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Soprannaturale – Dino e Lele Vinciguerra girano l’Italia a caccia di mostri a bordo della loro Chevrolet Beretta

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Fan di Supernatural, preparatevi al peggio. Oggi assisterete alla folle versione ambientata nel Bel Paese. Niente paura, per fortuna non c’è alcun rischio che questa venga mai prodotta davvero. Forse.

Dino e Samuele — detto Lele —  Vinciguerra erano ancora bambini quando il demone dagli occhi gialli bruciò la loro casa e, nel farlo, si portò via la loro mamma. Quella notte Maria Campo Campana finì inchiodata al soffitto e le fiamme aizzate da Occhi gialli le si chiusero attorno come fauci incandescenti, senza lasciarle via di scampo. In realtà la povera Maria non morì sul colpo: se l’ambulanza chiamata da suo marito Giovanni fosse arrivata sul posto tempestivamente si sarebbe addirittura potuta salvare, ma le ustioni sparse sul suo corpo le impedirono di reggere al ritardo accumulato dai soccorsi.

Non avendo speranze di rivalersi su un sistema sanitario falcidiato da anni di tagli alla spesa pubblica, Giovanni decise di indirizzare i suoi propositi di vendetta verso la creatura rea d’aver ucciso la sua adorata moglie. Ai microfoni dell’inviata di Pomeriggio 5 che venne a intervistarlo, il novello vedovo ritenne più conveniente omettere quella parte della storia. Mentre raccontava dell’incendio causato dall’esplosione della stufa a gas che nessuno si era preoccupato di spegnere, Barbara D’Urso fissava la telecamera con aria più affranta che mai. “Poveri angioletti. Costretti a crescere senza la loro mamma” commentò con voce tremula, asciugandosi una lacrima che Giovanni, per quanto si sforzasse, non riusciva proprio a vedere sopra al viso illuminato dalle luci di scena.

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Il tragico incidente di cui Maria Campo Campana era stata vittima commosse l’Italia per ben 48 ore, poi media e social spostarono l’attenzione collettiva verso il dramma successivo e l’accaduto finì nel dimenticatoio, proprio come Giovanni si augurava che sarebbe successo.

È a quel punto che la peregrinazione dei Vinciguerra ebbe inizio. Giovanni e i suoi figli si spostavano di città in città a bordo di una Chevrolet Beretta del ’67 — un vero e proprio cimelio di famiglia —  con il duplice obiettivo di eliminare i mostri che si aggiravano per la penisola e di stanare Occhi gialli. I viaggi più lunghi che ricordino di aver compiuto sono quelli che prevedevano l’attraversamento della Salerno-Reggio Calabria e del Grande Raccordo Anulare. Il terribile ingorgo beccato dai Vinciguerra sulla A90 permise al covo di vampiri insediatosi nel fosso di Tor Bella Monaca di banchettare con il sangue degli abitanti del posto con assoluta calma.

Dino e Lele vennero cresciuti per diventare cacciatori provetti. Duri addestramenti per sostenere i corpo a corpo, lunghe sessioni di tiro per imparare a sparare, dettagliate lezioni per scoprire caratteristiche e punti deboli dei mostri in cui sarebbero potuti incappare: la routine dei fratelli Vinciguerra era interamente scandita da occupazioni di questo tipo. Con la scomparsa di Maria, Dino aveva ufficialmente smesso di essere un bambino. Se Lele poté mantenere quello status per qualche anno in più, fu solo grazie al fratello che si sobbarcò il peso della responsabilità su spalle indubbiamente troppo piccole per reggerlo, ma decise ugualmente a farlo.

La vita che Giovanni aveva pianificato per i suoi figli stava addosso a Lele come un abito troppo piccolo rispetto alla sua taglia: stretta e scomoda. Per questo motivo il più giovane dei Vinciguerra aveva deciso di tirarsene fuori iscrivendosi alla facoltà di giurisprudenza. L’improvvisa sparizione di Giovanni lo aveva riportato dritto dritto nel novero degli “affari di famiglia.” Poco male: vallo a passare, il concorso per la magistratura.

Giovanni morì senza riuscire a compiere la sua vendetta, ma il suo fantasma contribuì all’uccisione di Occhi Gialli approfittando dell’apertura dei cancelli dell’Inferno. Il colpo che risultò fatale al demone venne sparato da Dino con la leggendaria Beretta (la pistola, stavolta, non l’auto) capace di ammazzare le creature poste sui gradini più alti della scala del soprannaturale, quelle notoriamente più dure a morire.

Chiusi i conti con il passato, Dino e Lele continuarono a solcare le strade del bel paese alla ricerca di mostri da far fuori e di persone da salvare. I loro viaggi on the road avevano come sottofondo i cult di quella tradizione musicale a cui Dino restava devoto nonostante il passare degli anni. Le voci de I Cugini di campagna, dei Nomadi e dei Pooh risuonavano a tutto volume dalle casse della Beretta e quella di Dino si univa appassionatamente a loro. “Dio delle cittàààà e dell’immensitààà” lo sentiva intonare Lele, con le mani strette attorno al volante e i capelli frustati dall’aria lasciata entrare dal finestrino abbassato. Quando si era azzardato a proporre l’aggiunta di qualche pezzo trap al repertorio (“Tanto per variare!”), Dino lo ha quasi buttato giù dall’auto in corsa.

(Dino si è guardato bene dal confessare di aver inserito alcune canzoni di Alessandra Amoroso all’interno della sua play list. Due o tre, non di più, e solo perché vagamente orecchiabili. Non che se ne vergogni, ma non c’è bisogno che suo fratello lo venga a sapere. Né lui, né nessun altro.)

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Da quando sono in attività, Dino e Lele hanno affrontato alcune delle creature più temibili tra quelle che popolano l’antico folklore italico. Lo hanno fatto non senza incontrare difficoltà, ma uscendone sempre vincitori. Con la Borda la parte più difficile era stata penetrare la nebbia in cui la strega aveva imparato fin troppo bene a destreggiarsi; la congregazione delle Cogas gli aveva dato filo da torcere sin da quando avevano messo piede giù dal battello preso per raggiungere la Sardegna; ma il peggio era venuto con il Linchetto, che aveva trasformato la Beretta (parliamo di nuovo dell’auto, adesso) in una sgargiante Smart rosa shocking. Dino aveva proclamato che non avrebbero lasciato Lucca senza aver trovato il modo di annullare le conseguenze delle malefatte del folletto, anche se questo avesse significato prendere una stanza in pieno Comics e farsi dissanguare dal caro affitti.

L’affare più grosso in cui si erano ritrovati immischiati era stato indubbiamente quello dell’Apocalisse, ma il coinvolgimento del Vaticano aveva aveva fatto cadere un velo di omertà a ricoprirlo. Dino e Lele erano stati costretti a firmare un accordo di riservatezza che impediva loro di rivelare dettagli in merito alla vicenda, ma vi basterà sapere che nello scontro tra Inferno e Paradiso la fazione dei buoni era risultata non pervenuta. Se si fosse venuto a sapere, la Chiesa non ne avrebbe ricavato una figura onorevole. “Non gli basta non pagare le tasse” aveva bofonchiato Dino, apponendo controvoglia la sua firma sotto a quella di Lele. Se fosse esistito un sindacato dei cacciatori, non avrebbero dovuto subire certo soprusi.

O forse sì, considerato come se la passa la classe lavoratrice in Italia…

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