Vai al contenuto
Serie TV - Hall of Series » The Walking Dead » The Walking Dead : l’Inferno e la tragedia, secondo Kirkman

The Walking Dead : l’Inferno e la tragedia, secondo Kirkman

The Walking Dead è una delle serie tv più apprezzate dal genere umano e probabilmente, se la capissero, sarebbe amata anche dagli stessi “erranti“. Narra di un gruppo di sopravvissuti della città di Atlanta (Georgia, Usa) costretto a fronteggiare una ignota e pericolosa epidemia. L’esordio di TwD non è nella televisione ma nelle edicole statunitensi nel 2003, e i risultati non superarono certo le aspettative; il graphic novel nacque dalla mente di Robert Kirkman e dai disegni di T. Moore e Adlard.

Nel 2010, la Amc decide di lanciare quella che diventerà una delle serie di maggior successo (la più vista e la più commentata sui social) sviluppando la prima stagione in soli 6 episodi; la storia è ancora in corso e il network Amc da due mesi circa, ha ufficializzato la stagione numero sette.
La trama è innovativa per il mondo della serialità, difficile ed esaltante per una rappresentazione televisiva, ben curata nella scelta dei dettagli (merito di Greg Nicotero, S.Gimple, Frank Darabont) e fa di tutto per instaurare un rapporto di empatia, odio tra lo spettatore ed i personaggi, riuscendoci in modo incredibile e straordinario, in molti casi più attraverso l’odio, che con la compassione.

THE WALKING DEAD locandina Atlanta
la vecchia Atlanta, la desolazione di un uomo e la trasformazione dello scenario umano

Si vive la tragedia più lacerante e ostica da combattere, perché racconta di un’epidemia zombie in pieno atto che prima di ogni cosa stravolge la vita quotidiana, la coscienza e soprattutto il senso del concetto di umanità. Questa parola nel corso dell’arco narrativo, viene quasi frantumata del tutto, perdendo senza rimedio la sua essenza, il suo antico valore.
Il significato stesso della parola “umanità” antepone due diverse accezioni : uno inteso come debolezza e fragilità tipica dell’uomo; l’altro come capacità di compassione, solidarietà verso altri uomini. Nell’opera televisiva la seconda accezione, rappresenta decisamente la via della rarità e dell’insolito, ma è comunque presente.
In The Walking Dead quindi ,la parola umanità, non solo perde quasi del tutto ogni suo vecchio significato, ma la tragedia vissuta dai personaggi è posta su un triplice piano : quello della distruzione della vecchia civiltà, quello della sopravvivenza “machiavellistica” (ad ogni costo e con qualsiasi mezzo) e quello della sfiducia verso il prossimo. Il protagonista e leader, Rick Grimes (Andrew Lincoln) ha perso ogni fiducia e speranza ed impara presto che la strada della salvezza è rappresentata solo dall’ uso della violenza, dell’astuzia e della tenacia, contando soltanto sull’aiuto che può garantirgli la sua “nuova famiglia”, è il leader che prende le decisioni scomode, l’uomo che per non gravare sugli altri, decide di sporcarsi le mani e gran parte della sua coscienza.

Spesso nella serie Rick ha creato dei sentimenti contrastanti nell’opinione dello spettatore, a volte ci fa letteralmente incazzare, ma lui è un visionario ed intuitivo leader che vede pericoli e spiacevoli sorprese, che gli altri neanche pensano; la tensione, la paura e la sua colt magnum 357 sono le uniche cose a mantenerlo in vita.

Il focus va centralizzato su almeno tre momenti-chiave : Rick è l’uomo che decide di premere il grilletto su un walkers “familiare” , quando gli altri fissano il vuoto, piangono o si disperano nella fattoria di Hershel ; è il primo a capire l’insidia potenziale, celata nel centro di Terminus,  è colui che salva i suoi da Joe (in una delle più forti scene in The Walking Dead). R.G. è il personaggio che ha una duplice personalità, più di chiunque, incarna infatti una tipologia di forma ibrida, tra l’umano e il ferino; è ormai consapevole del cambiamento in atto, e nel suo animo coabita la senzazione positiva di aver salvato parte del gruppo e quella negativa per la ferocia disumana, esplosa in lui.

Screenshot_2016-01-28-11-36-21
Rick, in uno dei momenti più forti e senzazionali della serie (4×16)

Glenn, Daryl, Michonne, Carol, Morgan, Beth, Tyreese e Maggie  gli altri componenti del gruppo sono la sua vera e unica famiglia. Il resto del mondo è un grande Inferno di innumerevoli morti, con grida e fiamme sugli edifici, con la presenza di altri uomini pronti a sfruttare la fragilità e la bontà del prossimo, gente che umanità e coscienza l’ha smarrita da un pezzo, o forse non ne ha mai avuta. Frammenti di memorie dantesche sono i violenti contro il prossimo (Il Governatore), i ladri e i falsari (Gareth e affini), i lupi (Wolves), gli ignavi (capeggiati da padre Gabriel), i traditori (Shane). Il vero Inferno, in Twd, non è assolutamente un sogno o una visione mistica, ma è la realtà quotidiana.

Molte sono state le circostanze in cui, la trama e la giustizia in The Walking Dead, sembrano quasi essere regolate da una nuova forma dantesca di legge del contrappasso. Gareth e soci, seminano crudeltà e periscono in modo brutale; Joe e i “rivendicatori” credono di essere dei dominatori e vengono sconfitti, da un lampo di violenza creativa del nostro leader.

Essendo un’amante della commistione sacro-profano, ho intravisto altri parallelismi letterari tra i personaggi; Morgan è come se fosse una sorta di Virgilio per Rick, è infatti, la prima persona che Rick incontra dopo il suo risveglio dal coma, è il primo a guidarlo nell’apocalisse zombie, ad accudirlo come un fratello e a instaurare un rapporto di amicizia. Per Morgan invece, dal momento della definitiva reunion, Rick è anche di più, è l’ultimo e unico essere umano che conosce, un immenso patrimonio affettivo, dal quale non può assolutamente staccarsi.

Glenn, invece, è il primo ragazzo a “scommettere” sul vice-sceriffo Rick Grimes, salvandolo da una situazione con probabilità di successo pressappoco vicine o pari allo zero; un personaggio che diventerà sempre più scaltro e capace, ma che manterrà parte della sua umanità e spirito di sacrificio per il prossimo. Il suo personaggio è un grande elogio\tributo alla classe operaia : sudore, sacrificio e dedizione (anche Abraham e Tyreese sono molto simili in questo). Glenn vive una storia d’amore con Maggie, sono entrambi due dei personaggi più amati della serie, rappresentano un barlume di speranza, un ricordo della capacità di amare, una piccola luce nella grande disfatta dell’umanità.

Carol, è semplicemente, il miglior personaggio femminile della serie. Simboleggia la leadership del mondo rosa, che riesce ad affermarsi tra le marcatissime e forti figure maschili presenti. Lei ha forse, sulla coscienza il peso più ingombrante della storia (l’uccisione di una ragazzina), ma capisce che nell’Inferno contemporaneo non c’è spazio per crolli psicologici e crisi depressive. Riesce a trasformare nel suo animo la tristezza e la colpa, in una nuova linfa vitale, fatta di lucidità e “sana” cattiveria, per poter affrontare la brutale lotta per la sopravvivenza.

Daryl Dixon (Norman Reedus), è un personaggio fuori dagli schemi, un ribelle gentile.. Vive un percorso diametralmente opposto al resto dei personaggi. Inizialmente è scontroso, selvaggio e cinico, ma dopo aver vissuto e assimilato le tragedie con il gruppo, cambia, rinnovandosi e riscoprendosi. Ha vissuto molti dei momenti più crudi e incredibili della serie; ha incontrato e perso troppo presto il fratello Merle; ha rischiato di perdere la vita per ritrovare la piccola Sophia; è stato lontano dal gruppo per un certo periodo, in compagnia di brutali cacciatori nomadi, alquanto singolari. Rick è il grande leader, ma spesso guarda i cenni dello sguardo di Daryl, è lui il suo vero “fratello” (4×16), avere una sua approvazione, è fondamentale. D.D. è il leader silenzioso ed un eccellente animale da competizione, che ogni gruppo di sopravvisuti vorrebbe avere. I fratelli Dixon sono la grande invenzione della serie-tv, entrambi non esitono nel graphic novel e risultano essere tra i personaggi più apprezzati dai fan.

Daryl in moto
Daryl Dixon, deve condurre lontano “la mandria”

In The Walking Dead si parla dei non-morti, meglio noti come walkers (erranti), ma la verità è che si dovrebbe anche parlare di non-vivi, ovvero tutti gli uomini rimasti in vita. Sarebbe opportuno parlare di “non-vivi” perchè molti diventeranno i nuovi erranti, e anche molti dei rimasti in vita, non possono avere più la pretesa di “vivere”, ma si limitano a  “sopravvivere”.

Un altro punto di forza, che ho riscontrato in The Walking Dead può sembrare, probabilmente, abbastanza singolare e strano, risultando anche un concetto antitetico. Anche se molti scenari possono sembrare prevedibili o già vissuti, vengono assimilati dai personaggi stessi in svariati e differenti modi, e lo stesso è per lo spettatore. Il regno del Governatore chiamato Woodbury è caduto, Terminus si è rivelata la “grande menzogna“, la Prigione è diventata una polveriera e la stessa Alexandria, nata da nobili e onesti intenti, è ormai diventata un nuovo dominio degli erranti. La riproposizione e la ripetizione muta in altri spunti, dona nuove reazioni e trasforma alcune delle emozioni dei personaggi (apatia, odio, compassione); è anche questa la chiave del successo del telefilm, che continua ad entusiasmare ed appassionare, un numero sempre più crescente di fan.

Per capire, cosa The Walking Dead rappresenti, bisogna strappare le convenzioni e regole che reggono il nostro universo, non esiste la vecchia famiglia, il denaro ora è solo un combustibile cartaceo, l’uomo si rivela per quello che è veramente e le abitazioni ed i vecchi edifici diventano altri “non-morti di cemento, consumati e polverizzati.

The Walking Dead insegna che c’è un  posto per la speranza, ma solo se non diventa vana e vuota illusione. Illudersi, rappresenta soltanto l’inizio della fine, e Rick lo sa meglio di chiunque altro.
(Un saluto ai nostri amici di The Walking Dead ItaliaThe Walking Dead ITACaryl ItaliaTWD – Am I the only one Zen around here? Good Lord)