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Billions è l’impero dei villain in un mondo senza eroi

Billions (come Gossip Girl) è una vetrina, di quelle lucide e trasparenti – perfette! – che agghindate con colori brillanti e oggetti splendenti attirano l’attenzione di ogni passante, che sia per un secondo o per minuti interminabili. Billions è la vetrina del negozio più sfarzoso della città, che guardiamo da lontano e che rappresenta l’unico modo per affacciarsi su un mondo elitario che crea e distrugge, che ipnotizza e indigna al tempo stesso. È un’immagine dolceamara quella che contempliamo, perché lo sguardo rivolto alla tanta sfarzosità ci ricorda l’impossibilità di raggiungerla; sappiamo di non vivere in una società utopica. Conosciamo i sotterfugi e le truffe alla base di quel benessere ed è proprio su questo bifrontismo che Billions dirige i suoi riflettori, mostrandoci i due volti di un essere tanto ambito: la ricchezza. Quello che la serie targata Showtime racconta è il biglietto da visita dell’America, la terra dalle infinite opportunità costruite su annientamenti, imbrogli e menzogne, adottato nel tempo da quello che storicamente siamo soliti definire “Occidente”.

Alla luce di tutto ciò non sorprende che il protagonista Roberto Axelrod (protagonista del triangolo perfetto) ci venga presentato come il self-made man per eccellenza, un lasciapassare narrativo e storico dietro cui nascondere e giustificare azioni talvolta scorrette, poiché questo è l’eroe che la società capitalista ha creato. Axelrod è risorto dalle ceneri di una carriera distrutta sfruttando l’attentato dell’11 settembre, speculando sui progetti dei suoi colleghi defunti perché nel disastro ha colto l’opportunità per ritornare a vivere, per continuare a perseguire il suo obiettivo lasciandosi alle spalle l’emotività o una qualsivoglia tipo di moralità. L’aspetto interessante di questo incipit già noto al pubblico è in realtà proprio il momento in cui tutti i personaggi lo scoprono: molti si indignano, molti lo odiano, altri lo capiscono, ma ben presto lo scandalo diventa ininfluente per la narrazione, tanto che le conseguenze sono ridotte ai minimi termini perché Axelrod ha fatto solo ciò che la società ha lasciato intendere e insegnato a ogni essere umano negli ultimi cinquant’anni. Ulteriore prova di ciò risiede nel fatto che per tirarsi definitivamente via dall’impiccio Axelrod convince i pompieri non con altri soldi, ma dicendo loro l’esatta verità.

billions

Quello che non sapete è che dopo la caduta della prima torre non mi sono fermato… ho continuato!”

Robert Axelrod

In quel momento tutti ridiventano consapevoli della scacchiera su cui giocano vedendo nel protagonista un uomo che è stato solo più furbo di loro, così viene meno l’indignazione e si fa strada il silenzio.

In un mondo contorto e controverso, che è tanto il nostro quanto quello di Billions, Axelrod ottiene il ruolo dell’eroe.

Lui è affascinante, intraprendente, dinamico e anche quando fallisce riesce a fare in modo che tutti desiderino avere almeno la metà dei suoi pregi e difetti, perché il protagonista di Billions è venduto comunque come un modello vincente nonostante sia il personaggio che imbroglia, che manipola il mercato illegalmente, che quasi avvelena i cittadini per vincere l’ennesima battaglia contro Chuck e che mette in difficoltà una piccola cittadina costringendo al degrado i suoi abitanti, solo per salvare i propri fondi. Ma per confermare ancora l’inesistenza di personaggi eroici in questo universo economico possiamo rifarci a un caso reale e concreto raccontato da Scorsese al cinema. Il successo di pubblico riscosso da The Wolf of Wall Street e l’incremento delle vendite dei libri di Jordan Belfort non fanno che confermare la realtà che anche Billions mette in scena : il fascino della ricchezza subito dalle classi medio-basse e la tendenza a carpire i segreti di soggetti reali come Belfort e fittizi come Axelrod per raggiungere un tale benessere. Entrambe le figure suscitano anche ammirazione proprio per il coraggio e la sfacciataggine con cui hanno ingannato lo Stato e le leggi.

Paradossalmente in questo universo le leggi diventano il nemico, l’ostacolo da superare per raggiungere il proprio scopo e i propri sogni. Agli occhi del popolo diventano degli antieroi che tuttavia agiscono sempre e solo a vantaggio di se stessi, sacrificandosi solo in nome di un profitto personale. Ecco perché del concetto di “eroico” in realtà non vi rimane molto e inizia, invece, a farsi strada l’idea che in questa Eldorado ci sia spazio solo per i villain.

Billions mostra i lati controversi di un impero eliminando anche la visione manichea del bene contro il male.

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Una storia che sia avvincente è una storia che mette in scena un conflitto tra due poli, che solitamente incarnano due facce della stessa medaglia: il bene e il male. Nel caso di Billions lo scontro tra Chuck Rhoades e la Axe Capital è costante e così radicato nei due personaggi da rendere per entrambi il confine tra legalità e illegalità spesso trasparente. Persino Chuck, mosso quanto Axelrod dall’orgoglio, finisce per mettere in atto piani discutibili che gli costano il posto da Procuratore e mettono in pericolo la sua campagna per diventare Governatore. Tuttavia per quanto questi titoli siano per lui fondamentali, la rabbia verso la Axe Capital e il suo CEO lo accecano portandolo a ricoprire non più – come ci si aspetterebbe – il ruolo dell’eroe ma il ruolo del cattivo che sacrifica i sogni e la libertà dei propri compagni solo per avere una vendetta. Lo fa con Ira Schirmer durante il caso Ice Juice e prima ancora violando il laptop di Wendy e la sua fiducia. Il percorso di Chuck ha tutto il sapore di un lento declino nutrito da orgoglio e ossessione che lo portano a piegare e a manipolare la legge dimostrando come l’istituzione portavoce della giustizia sia costretta a scendere a patti con la corruzione, le minacce e patti nascosti.

Chuck pur non lavorando a Wall Street è come Axelrod l’emblema di quella ricchezza, solo tenuta leggermente più a bada dal blind trust: una mezzo che dimostri allo Stato e al popolo l’imparzialità di Chuck nei suoi casi e che lui tuttavia decide di violare proprio in nome della vendetta e del risentimento personali. L’immagine che ne deriva è quella di una storia coinvolgente, ricca di colpi di scena e reale nella misura in cui i protagonisti riescono a rappresentare l’imperfezione e la complessità di ognuno. Per questo il paladino della legge in Billions non esiste, anzi affonda le mani nel fango tanto quando Robert Axelrod che nella Eldorado di New York trascina tutti a fondo con sé.

E se alla fine un eroe o un’eroina esistessero?

Sebbene la speranza sia l’ultima a morire, in Billions sarebbe meglio metterla subito da parte perché la narrazione rivela pian piano che dietro tutti i personaggi si nascondono dei lupi ambiziosi ed egoisti che farebbero qualsiasi cosa pur di mettere alle strette il proprio nemico e raggiungere il posto desiderato. Probabilmente ad allontanarsi leggermente da questa immagine all’inizio erano Wendy, Lara e Bryan ma per motivi tra loro totalmente diversi.

Wendy e Lara esistono esclusivamente in quanto mogli di Axe e Chuck, a loro non sono date storie altrettanto avvincenti e ben costruite sebbene caratterialmente presentino ottime basi per affrontarle. Pensiamo al modo in cui è stato introdotto Craig Heidecker durante la seconda stagione e come la nuova possibilità di lavoro per la psicologa sia diventata una sveltina. Per non parlare del ruolo di pedina che sempre Wendy ha deciso di ricoprire durante lo scontro tra Axe e Todd Krakow durante il poker di beneficienza. Lara ha dovuto spesso abbandonare i propri progetti in favore di quelli del marito, è stata sminuita e messa da parte oppure considerata solo secondo il nome “Axelrod” – una consapevolezza che si fa strada specialmente durante la terza stagione. Per gran parte del tempo Wendy e Lara sono le pedine femminili che purtroppo esistono solo in relazione ai due grandi villain della storia: i loro mariti. Entrambe agiscono solo per favorirli o sabotarli e sebbene in apparenza sembrino essere figure coraggiose, in realtà non mettono in atto una vera evoluzione perché quando stanno per fare un passo avanti finiscono per tornare a ricoprire il ruolo da intermediarie tra Axe e Chuck.

Nel caso di Bryan Connerty ci ritroviamo davanti a un’ulteriore declino. Connerty inizialmente poteva rappresentare la luce in fondo al tunnel capace di estraniarsi dal marcio che Wall Street e il Distretto Sud avevano accumulato a causa di figure come Rhoades ed Axelrod. Bryan rifiuta le manipolazioni, la corruzione e ambienti di lavoro illegali. È colui che cerca di perseguire i propri scopi forzando solo per poco e quando è necessario la mano. Bryan sembra voler rappresentare una parvenza di onestà e moralità nella vicenda, un intento che, se leggiamo tra le righe, può esprimersi anche attraverso le massime del bushido e della cultura orientale che tanto ama e rispetta e che adotta discipline rigide e rigorose. Ma anche lui alla fine cede al nemico che accomuna tutti in questa storia: la vendetta, nutrita dal risentimento. Ciò che si crea è un uroboro, un serpente che mordendosi la coda dà origine a un cerchio senza uscita che allontana ogni personaggio dalla possibilità di salvezza perché tutti in un modo o nell’altro soccombono allo stesso amaro destino.

Nel mondo di Billions vi sono sprazzi di luce ingurgitati dall’oscurità della ricchezza, della vendetta e dell’egoismo. I deliri di onnipotenza non fanno altro che sollevare la maschera degli eroi rivelando il vero volto cattivo dei personaggi.

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