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Bryce Walker, la solitudine del capitano

Bryce Walker il prepotente. Bryce Walker l’arrogante figlio di papà. Bryce Walker il cattivo. Bryce Walker lo stupratore. Di tutti i personaggi che 13 Reasons Why ci ha proposto, Bryce è uno dei pochi a non aver mai suscitato la benché minima simpatia negli spettatori. Odioso nei modi, detestabile nelle azioni, ripugnante per i crimini di cui si è macchiato, il ragazzone viziato capitano della Liberty High School è diventato subito il reale antagonista della serie.

Disprezzato da tutti per i suoi comportamenti, è ritenuto uno dei principali responsabili della morte di Hannah Baker, oltre che delle sofferenze di Jessica e di decine di altre ragazze senza volto finite vittime delle angherie e dei soprusi degli atleti.

Ma la terza stagione di 13 Reasons Why fa una cosa che, probabilmente, nessuno si aspettava.

Prende Bryce Walker, il cattivo, l’antagonista, lo stupratore, quello da piegare e sconfiggere, e ce lo restituisce sotto una luce diversa, inedita.
Capovolgere il punto di vista a narrazione inoltrata crea sempre confusione e smarrimento nello spettatore. Ma offre anche l’occasione di indagare sugli aspetti meno scontati della storia e di puntare i riflettori su quelle zone d’ombra che prima non avevamo preso in considerazione perché la trama ci aveva impacchettato un’immagine già stereotipata dei personaggi.

Così Bryce Walker rimane sempre il cattivo, ma a poco a poco la luce inizia a penetrare attraverso le sue zone buie.

Il capitano è rimasto solo, in una solitudine fredda e rafferma. Ha perso tutto: rispettabilità, titolo, stima. Amici. Bryce Walker è più solo di quanto non sia mai stato. Abituato ad avere tutto, si è ritrovato a non avere più niente. La famiglia lo ha abbandonato, il padre è scappato via e la madre lo disprezza. I compagni di squadra lo guardano con circospezione, gli amici – se davvero ne avesse qualcuno – lo detestano, gli studenti della Liberty High ne hanno fatto l’icona da abbattere con i pugni e con gli artigli.
Tutto il male che ha fatto gli si ritorce contro sotto forma di odio. Implacabile, feroce, vendicativo.

La violenza chiama violenza, uno slogan che abbiamo sentito ripetere più volte nel corso di questa terza stagione di 13 Reasons Why. E Bryce Walker di violenza ne ha scatenata parecchia, al punto da non riuscire più a controllarne gli effetti collaterali. Non solo Hannah, ma anche Jessica, Tyler, Chloe, Justin, Clay, Tony e tanti altri sono finiti nel vortice di una brutalità dura e rabbiosa, che ha avuto il suo epicentro proprio nei crimini commessi da Bryce.

La Liberty High somiglia più a un inferno claustrofobico che a una scuola. E in quell’inferno, ognuno deve combattere con i propri demoni. Persino Bryce Walker, che di demoni da combattere ne ha parecchi.

Il capitano è solo, nessuno gli guarda le spalle. Solo con i suoi errori, con il suo passato, con i rimorsi che lo tormentano ogni notte. Non è vero che le persone non possono cambiare, 13 Reasons Why ci ha sempre dimostrato che esiste una seconda occasione per tutti. E la seconda occasione di Bryce si chiama redenzione. Solo che non ne ha avuto il tempo.
Il capitano ha provato a rimettere insieme i pezzi, a ricucire gli strappi, a rimediare ai propri sbagli. Ha aiutato Alex a sentirsi meno inutile, ha salvato Justin dall’ennesima brutta fine, ha provato a dare una mano a Tony e a proteggere le spalle di Tyler nel momento del bisogno. E ha chiesto perdono. A suo modo, ma lo ha fatto.

È uscito devastato dalle ultime due stagioni di 13 Reasons Why, ma ha reclamato a gran voce un’occasione per dimostrare di essere diverso, di poter essere migliore (è interessante anche il commento dell’attore Justin Prentice sulla fine del suo personaggio).

Si è scontrato solo con l’astio della gente, com’era prevedibile.

13 reasons why

Porte in faccia, sguardi carichi d’odio, risentimento, risentimento e ancora risentimento. Questo è il lascito del capitano della Liberty High.

Bryce Walker voleva essere buono, ma non ne ha avuto il tempo. L’hanno spinto giù da un ponte e l’acqua scura e gelata della notte lo ha trascinato via con sé. Il carnefice che diventa la vittima, in un attimo. Vittima dell’odio che lui stesso ha messo in circolo e vittima di un mondo troppo arrabbiato per poter avere la pazienza di aspettare che le persone cambino. Di Bryce Walker, del capitano rimasto solo e fatto a pezzi, non resta altro che una foto incastonata nel marmo gelido di una bara. Il triste finale di un ragazzo che voleva cambiare, ma a cui il mondo non ha dato il tempo di farlo.

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