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Buona la terza: American Gods si è fatta perdonare ed è tornata quella della prima stagione

La terza stagione di American Gods si è appena conclusa col botto, o meglio: con un bel po’ di lacrime e qualche tuono. Avevamo già analizzato cosa aspettarci dalle nuove puntate, ci eravamo chiesti se le inconsistenze della stagione precedente sarebbero rimaste e se quello che è mancato alla serie per diventare un capolavoro sarebbe continuato a mancare. Nonostante tutto, abbiamo voluto dare un’altra occasione a questo spettacolare show, perché alla fine American Gods ha molti motivi per cui farsi guardare.

Quando fu annunciato un nuovo cambio di showrunner e la dipartita di ben quattro personaggi abbiamo cominciato a sudare freddo ma, dopo un finale decisamente interessante, possiamo dire che il peggio è passato e tirare un sospiro di sollievo. Compiamo quindi questo ideale viaggio in American Gods per capire da dove siamo partiti, cosa è cambiato e per prepararci a una quarta stagione, che sembra già essere confermata.

La guerra tra antichi dèi e nuovi: la prima stagione

Alla base di American Gods c’è, o almeno sembrerebbe esserci, la guerra tra nuovi dèi, capitanati da Mr. World, e antichi dèi, con a capo Wednesday. L’intera prima stagione è dedicata alla campagna di reclutamento di quest’ultimo e, grazie a questo escamotage, passiamo gran parte delle puntate a rispolverare i miti delle divinità emigrate negli USA, a immergerci nelle loro storie. Lo scopo è chiaro e il modo in cui viene srotolato attraverso gli otto episodi è brillante, psichedelico, mai noioso. Dall’altra parte abbiamo i nuovi dèi che fanno la stessa cosa. Technical Boy, ad esempio, cerca di portare l’antica e potente Bilquis dalla loro parte.

I due versanti si incontrano finalmente a casa di una delle dee più antiche e potenti: Ostara, la dea della Primavera, ora relegata a condividere la sua festività principale con Gesù, la rockstar dei Cristiani. Questo è il culmine della prima stagione e di tutte le linee secondarie, comprese quelle di Shadow e di Laura: il primo giunge alla conclusione di avere fede in Wednesday e scopre la sua identità, la seconda di essere vittima delle macchinazioni di Odino. La Dea della Primavera si risveglia, Odino acquista potere dalla fede di Shadow, la battaglia sembra imminente.

L’affollamento della trama: la seconda stagione

I cambiamenti che hanno colpito il cast e la direzione della serie alla fine della prima stagione hanno causato degli enormi buchi di trama che hanno purtroppo parzialmente rovinato il secondo ciclo di puntate. Il cambiamento di Media può e viene giustificato da una sostanziale fluidità dei nuovi mezzi di comunicazione, che possono cambiare a piacimento con la velocità dei loro stessi strumenti, ma il problema “Ostara” è ben più grave: la guerra imminente promessa nel season finale della prima stagione non avviene. Anzi, quel che è peggio è che essa viene completamente ignorata, lasciando un pubblico tradito dalle aspettative deluse.

Da qui in poi lo scopo della seconda stagione si fa nebuloso e la trama si divide tra una serie di personaggi e storyline secondari che confondono gli spettatori.

American Gods 2x06 Season 2 2019

Da una parte abbiamo Laura e Mad Sweeney che vanno a New Orleans per un rituale di risveglio; dall’altra abbiamo il Jinn e Salim che vanno alla ricerca di Gungnir, la lancia che uccide gli dèi. Nel frattempo Ibis, Mr. Nancy e Bilquis non hanno altro scopo se non quello di pontificare sulla rabbia nera, che comunque non avrà mai un seguito. In mezzo a questo affollamento, Wednesday e Shadow un po’ continuano il reclutamento e un po’ si lasciano andare ai ricordi (commovente ma fuori luogo l’episodio su Donar, dove scopriamo che il figlio di Odino si è suicidato).

Tutto questo gomitolo di sottotrame sembra trovare una parziale unità negli episodi finali, quando tutti i personaggi si ritrovano sotto lo stesso tetto. Persino la parallela e separata trama di Technical Boy e della sua nascita viene a stento ricucita insieme alle altre. Nel season finale, il Dio della Tecnologia manipola l’informazione per far assediare Cairo dalla polizia. Shadow viene risucchiato da Yggdrasill, scopre di essere figlio di Odino e con i suoi nuovi casuali poteri fa sparire la polizia. Approfittando della cosa, tutti gli scappano verso nuovi orizzonti. Senza lancia, fatta sparire da un morente Mad Sweeney e, ancora una volta, senza guerra.

Un finale pieno di buchi, troppo veloce e inconcludente, che però riesce in qualche modo a chiudere le fila di un percorso caotico, gettando le basi per la nuova a venire.

Un nuovo inizio: la terza stagione di American Gods

La terza stagione è letteralmente un nuovo inizio. Oltre a nuovi showrunner vi sono anche nuovi ingressi, che (fortunatamente) non fagociteranno la trama principale. Fin da subito, infatti, la terza stagione sembra voler correggere il tiro e tornare ai fasti della prima con una trama condensata e l’eliminazione del superfluo. Cairo e Ibis vengono ridotti, Mr. Nancy eliminato, la storyline del Jinn e Salim pure, riciclando quest’ultimo come compagno di viaggio di Laura. La morte di Mad Sweeney riporta l’ex moglie di Shadow su binari più precisi: tornare in vita e uccidere Wednesday. Il viaggio in Purgatorio sarà un pietra importante per il suo cambiamento. Idem per Shadow, che si affranca dal cartonato senza scopi che era per diventare un personaggio con desideri, volontà e ambizioni. Lakeside sarà per lui come un dolce effimero sogno, ma lui finalmente vuole svegliarsi.

La terza è in generale la stagione dell’introspezione e, guardando all’interno di ogni personaggio, riusciamo finalmente a vedere in loro la crescita e il mutamento che ci aspettavamo già nella seconda stagione.

Elemento simbolo di questo è Odino, che ora è più introspettivo che mai. Veniamo a conoscenza della sua storia e soprattutto di quello che ha perso per perseguire il suo scopo di conquista e potere. Technical Boy giunge al culmine del percorso iniziato nella seconda stagione, scoprendo di essere il vero e più potente Nuovo Dio. Affascinante che questo percorso sia iniziato con Bilquis, la divinità che lui stesso ha fatto rinascere. Quest’ultima poi entra in contatto con le sue radici più ataviche e genuine, rinunciando alle sovra-iscrizioni che i suoi fedeli hanno compiuto nel corso degli anni. Mr. World rimane, tra tutti, ancora il più misterioso, disseminando indizi sulla sua natura da trickster. Che non sia veramente ciò che dice di essere?

American Gods 2x08

Il finale della terza stagione è un piccolo capolavoro: Shadow, al culmine della sua ritrovata identità filiare, si sacrifica per Odino e quest’ultimo, al massimo del suo divino egoismo, rivela come tutto quello facesse parte di un piano costruito ad hoc per rinascere più forte di prima. Anche lui un truffatore, forse il peggiore, che sfrutta persone, sentimenti, emozioni.

Anche se la terza stagione non è potente come la prima a livello visivo, riesce nell’impresa di ritornare alle origini della serie, mostrando la stessa verve, macabra ironia e forza che la caratterizzava. L’introspezione risulta necessaria per portare avanti lo sviluppo dei personaggi, ormai tutti consapevoli di se stessi, dei propri scopi e delle proprie volontà.

Abbiamo finito la seconda stagione chiedendoci se avevamo ancora fede. Abbiamo finito la terza con fede rinnovata a speranza nel cuore. In attesa della quarta sulla griglia di partenza.

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