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Cosa non ha funzionato in Warrior Nun

Warrior Nun inizia con il botto. Tuttavia non passa troppo tempo prima che riveli le sue pecche e i suoi buchi. Uno show che poteva essere grande, visti i preamboli, ma che si è lasciato andare diventando un teen drama decisamente già visto. Buffy in salsa ancora più teen.

Partiamo descrivendo una delle cose meglio riuscite forse della serie.
Il gergo e il linguaggio mitologico sembrano quelli di John Wick mescolati con l’interpretazione letterale della cosmologia cristiana che si trova nelle storie di John Constantine. Insomma, Keanu Reeves ci sarebbe stato tanto bene. Peccato fosse già impegnato.

Liberamente basata sulla serie a fumetti di Ben Dunn, Warrior Nun di Netflix soffre di scrittura incoerente, scarso ritmo, mancanza di originalità e il desiderio del creatore Simon Barry di trattenere troppo per le stagioni future. I primi dieci episodi si susseguono tra un numero enorme di personaggi che hanno ciascuno storie misteriose e dolorose, ma sono per lo più archetipi. Dopo una prima parte esplosiva, caratterizzata da combattimenti e colpi di scena, l’azione si interrompe, mentre la prospettiva si sposta su Ava (Alba Baptista), un’orfana morta resuscitata con l’aureola della Warrior Nun impiantata nella schiena. Dopo essere morta in circostanze misteriose e portata in chiesa per la sepoltura, il suo cadavere viene usato come nascondiglio per la sacra reliquia dell’Ordine della Spada Cruciforme, una società segreta di donne guerriere risalente alla Prima Crociata.

Quello che aveva il potenziale per essere uno spettacolo divertente e in alcuni punti scioccante si trasforma in una litania dei peggiori racconti legati al prescelto e al giovane messia.

Gli episodi di Warrior Nun sono pieni di monologhi pesanti sullo scontro tra religione e fede, che avrebbero più impatto se i dibattiti non avvenissero tra personaggi consapevoli che il potere divino esiste davvero. Ci sono alcuni punti intelligenti sulla differenza tra conoscenza e fede nell’episodio finale, ma gli spettatori devono superare molte inutili discussioni per arrivare lì. L’idea del Vaticano che custodisce segreti incredibili è stata notoriamente realizzata in passato nel franchise di Assassin’s Creed e ne Il Codice Da Vinci (di cui sta arrivando la serie, qui i dettagli). Warrior Nun non riesce a essere all’altezza di nessuno dei due, per via del ritmo lento e dalla mancanza di consapevolezza di sé. Quando Jillian acquisisce il filmato di una suora che irrompe nella sua struttura e lo condivide in una conferenza stampa in cui annuncia anche la sua intenzione di aprire un portale per il paradiso, non c’è alcuna indicazione su come il pubblico in generale riceva entrambe le affermazioni. In più, giusto per fare un esempio delle reazioni assurde che troviamo in Warrior Nun, quando una suora guerriera vaga per una spiaggia chiedendo in giro se avessero visto Ava, nessuno commenta la spada sulla schiena.

Se vi trovaste una tizia cazzuta e incazzata con una spada sulla schiena, le indichereste semplicemente la strada per il kebabbaro più vicino o scappereste preoccupati dalla polizia? Solo per dire eh.

Vi è un personaggio, però, che rende questa serie fastidiosa ogni qual volta sbuca fuori, e purtroppo non è così poco ricorrente: JC.

Il suo monologo di apertura, tanto per ricordarci i molti monologhi della serie, recita circa così: “Il sistema è truccato contro persone come noi. Dicono che se lavori sodo puoi ottenere qualsiasi cosa, ma è una bugia”. Tutto questo per spiegare ad Ava come lui e i suoi amici avessero deciso di andare in giro per l’Europa prendendo in prestito le case e gli oggetti dei ricchi. In più, giusto per disturbare ancor di più lo spettatore, il monologo viene interrotto diverse volte dalla voce fuori campo di Ava, evidentemente interessata più al volto del suo interlocutore che a ciò che sta dicendo: “Continua a parlare, bel ragazzo. Non mi interessa di cosa stai parlando. Vedo solo le labbra che voglio baciare”.

JC in tutta Warrior Nun è estremamente superficiale, parla costantemente di come non deve nulla a nessuno, scrollandosi di dosso il lavoro e ammaliandosi con la sua stessa riflessione. È sconvolto quando vede il demone inseguitore di Ava, rischia la vita, ma non si allontana da lei. Un salvatore inaspettato? No, un amante infatuato. Durante il loro viaggio in nave continua ad esprimere shock per il fatto che Ava continui a presentarsi ricoperta di sangue, salvo poi sgattaiolare fuori per fare sesso, accompagnati da una musica liturgica trionfante. La Messia e il salvatore occasionale si danno alla pazza gioia.

Warrior Nun, finisce come è cominciata, con il botto.

Con un finale pieno di colpi di scena che portano a un grande cliffhanger. Mentre alcune delle sorprese funzionano davvero e potrebbero essere intriganti da vedere sviluppate. L’intero spettacolo però sembra troppo fino, l’azione e i personaggi vengono rivelati con parsimonia, presumibilmente in modo che Barry e gli scrittori possano estendere i misteri dello spettacolo oltre la prima stagione. Sfortunatamente le poche esplosioni di azione vibrante di Warrior Nun non possono compensare tutti gli episodi che appaiono inutili e alle volte stupidi da seguire.

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