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2) I genitori di Clay

13 reasons why

Questi due li ho detestati dall’inizio alla fine. Il padre era un ebete che tentava di fare l’amico del figlio, mentre la madre prende la decisione incomprensibile di difendere la scuola in un procedimento per bullismo. Era la scuola del figlio e, per quanto potesse non aver compreso il legame tra Clay ad Hannah, avrebbe dovuto avere più sensibilità. Da una parte la madre ha una parvenza di autorità, punisce Clay senza un senso logico, mentre il padre minimizza tutto, anche il fatto che lui, in prima persona, abbia subito dei maltrattamenti da parte dei bulli.

Ma è sopravvissuto, sai la consolazione?

Clay ritorna a casa sempre più pesto, nel corpo e nell’anima, viene beccato con della droga nello zaino, sparisce di punto in bianco da scuola, fa il matto con gli studenti stranieri e i genitori non riescono a prendere una posizione.

I loro tentativi di dialogo sono tutti superficiali.

3) Il consulente della scuola Kevin Porter e gran parte del corpo docente

13 reasons why

Cosa si arriva a fare in nome delle apparenze?

Tanti sono i casi di cronaca in cui le istituzioni scolastiche non sono riuscite a punire vandalismi e bullismo, sia verso il corpo docente che verso gli studenti.

In 13 Reasons Why, la cosa non cambia. La scuola vuole proteggere il proprio buon nome, le apparenze: non possono sostenere un procedimento legale come quello intentato dai Baker, dopotutto, sono una scuola pubblica negli Stati Uniti d’America, non hanno molti fondi.

E se, per puro paradosso, l’insegnante di comunicazione, quella che vuole che gli studenti si lascino in forma anonima dei complimenti, legge la poesia di Hannah senza preoccuparsi del disagio e del male di vivere che traspaiono da quelle parole, dall’altra c’è quella perla del consulente scolastico. Che, prima, minimizza le parole di Hannah, poi, in modo serpentesco, cerca di farla passare come quella che “ha fatto qualcosa di cui, poi, si è pentita”, nel classico gioco di vittima che se l’è cercata. Poi consiglia ad una ragazza disperata di farsene una ragione, di andare avanti. E quando lei scappa, aspettandosi che lui la segua, il signor Porter rimane al sicuro, nel suo ufficio.

E la cosa peggiore è che il signor Porter non è un viscido maiale, come ci si aspetta da qualcuno che si comporta in quel modo. No, è un uomo gradevole, gentile, dai modi educati. Lo vediamo nelle vesti di padre di famiglia, con la moglie e il figlio più piccolo che sta mettendo i dentini e piange. Tiene al proprio lavoro, a modo suo, pensa di aver agito bene. E anche davanti alla confessione di Clay, non si sente in colpa, ma ribadisce che, se Hannah si è suicidata, è solo stata una decisione di Hannah, come se nessuno avesse contribuito a portarla a quella estrema conseguenza.

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