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Mercoledì 2 – La Recensione della seconda parte: il goth e il macabro burtoniano sacrificati sull’altare dell’algoritmo

ATTENZIONE! L’articolo contiene SPOILERS della seconda stagione di Mercoledì

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“Something wicked this way comes”

L’autunno è certamente un periodo più in linea con le atmosfere di Mercoledì, nonché con quelle della cinematografia di Tim Burton in toto. Eppure, anche in questo caso, l’uscita della seconda parte sulla piattaforma Netflix sarebbe potuta risultare molto più azzeccata se più avanti nella stagione. Magari facendola coincidere con quel Dia de los Muertos che diventa scenario proprio del quinto episodio. Inoltre, a fronte di quanto già detto nella nostra scorsa recensione e visti i deludenti risultati della prima parte, siamo sempre più convinti che questa scissione non abbia per nulla giovato a una Mercoledì non più in voga. Siamo forse un po’ polemici? Magari si, ma aspettare per soli altri quattro episodi non ha davvero poi molto senso, vi pare?

Mercoledì e la sottoscritta autrice di questa recensione condividono parecchie cose. Tra queste l’amore incondizionato per il nero, una posizione di morte apparente quando dormiamo e una leggerissima tendenza alla misantropia. Ed è tutto questo e anche di più che me l’ha fatta particolarmente apprezzare nella prima stagione. La novità e la freschezza cadaverica che ha portato in scena Jenna Ortega con la sua Mercoledì (perché è appunto sua e di nessun altro) sono state proprio quelle di una protagonista femminile controcorrente. In un mondo di clean girl e di aesthetic da Kardashian, Mercoledì ha riportato sotto i riflettori la figura melanconica della goth girl. Balletti da tik tok a parte.

Un po’ eroina inconsapevole, un po’ detective da giallo noir, Mercoledì Addams ha sottolineato meravigliosamente come omologarsi non sia poi così avvincente.

Per questo motivo vederla dimenarsi sulle note delle Blackpink rompe decisamente il sogno dark in cui eravamo tornati a immergerci. Ma facciamo un passo indietro. La prima parte della seconda stagione si era conclusa con tanta carne al fuoco: Mercoledì in coma, Tyler in fuga, la morte della Thornhill, uno zombie in fuga e tanto family drama. Tutto sommato, seppur zoppicante qua e là, la prima parte aveva ripreso dignitosamente l’eredità della passata stagione. Non è mancato il mistero, l’orrore e neppure quei guizzi creativi che portano la firma inequivocabile di Tim Burton (la sequenza animata è un bellissimo omaggio a Frankweenie).

Di ritorno alla Nevermore, dopo un’estate impegnata, Mercoledì è diventata it girl involontaria con una crisi di poteri psichici. Una nuova profezia di morte mette stavolta in pericolo la vita di Enid, mentre la famiglia Addams (annunciati gli spin-off) è sempre più presente e coinvolta nelle attività extrascolastiche della figlia maggiore. I misteri e i segreti portano tutti al Willow Hill, dove gli affari della famiglia Stonehurst sono legati a doppio filo al progetto “LOIS”. Un programma segreto che punta a trasferire i poteri degli outcast ai normies.

Mercoledì svela il piano, libera gli outcast intrappolati e genera il caos a Willow Hill. Causando, avventatamente, anche la fuga dello zombie Slurp e di Tyler, in cerca di vendetta.

Mercoledì si risveglia dal coma
Credits: Netflix

Il passato bussa sempre alla porta

Specialmente a quella della famiglia Addams, che sembra davvero incapace di sfuggire ai segreti a lungo sepolti sotto il tappeto. Come già accaduto nella prima stagione, anche stavolta sono i misteri di ieri della Nevermore a ricadere sull’oggi di Mercoledì. Se, però, nella prima parte della seconda stagione il fulcro era il dramma familiare, stavolta l’attenzione torna a concentrarsi sulla protagonista. Il passato fa capolino attraverso diverse trame e sottotrame.

Pensiamo per esempio alla figura di Larissa Weems, ex preside che veste adesso i panni di guida spirituale della ragazza nonché quella di proverbiale grillo parlante. Le colpe o disgrazie dei genitori ricadono sui figli, come avviene nel caso di Blanca, di Tyler o di Mercoledì stessa. C’è un filo rosso sangue che unisce i rappresentanti della nuova generazione, ancora troppo influenzati dalle scelte (sbagliate) dei loro familiari. Un’ombra incombente che impedisce loro di emergere davvero, di trovare uno spazio per maturare in maniera indipendente.

Non matura affatto, per esempio, la nostra protagonista che, anzi, sembra quasi subire una involuzione. Caricandosi sulle spalle un peso non richiesto, il carisma di Mercoledì lascia spazio a una hybris da “faccio-da-sola-non-ho-bisogno-di-nessuno” che diventa ridondante.

Di certo non aiuta l’assenza di comprimari che siano degni di questo nome. Se si esclude il reparto adulti, gli altri coetanei non riescono a stare al passo né dell’astuzia della protagonista né della bravura della sua interprete. Enid è tanto buona e cara, ma è un golden retriever così petulante a tratti da farci desiderare che rimanga più tempo off screen. Inoltre, la profezia riguardante la sua morte non va incontro ad alcun vero climax, adombrato dalla versione goth di “Un pazzo venerdì”. Mercoledì ripercorre gli stessi cliché, senza imparare nulla davvero dalla strada buia percorsa finora. Il passato è solo un guazzabuglio di avvenimenti, nomi e facce da tagliuzzare e incollare di nuovo insieme, malamente.

La Rosaline Rotwood di Lady Gaga è tra le più grandi truffe seriali dell’anno. Pubblicizzata al massimo la sua presenza in questa seconda parte, per poi ridursi a un cameo di un solo episodio. Per carità, è indubbio che l’artista sia nata per interpretare questo tipo di ruoli, ma forse dovremmo sentirci un pelo più gabbati per tutte le aspettative di questi mesi.

Credits: Netflix

Troppa confusione

Ci sono spunti molto interessanti che non prendono alcuna direzione. Introdotti e poi dimenticati in favore di una narrazione verticale che ha tanto il sapore delle serie tv anni Duemila. Quei tempi sono ormai finiti da un pezzo. La seconda parte riprende le fila della prima, poi ci ripensa e inverte la direzione, poi torna sui suoi passi, poi inserisce plot twist senza una base solida. A questo schizofrenico susseguirsi di storyline si aggiunge la presenza di troppi personaggi. Ognuno dei quali, escluse rare eccezioni, finisce per non ricevere alcun tipo di caratterizzazione. La stessa trama di Tyler e della sua famiglia, a metà tra Frankenstein ed Edward Mani di Forbice, si trascina stancamente per quasi tutti e quattro gli episodi ripetendo escamotage e persino frasi.

D’altronde l’elefante nella stanza rimane sempre quello: gli episodi sono solo quattro. Davvero troppo pochi per lavorare in maniera appropriata sul materiale esistente e avere anche l’audacia di evolvere la trama in nuove direzioni. Nemmeno lo straordinario talento di Jenna Ortega può compensare delle lacune evidenti. Un’altra di queste lacune, ci duole dirlo, sta anche in una generale infantilizzazione della serie tv. La prima parte della seconda stagione aveva rinunciato alla romance, promettendoci effettivamente anche meno teen drama. Deve essersi trattato di un fugace momento.

Tim Burton si muove tra autoreferenzialità malinconica e riferimenti quasi 1:1 con la pop culture. Da Freaky Friday ad Harry Potter, passando per Teen Wolf persino.

In un universo sovrannaturale come quello di Wednesday fa storcere il naso che nessuno sembri accorgersi del palese scambio di corpi tra Enid e Mercoledì. I riferimenti sono sempre graditi, ma esiste un confine sottile con il copia-incolla fatto e finito. Soprattutto quando impediscono alla serie tv di svincolarsi da questo opprimente teen drama. Il goth, la stranezza e il macabro burtoniano che avevano contraddistinto la prima stagione, facendone in larga parte la fortuna, sono stati sacrificati sull’altare dell’algoritmo di Netflix.

In fin dei conti, Wednesday intrattiene certo, ma a quale prezzo? Di Tim Burton rimane l’estetica e nulla più. Predomina, invece, il bisogno spasmodico di replicare il successo della prima stagione, sacrificando la creatività. Ecco dunque che tornano anche i balletti. Non ci resta che sperare in una terza stagione decisamente più in linea con la morale stessa della famiglia Addams e che possa, ancora una volta, opporsi all’omologazione dilagante che non lascia più spazio al diverso.