, del suo sogno spogliato di visione e riempito di contenuto. Tutto retribuito, fino all’ultimo centesimo.

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