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Vikings, il canto dell’eternità

Che il vento nordico apra le porte del Valhalla o che il caro Athelstan lo accolga in cielo.

In questo lacerante episodio di Vikings, il sadico e instabile Re Aelle, cala il sipario sull’esistenza imprevedibile e burrascosa di Ragnar Lothbrok, beneficiando di una scia di eternità donatagli proprio dall’incontro col nordico vichingo.

La dipartita di Ragnar è di una crudeltà inaudita, forse mai vista in una serie tv. La gabbia sospesa come se fosse una bestia selvatica, i tagli delle lance dei soldati come se fosse un Gesù Cristo, l’orgoglio di un uomo che in punto di morte grida la sua nordica essenza. La vecchia croce di Athelstan che Ragnar dona al figlio Alfred, la croce che Re Aelle solca nella sua rugosa fronte. Un letto di serpi che si avvinghiano attorno al suo corpo, mostri viscidi legati alla figura di Satana che mordono e deturpano il corpo possente ed il volto spiritato del visionario Ragnar.

La croce e il serpente: Gesù e Satana. Un uomo che prega Dio si copre di una forza bruta e una violenza satanica, mentre un uomo che reclama il suo Valhalla, viene demonizzato. Athlestan che prima di essere ucciso da Floki, consolida la sua cristianità, Ragnar che prima di morire inneggia le credenze nordiche del suo popolo. Simbolismo ed eternità, la croce e la morte.

ragnar-s-Quest’episodio di Vikings è stato un vero e proprio calvario, un bagno di ingiurie, sangue, lacrime, sadismo e atrocità. Un supplizio eterno.

Tra Valhalla e Paradiso, l’eternità è l’unica astrazione possibile a frapporsi. Ragnar forse non è finito nel banchetto dei fratelli vichinghi nè tantomeno nei giardini paradisiaci. Ragnar resta semplicemente immerso nell’eternità.
L’eternità che si tramanda nei canti, l’eternità che tutti corteggiano ma che bacia pochi prescelti.

Ora il Re, è veramente morto.

Re Aelle è la metafora dell’ipocrisia, il contrasto tra parola ed azione. Lo stridore ossimorico tra le azioni malvagie di un soddisfatto, sadico e vendicativo Re Aelle che recita le parole soavi e pure del Signore, poco prima di commettere un’atrocità tanto squallida quanto demoniaca. Dall’altro lato l’umanità di Re Ecbert, che camuffato da monaco va a dare l’ultimo silenzioso addio a Ragnar, la sua immagine speculare, la sua nemesi. Risulta difficile realizzare quello che si è visto nell’episodio 4×15 di Vikings, ma queste strazianti ed insane scene sono molto fedeli alle reali cronache.

Ragnar ha fatto delle tenebre una luce, ora tocca a Ivar fare della rabbia un combustibile per la rivalsa. Ragnar non c’è più, ma le gesta dei ‘Ragnarsson‘ (figli di Ragnar) devono ancora essere scritte. Ivar-Senz’ossa torna nella sua Kattegat, città perennemente sotto ferro e fuoco, città disordinata che ha visto l’ennesimo ribaltone politico-militare.

Ivar racconta ai fratelli la morte del loro padre, i fratelli raccontano ad Ivar della morte di Aslaug.

Le notizie nefaste sembrano non finire mai. Ivar, dopo il dialogo con Ragnar, conosce finalmente il proprio ruolo, non è solo un essere strisciante e rancoroso, Ivar sa di avere uno scopo. Uno storpio dalla grande forza ed astuzia, che sarà perennemente sottovalutato, un figlio insignito dal leggendario Ragnar dal compito di una vendetta verso Re Ecbert . La luce di Ragnar, risplende nell’iride di Ivar.

“Senza rabbia, non sei nulla” (Ragnar a Ivar)

Ai figli non resta che vendicare il padre ed allo spettatore non resta altro che salutare l’amato Ragnar, consolandosi nel dolce e triste canto della sua eternità.
 Il Re è morto, ma non sarà dimenticato…

 

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