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Cosa è mancato a Willow e a Il Mistero dei Templari per imporsi al grande pubblico

Tra le uscite potenzialmente più interessanti che hanno caratterizzato la coda del 2022 e l’inizio del 2023 su Disney Plus ci sono state, senza dubbio, Willow e Il Mistero dei Templari, due serie che, per molti versi, possono essere accomunate e trattate come un esempio unico. I due lavori, infatti, non condividono solo la piattaforma di produzione, ma si rifanno anche ad antecedenti amati, ma non troppo ingombranti e soprattutto entrambe le serie non hanno ottenuto il successo sperato, per motivi molto simili.

Willow è il seguito dell’omonimo film del 1988, divenuto un piccolo cult per gli amanti del genere fantasy. Il Mistero dei Templari, invece, riprende la formula dei due fortunati film con Nicolas Cage dei primi anni Duemila, introducendo però una storia del tutto nuova. Entrambe le serie di Disney Plus avevano il favore di poter contare su un modello di riferimento decisamente importante, ma non così ingombrante: una situazione ideale, perché gli permetteva di staccarsi dall’originale senza troppi problemi, sfruttandone comunque l’aura e la risonanza. I risultati ottenuti, però, per entrambe le serie non sono stati all’altezza delle aspettative: ora andremo alla scoperta di cosa è mancato sia a Willow che a Il Mistero dei Templari per affermarsi presso il grande pubblico, seguendo uno scenario decisamente simili per i due lavori.

Willow e Il Mistero dei Templari: due azzardi senza coraggio

Per analizzare a fondo le ragioni del mancato successo delle due serie occorre ripartire da quella condizione di partenza delineata nell’introduzione. Il rapporto che le due produzioni hanno con i loro modelli di origine è fondamentale, perché è stato costruito in nome di una prudenza eccessiva, che ha finito per costituire il più grande limite delle due serie. Questi modelli originali, il lungometraggio di Willow e i due film de Il Mistero dei Templari, sono dei lavori amati, ma sicuramente non circondati da quell’aura di capolavoro tale da renderli dei modelli di riferimento da trattare coi guanti. Ciò vuol dire che, non poggiando su originali troppo ingombranti, le due serie avevano ampio spazio per sviluppare una propria identità ben definita e staccarsi da quei precedenti, ma non l’hanno fatto, precipitando nell’anonimato.

Sia a Willow che a Il Mistero dei Templari è mancato, sostanzialmente, il coraggio e le due serie si sono ritrovate in una sorta di terra di mezzo in cui sono rimaste troppo ancorate al modello di riferimento e non se ne sono staccate abbastanza. In sostanza, le due produzioni hanno provato a definire una propria identità, ma senza andare in fino in fondo nella loro operazione. Questo lavoro è rimasto allo stato embrionale e in questa situazione intermedia i modelli di riferimento non avevano la giusta forza per mantenere alto l’interesse anche sulle loro serie derivate, mentre questi nuovi originali non sono riusciti a emanciparsi da quegli stessi modelli e a sviluppare una loro esistenza definita.

La conseguenza di questa incertezza è che sia Willow che Il Mistero dei Templari sono rimaste avvolte da un pesante velo d’incompiutezza, che poi ha finito per pesare tantissimo sull’esito delle due produzioni. Da una situazione apparentemente favorevole, le due serie di Disney Plus sono riuscite a uscirne nel modo peggiore, trasformando i vantaggi in svantaggi e facendosi risucchiare nell’anonimato senza essere riuscite a costruirsi delle fondamenta proprie su cui poggiare.

Willow
Willow (640×340)

I limiti di Willow

Dopo queste considerazioni di tipo generale, andiamo un po’ più nello specifico nell’evidenziare i limiti delle due serie di Disney Plus. Partiamo da Willow. Quando è stato annunciato l’inatteso sequel di quella pellicola di riferimento del 1988 firmata da dei giganti come Ron Howard e George Lucas, la curiosità era ovviamente alle stelle. La serie ha avuto il plauso di distanziare di parecchi anni il proprio racconto da quello del film, mantenendone alcuni chiari riferimenti, ma lasciandosi spazio per svilupparsi autonomamente.

Il grande problema però è che Willow si è limitata a svolgere il proprio compitino. Pur ponendosi in una situazione ideale, la serie non si è sviluppata molto oltre gli standard tipici del fantasy, proponendo una storia lineare e prevedibile, decisamente troppo prudente e poco audace, che non si allontana mai dai solidi schemi narrativi del genere, ampiamente ormai visti e rivisti. Sembra, banalmente, che non siano passati più di 30 anni dal film che ha dato origine alla serie e tra i due prodotti non c’è praticamente alcuno scarto.

Sia le dinamiche tra i personaggi che lo sviluppo della trama sono stati portati avanti con sufficienza dalla serie, che già dopo poche puntate si appiattisce e non sviluppa alcuna peculiarità che fosse riferibile solo a se stessa e non all’intero genere fantasy. Questa è la difficoltà più grande di Willow: il non riuscire a staccarsi dal genere di riferimento, il non emergere e non differenziarsi, rimanendo estremamente legata a un modello vecchio di 30 anni e ampiamente superato. Con più coraggio, la serie di Disney Plus avrebbe potuto davvero costruire una propria identità fortissima e riconoscibile, perché le potenzialità narrative erano enormi.

I limiti de Il Mistero dei Templari

Un discorso simile a quello fatto per Willow può essere applicato anche a Il Mistero dei Templari. A differenza dell’altra produzione, questa s’inserisce all’interno di un franchise, ma senza alcuna costrizione narrativa, visto che si sviluppa come una storia autonoma e indipendente. Già questo avrebbe dovuto conferire una straordinaria libertà alla produzione, che però, anche in questo caso, non va oltre degli stantii modelli di genere, puntando su personaggi poco dinamici e su una trama che procede in modo lineare, ma anche in questo caso in maniera un po’ prevedibile, uguale a molte altre storie di enigmi e misteri.

Anche qui, a livello di strutture narrative non sembra esserci una distanza di 15-20 anni tra i film de Il Mistero dei Templari e la serie. C’è, ancora una volta, un compitino svolto senza troppi patemi, con una prudenza eccessiva e uno sguardo decisamente ancorato al passato. Alla fine, questa serie non aggiunge granché al franchise e questo è l’esempio più grande del mancato successo de Il Mistero dei Templari, che aveva l’occasione per sviluppare un proprio codice sia narrativo che stilistico, e che invece ha semplicemente emulato schemi preesistenti.

Il Mistero dei Templari (640×340)

Due occasioni perse

In conclusione, di Willow e Il Mistero dei Templari ci rimane la sensazione di due serie di cui potevamo tranquillamente fare a meno. Non c’era chissà che spinta per un revival di due film che, sicuramente hanno avuto successo, ma che non hanno mai sviluppato una propria mitica tale da costringere a uno sviluppo narrativo ulteriore. Queste due operazioni, dunque, avevano tutti i crismi per essere vincenti, perché potevano riaggiornare e rivitalizzare due modelli che hanno funzionato, ma che allo stesso tempo non ingombravano e che soprattutto fornivano tantissimi spunti.

Il grande rimpianto, sia per Willow che per Il Mistero dei Templari, deve esser quello di aver perso delle occasioni importantissime, sprecando il potenziale a disposizione in nome di una prudenza decisamente incomprensibile. Probabilmente le due serie non avranno nemmeno occasione di rifarsi: Willow è stata congelata e la sensazione è che sia destinata a cadere nel dimenticatoio, mentre il destino de Il Mistero dei Templari è ancora in bilico, ma il dibattito intorno al rinnovo è freddo.

Il coraggio è ciò che è mancato alle due produzioni di Disney Plus per imporsi al grande pubblico. Senza essere riuscite a sviluppare un’identità ben precisa, Willow e Il Mistero dei Templari sono scivolate nell’anonimato, inghiottite da profluvio di produzioni che dominano il mercato al momento. Si tratta sicuramente di un bel rimpianto per entrambe le serie, ma anche la testimonianza di come poggiarsi su dei modelli di riferimento può essere molto rischioso senza un minimo di coraggio.