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La scala della malvagità in The Handmaid’s Tale

2. Serena Joy

the handmaid's tale

Su Serena Joy abbiamo scritto tantissimo: è indubbiamente, insieme a June, il personaggio meglio concepito di The Handmaid’s Tale. Per questo si merita il secondo posto, e non il primo. Perché Serena Joy è l’emblema della contraddizione: torturatrice spietata ma capace anche di allearsi con la sua ancella. Una bussola impazzita che non riesce a fermarsi e a trovare il suo Nord. Teorica del regime, rimasta incastrata nella sua stessa visione.

Incapace di assumersi le sue responsabilità, che rovescia unicamente sul marito. Una donna capace di stuprare la sua ancella al nono mese di gravidanza e insieme di amare di un amore assoluto sua figlia. Un amore che troncherà irrimediabilmente qualunque tentativo di ravvedimento. Il suo lapsus al momento dell’arresto, nel finale di stagione di The Handmaid’s Tale, lo dimostra: per lei June è e sempre sarà Offred. Un oggetto di cui servirsi solo per arrivare a un altro oggetto, la figlia non sua. Eppure la amiamo: ma questo amore non le risparmia la seconda posizione, quella della malvagità caotica e lucida insieme.

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