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Perché Stranger Things (ci) piace così tanto

Stranger Things è quella Serie Tv che ci ha fatto sognare gli anni Ottanta, facendo provare una nostalgia palpabile, concreta, anche a quelli di noi nati dopo la conclusione di quei magici 10 anni, che tanto hanno regalato al cinema, alla musica, alla cultura.

Stranger Things ci fa tornare un po’ bambini, anche se non siamo cresciuti nelle sale giochi, non abbiamo mai usato una tessera telefonica e i nostri idoli non erano i Duran Duran. Ci trasporta in quel luogo della mente in cui siamo tutti uguali: ragazzini che amano sognare, che vogliono vivere delle avventure, e se le creano grazie al potere dell’immaginazione e alla forza trainante dell’amicizia, che esalta ogni sensazione.

Stranger Things

Stranger Things condisce ogni immagine con una colonna sonora trascinante, che ti fa scattare in piedi per la voglia di ballare e scuotere la testa; e allo stesso tempo ci fa commuovere con poche immagini, con un accenno del viso di quegli straordinari attori bambini, in cui tutti ci rispecchiamo. Avremmo tutti voluto avere un amico fedele e allegro come Dustin (e vogliamo parlare dell’evento Netflix in suo onore?), un compagno di corse in bicicletta e di videogiochi spaccone come Lucas, un confidente sensibile e geniale come Will, un punto di riferimento, un capo, una spalla su cui contare sempre e comunque, come Mike.

Abbiamo avuto tutti una cotta per la bella della scuola, o per quella strana (e pare che il set favorisca l’amore). Abbiamo tutti sognato corse nella notte, mano a mano con gli amici, fuggendo da un incubo o correndoci incontro, con la voglia di avventura e quella sana spregiudicatezza che hai quando hai 13 anni e ti sembra tutto possibile, tutto fantastico e tutto spaventoso allo stesso tempo.

stranger things

Abbiamo amato Stranger Things dalla prima stagione per la sua freschezza, per la sua capacità di mettere in piedi una storia di avventura senza far vedere eccessivamente violenza e sangue, mantenendo il linguaggio dei ragazzi, sempre in bilico tra parolacce e filastrocche. La seconda stagione non ha deluso le aspettative dei fan: quello che rischiava di essere un ripetitivo elenco di situazioni già viste non solo in questa Serie, ma di certo non nuove agli amanti degli anni Ottanta, si è confermata una straordinaria teca delle meraviglie, un colorato caleidoscopio di avventure e di memorie in cui le citazioni si fondono benissimo con le idee nuove.

Siamo ormai definitivamente innamorati di Stranger Things, dei suoi personaggi, dalla nevrotica ma dolcissima mamma-orsa Joyce, all’ex bullo ed ora fratello di tutti Steve, all’incredibile Will, che ci ha regalato una performance di altissimo livello in una parte che rischiava di sprofondare nell’autocitazione. Citiamo anche la coppia Eleven-Hopper, ormai padre e figlia affiatatissimi, che si scontrano e si riconciliano, e che quando sono insieme diventano letteralmente esplosivi.

Stranger Things

Stranger Things piace perché sa unire generazioni diverse, e mettendole davanti ad uno schermo favorisce il confronto e, perché no?, anche lo scambio di identità; noi diventiamo adulti, loro bambini. Come gli attori adulti hanno saputo lavorare magnificamente con i piccoli attori, esaltando la loro bravura ed essendo in molti casi letteralmente eclissati da loro: i bambini vinceranno sempre sugli adulti. E quella voglia di avventura, quella nostalgia per epoche mai vissute, per amici mai avuti, quella sana paura dell’ignoto che non ci annichilisce ma ci rende più forti, capaci di ricucire qualsiasi ferita, è il vero messaggio di Stranger Things, e ciò che la rende così simile nelle citazioni ma così diversa nello spirito da tutte le altre Serie.

Stranger Things parla a quella zona di noi che non è mai cresciuta, che non crescerà mai e che non deve mai crescere: perché è così che manteniamo l’avventura sempre viva.

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