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Clay Jensen è davvero buono come sembra?

13 Reasons Why è una serie tv che sicuramente ha fatto parlare di sé. Sia con la prima stagione, in cui viene trattato il delicato tema del suicidio, sia con la seconda, incentrata sul punto di vista dei ragazzi intenti a confrontarsi con le conseguenze delle proprie azioni. Fra tutti i personaggi presentati dal prodotto Netflix, uno in particolare, personalmente parlando, merita un’analisi più ravvicinata: uno dei protagonisti, rappresentato perfettamente da una bicicletta e un casco. Sto parlando proprio di lui: Clay Jensen.

Clay è un giovane ragazzo che non riesce a superare la traumatica perdita di Hannah Baker, la ragazza di cui era innamorato e sua cara amica, una delle poche con cui poteva essere davvero se stesso. Con la sua morte e la successiva diffusione di varie cassette da lei registrate, si attiva un processo di vendetta nei confronti di tutti coloro che in un modo o nell’altro hanno contribuito alla sua morte. Nessuno dei cosiddetti “colpevoli” agisce a riguardo, fino a che le tredici cassette cadono nelle mani di Clay, il quale ritiene necessario risolvere il problema.

13 Reasons Why
Dylan Minnette è Clay Jensen in 13 Reasons Why

Nel complesso, ho apprezzato 13 Reasons Why. Certamente non è un prodotto perfetto e presenta una serie di fallacie, ma questo non toglie che comunque sia interessante. L’unica cosa che mi riesce difficile comprendere completamente è proprio il personaggio di Clay. Come lo si deve interpretare?

È buono o è cattivo? È l’eroe della situazione oppure la causa di tutti i problemi?

Partiamo dalla base che è un’enigma, un rebus di difficile comprensione. L’alone di incertezza che lo avvolge è dato dalla varietà degli atteggiamenti che non sembrano seguire un filo coerente. Clay Jensen molto spesso agisce oscillando pericolosamente sulla linea tra giusto e sbagliato, tra ciò che eticamente può essere considerato buono e cattivo. Però proseguiamo per punti.

La patologia del “principe azzurro”

13 reasons why

Il nostro caro protagonista si pone sempre come baluardo inattaccabile nella difesa della Baker. Lui agisce affidandosi completamente alla memoria della sua amata, senza mai riflettere a pieno su quella che potrebbe essere la vera versione dei fatti. Ogni parola registrata nelle videocassette acquista alle sue orecchie il valore pari a quello del Vangelo, così tanto da dimenticare che dopotutto si tratta di un punto di vista soggettivo della situazione, ottica che non può miracolosamente passare per universalmente corretta solamente perché la ragazza si è tolta la vita.  La percezione è un argomento che tiene i fili della trama della seconda stagione, dove viene raccontata la vicenda dal punto di vista dei “colpevoli”.

Clay si concentra nel tentativo di dare giustizia a Hannah, cercando disperatamente di salvare il fantasma di una persona che non c’è più. Questo ci porta ad aprire altri punti per i quali è possibile affermare che il nostro caro personaggio non sia proprio corretto o quantomeno equilibrato nelle scelte.

Tutto è in funzione di Hannah Baker

Tutto ciò che fa, tutto ciò che dice è volto a ottenere il suo risultato. Cosa che lo conduce sia a rimanere bloccato in un mondo a metà tra il reale e l’allucinazione (le continue apparizioni di Hannah che lo portano a dubitare della sua stessa salute mentale), ma soprattutto ignorare la vita che sta accadendo attorno a lui. Prima lo vediamo nel rapporto con Skye: sua precedente amica,  poi fidanzata. È una ragazza ribelle, ma estremamente sensibile. Apparentemente si potrebbe pensare che Clay stesse insieme a lei solamente per cercare di riscattare il suo mancato ruolo di protettore nei confronti di Hannah, ma nel corso della storia abbandona Skye per cercare di salvare il ricordo di un fantasma, nonostante la ragazza abbia bisogno di aiuto.

13 reasons why

Ancora una volta tra la possibilità di modificare il presente e fare davvero la differenza, Clay rimane invischiato completamente nella ragnatela del passato. Incapace di lasciar andare un qualcosa che è già finito da tempo.

La duplicità della sua natura

Clay, come è già stato detto in precedenza, a spada tratta vendica la sua amata perduta e punisce. Elemento che apparentemente potrebbe apparire come degno di riconoscimento, un vero e proprio ultimo atto di amore e di giustizia. Il problema è che molto spesso, nel tentativo di difendere la reputazione di Hannah, vittima di bullismo, adotta contro i suoi obiettivi lo stesso trattamento violento, umiliante che una volta è stato messo in atto da loro. Una sorta di legge del taglione applicata tra giovani adolescenti. Un esempio è la punizione inflitta a Tyler, del quale ha diffuso le foto con il soggetto nudo in tutta la scuola.

È un atteggiamento che nuovamente mostra la contraddittorietà nel personaggio di Clay.

L’affidabilità del punto di vista in 13 Reasons Why

13 Reasons Why

Una delle caratteristiche principali di 13 Reasons Why è la capacità di giocare tra i diversi punti di vista. Nel corso delle due stagioni vengono presentate le stesse situazioni riviste però con gli occhi di diversi personaggi, tecnica narrativa che mette in mostra come la soggettiva interpretazione della realtà può davvero portare a conseguenze estreme. Lo spettatore è accompagnato nei meandri della storia della scuola americana dal personaggio di Clay Jensen. È un percorso condiviso con Helmet (soprannome dato a Clay) alla ricerca della verità. Il problema del nostro “compagno di viaggio” è che del tutto inaffidabile.

Fin dall’inizio viene mostrato che il personaggio interpretato da Dylan Minnette ha dei problemi di instabilità mentale, caratteristica di cui veniamo maggiormente a conoscenza nel corso del proseguimento della storia. Deve prendere dei farmaci ma non segue le cure. Nella seconda stagione è perseguitato dalla presenza dal fantasma del personaggio di Katherine Langford, altro elemento che dimostra la sua visione offuscata della realtà.

13 Reasons Why

Inoltre il suo continuo rifiuto di affrontare ciò che è vero (la relazione con i genitori, con i suoi compagni, con se stesso) mette in luce un’incapacità di prendersi le proprie responsabilità.

Non è abbastanza maturo da accettare di avere una parte nella morte di Hannah, invece cerca di pulirsi la coscienza punendo gli altri. (Anche se nell’ultima puntata della seconda stagione sembra esserci un accenno di ammissione e tentativo di andare avanti)

Quindi la domanda sorge spontanea: è solamente Hannah ad aver offerto una visione distorta della realtà (dopotutto è un personaggio pieno di contraddizioni anche lei), oppure lo è anche quella di Clay?

Siamo davvero sicuri di poterci fidare di quello che vediamo? Basandoci su eventi con il filtro dato dal nostro giovane vendicatore?

Secondo voi può essere considerato l’eroe della situazione o il problema di tutto?

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