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The Americans: essere se stessi dentro un’altra identità, in un altro mondo

The Americans è una serie la cui statura si percepisce sin dall’episodio pilota. Tutte le serie cominciano da un punto ove scelgono di posizionare lo spettatore ma poche sono quelle che danno un’importanza tale all’inizio da sottintendere un parallelo con la fine.

Sono molte di più le serie che cominciano e vengono interrotte senza che la fine sia stata pensata. In The Americans non accade perché è un percorso inevitabilmente soggetto alla fine. È una missione e come tale va conclusa, come si concludono le guerre, gli armistizi, i momenti storici.

C’è chi definisce The Americans una spy story e soprattutto un family drama; lo stesso Joe Weisberg ne ha parlato in questi termini. Già nella sua configurazione, dunque, emergerebbe il tema del doppio: un doppio drama per due protagonisti divenuti coppia, una doppia identità in uno scenario mondiale diviso in due blocchi: USA e URSS nei decenni della Guerra Fredda.

Tuttavia le dimensioni di The Americans sono più che uno schema duale.

Siamo dinanzi a un prisma che mette in luce impercettibili o insormontabili conflitti interiori, personali, familiari, relazionali e infine politici. Perché la politica, intesa come ideologia e ortodossia, seppur resti di sfondo nell’evoluzione delle vicende, ne è il motore ed esercita un ruolo fondamentale per analizzare l’identità di The Americans. Ovvero due individui, autonomi e complementari: Philip ed Elizabeth Jennings.

Come nel proemio dei poemi classici, tutto è magistralmente enunciato nella puntata pilota. Siamo nel 1981 in un tranquillo sobborgo di Washington, a due passi dall’epicentro del potere, e assistiamo al risveglio violento – è questo l’incipit di The Americans sulle note di Tusk – di una cellula del Direttorato Sovietico S impegnata nel rapimento del comandante Timochev, disertore e collaboratore dell’FBI. In azione sono Elizabeth e Philip, agenti del KGB sotto copertura, di giorno coppia modello che gestisce un’agenzia di viaggi e cresce due splendidi figli americani, Paige ed Henry, e di notte – o in altri momenti sdoppiati e ubiqui della giornata – abilissime spie a servizio della Russia e della fede socialista.

Il Pilot, non a caso titolato Missione, introduce la doppia identità dei due rough heroes

Per utilizzare la definizione di A. W. Eaton (Robust Immoralism, 2012) ovvero quei protagonisti della serialità complessa che non rientrano più nelle categorie di eroi e antieroi convenzionali. Possono essere criminali, compiere azioni crudeli ma, dietro il loro agire ritenuto immorale, hanno un codice etico e suscitano empatia in noi che li guardiamo evolversi lungo la storia. È il caso di Elizabeth e Philip, spietati agenti sul campo e genitori responsabili a casa. Una coppia terribilmente attraente.

The Americans
Elizabeth e Philip Jennings -The Americans (537×352)

The Americans introduce subito altri personaggi salienti per la rappresentazione del mondo americano, in cui la storia è ambientata. Sono Stan Beeman, agente FBI che si trasferisce nella casa di fronte ai Jennings divenendone amico sincero, e Martha Hanson, segretaria della Direzione del controspionaggio. Entrambi – ignari della vera identità della coppia – si rivelano cruciali soprattutto per i moti interiori di Philip, che si sentirà autenticamente legato nell’affetto al “nemico” Stan e, nel matrimonio, a Martha sotto il falso nome di Clark.  Anche Martha innamorata e devota a Philip/Clark, costituisce un nemico ed esiste nella sola misura di risorsa d’informazioni secretate dal governo americano ed essenziali per il Cremlino.

Joe Weisberg ha affermato “the show is conceptually about what it is to be an enemy and have an enemy, and how to think about enemies”.

Oltre la spy story e il family drama. Il vero high concept di The Americans è interrogarsi sul fine della politica negli anni successivi al conflitto mondiale e su come, al suo interno, possono districarsi i nuovi combattenti, che sacrificano le proprie vite per l’Intelligence, trasformandosi in altro da Sé ma, proprio in virtù del servizio, ritrovando se stessi. Diventando americani per essere ancora più sovietici.

È il senso della responsabilità verso i principi, come sanciva Max Weber, a plasmare The Americans. Insieme a interrogativi forti.  Cos’è la politica quando inventa nemici che, nell’ordinarietà quotidiana, non lo sono? Ma sono partner, vicini di casa, compagni di barbecue, confidenti? Come possono coesistere lavori top secret ad alto rischio con la costruzione di una famiglia, dove i figli sono esclusi dalla verità?

The Americans
The Americans (587×318)

La storia ci conduce, attraverso i flashback, nel retroterra granitico delle esistenze di Philip ed Elizabeth, che prima erano Misha e Nadezhda. Arrivano in Nord-Virginia nell’agosto 1965, con un contratto di matrimonio ed estranei l’uno all’altra. Li vediamo vivere un’esperienza di stupore: nella camera d’albergo dove sono chiamati a risiedere c’è l’aria condizionata. È il benessere americano che abbaglia Philip sin dalle prime sequenze:  “ti spiegano ogni cosa prima di venire ma quando lo vedi sembra tutto più abbagliante”. Sensazioni di piacere opposte alla rigidità sovietica, un certo edonismo reaganiano che Philip assapora ma che deve mettere a tacere e che sarà causa di crisi nel matrimonio e nella sua anima. Elizabeth, solida, fedele alla linea, invece nota: “c’è come una debolezza qui nella gente. Riesco a sentirla”.

Dal breve dialogo tra le giovani spie si comprendono le due visioni diverse nei confronti della missione e la divergenza tra i loro Sé che seguono ragioni opposte: Elizabeth la ragion di Stato, l’isotopia del lavoro, Philip la ragione del sentimento, l’isotopia della famiglia.  L’attaccamento a Elizabeth è totale, reso ancora più forte dall’arrivo dei i figli, verso i quali il padre nutre speranze di un futuro prospero negli Stati Uniti.

The Americans è capace di intrecciare con parallelismi e simboli la Grande Storia e la rappresentazione intima del quotidiano. 

Nadezhda e Misha nascono e vengono addestrati in Russia per trasformarsi in Philip ed Elizabeth.  Il padre di Nadezhda era un soldato e lei conserva l’immagine di lui che combatte contro i nazisti a Stalingrado perdendo la vita fieramente. La madre era una contabile che lavorava per il Partito. Il suo è un ricordo di liberazione dall’orrore della supremazia occidentale e l’infanzia la conduce verso la certezza di devolvere la sua vita alla prospettiva socialista del mondo.

Quando, sul finire della seconda stagione, la figlia adolescente Paige abbraccia gli ideali cristiani e l’impegno della Chiesa contro il nucleare, Elizabeth confessa a Philip il desiderio di dirle la verità. Riconosce che la figlia vuole impegnarsi nella lotta per un mondo migliore ma ritiene che non sappia “quale sia il lato migliore”, l’altra versione della storia, a Est. Philip, sempre più distante dalle convinzioni militanti, è contrario. Direbbe la verità ai figli, solo a patto che lascino il KGB liberandosi dalla fede cieca verso gli ordini del Centro.

The Americans
Philip ed Elizabeth Jennings (640×437)

Il ‘900 è il secolo del “male assoluto” e la Guerra Fredda protrae, a livelli sommersi, il senso di angoscia e conflitto ideologico che in The Americans e nell’identità camaleontica dei due protagonisti emerge magistralmente. Philip ed Elizabeth – interpretati dai magnetici Matthew Rhys e Keri Russell – disimparano la loro lingua d’origine per imparare un perfetto American English, accettano un altro Sé in un altro mondo. Compiono un gesto da rough heroes. Ci vuole coraggio a essere i Jannings. E loro possono farcela – reinventarsi, trasformarsi, edificarsi – perché insieme. Nadhezda di Smolensk e Mischa di Tobolsk sono identità che non scompaiono mai, vivono in quelle nuove imposte dal KGB.

L’infiltrazione nel sistema li unisce, gli amanti da cui ricavano informazioni, gli omicidi che portano ombra crescente sulla loro vita, sono anche la fiamma che alimenta la relazione. Molto più che un matrimonio, è un contratto di lealtà. Possono farlo solo insieme. È emblematico il consiglio che Elizabeth offre al giovane vietnamita nella quinta stagione “Get a partner. “You’re not going to make it. It’s too hard, the work we do, to do it alone.”

Questo lavoro, essere se stessi dentro un’altra identità, in un altro mondo, è troppo duro. Non si può fare da soli. 

Della misteriosa alchimia tra Philip ed Elizabeth, è testimone Paige che, crescendo, accresce i dubbi su chi siano i genitori. Perché lavorano la notte se gestiscono un’agenzia di viaggio? Perché sono affettuosi per poi essere distaccati fino all’estraneità? Perché Philip va via di casa? Perché non ci sono nonne, zii? Perché le vacanze sono improvvise e “wierd”? Domande che rendono inquieta l’anima idealistica di Paige.  Meno colpito è Henry, più piccolo, molto sveglio, a suo agio in una vita in cui si sente amato. Una vita che lo proteggerà anche quando i genitori sono costretti alla fuga. Henry rimane a Washington, ignaro ma salvo. La protezione del suo avvenire prevede l’abbandono da parte dei genitori.  A dirgli come stanno le cose sarà proprio Stan, l’amico fidato, non il nemico.

“Vi prendete più cura l’uno dell’altra che di noi” dice Page alla madre. Niente frattura la relazione, Philip ed Elizabeth restano legati. Lui da un amore che cresce oltrepassando di molto quello per la patria, lei mossa prima dall’impegno e poi da un amore vero che percepisce quando Philip manca dal letto o quando deve ricoprire il ruolo dell’uomo sposato di un’altra donna.

La loro alleanza prevale anche quando Philip scopre di avere un figlio da Irina, il suo primo amore russo e rinuncia all’invito di fuggire con lei, perché mai potrebbe sottrarsi alla responsabilità familiare. Allo stesso modo, Philip ed Elizabeth, per amore di Paige, risparmiano e proteggono la vita del Pastore Tim che ha scoperto la loro identità. Eseguire l’ordine precostituito di ucciderlo devasterebbe la figlia. L’etica della responsabilità verso la figlia qui sovrasta l’etica dei principi verso la patria e intanto i tempi stanno cambiando. I rapporti tra Washington e Mosca sono sempre più tesi. Reagan lancia la Strategic Defense Initiative, il piano avveniristico di uno scudo spaziale antimissili con l’ambizione di mettere in luce l’arretratezza tecnologica sovietica. In televisione va per la prima volta in onda “The Day After”. Siamo nel 1983 e si respira un’aria di incertezza che colpisce anche la vita dei Jennings.

Philip è stretto nella sua identità, ormai non solo di spia, ma anche di traditore del suo stesso matrimonio, distruttore della vita altrui: l’innocente Martha viene intercettata come inconsapevole collaboratrice del KGB e paga il prezzo del suo amore per Clark con l’unica soluzione possibile: l’esilio in Unione Sovietica. La compassione di Philip-Clark per Martha accende un susseguirsi di scontri con Elizabeth, sfiducia e gelosie, che i due hanno imparato a curare col sesso interagendo secondo due piani identitari diversi: come soggetti indipendenti legati dalla sola professione e come coppia. Questa alternanza è il teatro in cui si consumano i dilemmi interiori e la lotta per rimanere se stessi.

Dall’esilio di Martha in poi, sarà un climax che li porterà verso percorsi divergenti, rimanendo uniti. Philip frequenta i seminari di crescita personale EST tipici della cultura americana. Elizabeth si impegna nell‘addestramento di Paige ed è durante questo percorso di formazione che riconosce il suo ruolo di madre e che l’identità di Nadezdha può finalmente scoprirsi.

 Elizabeth Paige
The Americans – Elizabeth and Paige Jennings (674×449)

Un progressivo svelamento, attraverso il personaggio di Paige, dell’identità e dei valori dei Jennings che rafforza l’unione familiare e culmina nel matrimonio vero. Un chiasmo che unisce i diversi Sé e consacra la relazione tra Philip-Misha ed Elizabeth-Nadezdha come atto di libera scelta e amore.

Al contempo anche la storia sta cambiando e l’ultima stagione di The Americans riprende tre anni dopo. Nel 1987, l’anno del Summit di Ginevra e dell’incontro Reagan-Gorbaciov destinato a cambiare il futuro del mondo. È un inizio – e una fine – di nuovo chiasmico con Philip che esulta alla partita di hockey di Henry e Paige che approfondisce le sue radici culturali con Elizabeth guardando i film sulla rivoluzione delle donne operaie a casa di Claudia.

The Americans – con l’eleganza di soluzioni narrative, estetiche, musicali che ne fanno un capolavoro – mette in scena l’evoluzione straordinaria di due figure e di una famiglia che, nel trasformarsi, restano se stesse. Nel cambiare identità, si trovano. Seppur in un altro mondo… come nel processo insegnato da Socrate del “gnōthi sautón” : la via privilegiata per la ricerca esistenziale, per scavare nella propria interiorità nel perseverante tentativo di conoscersi.