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Lo spin-off americano di Squid Game ha bisogno del carisma caotico del Front Man per funzionare sul serio

Il Front Man di Squid Game

Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sul finale di Squid Game.

Better Call Saul

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Squid Game è finita, a quanto pare. Ma è finita davvero?

Fino a un certo punto, in realtà. Come sa chi ha visto le ultime puntate della serie evento, infatti, il finale ha chiuso un cerchio ma ne ha aperto simultaneamente un altro. Con un filo conduttore: il Front Man. Il cerchio chiuso: Gi-hun, il protagonista, aveva deciso di partecipare nuovamente ai giochi mortiferi col solo fine di sabotarli. Essere il virus del sistema, la scheggia impazzita in grado di mettere fine alle barbarie.

Non ci riuscirà: dopo essere arrivato a un passo da una clamorosa seconda vittoria, infatti, ha sacrificato la propria vita per salvare quella di una bambina innocente, nata pochi giorni prima all’interno della struttura infernale ed emblema delle nuove generazioni da sostenere. Gi-hun ha dimostrato fino alla fine di essere un uomo, non un cavallo. E che negli uomini, al di là di tutto, non ha smesso di credere fino in fondo. Non abbastanza da anteporre il proprio interesse a quello degli altri, almeno. Ma, soprattutto, non abbastanza da macchiare le proprie mani col sangue degli altri, se non in extrema ratio. Gli uomini non sono sempre irrimediabilmente corrotti, e la sua morte è in qualche modo lo scatto matto col quale vince la partita a scacchi con il Front Man, al contrario disilluso e senza più speranza. Forse.

Insomma, un finale duro ma coerente.

Non “folle” quanto sarebbe stato legittimo attendersi dopo le parole della vigilia del suo autore, ma indubbiamente controverso. E questo, in fondo, è il destino delle serie evento, specie in via d’estinzione: catalizzano l’attenzione mediatica e la polarizzano, portando a visioni alternative dello stesso prodotto. Ma Squid Game non ha solo chiuso il cerchio con la morte del suo protagonista: ne ha aperto subito un altro. Il Front Man, infatti, ha dimostrato di aver sviluppato una connessione empatica con Gi-hun, prima e dopo averlo ingannato con la partecipazione fittizia ai giochi nei panni del giocatore 001: l’ha sostenuto con discreta autenticità, pur non distraendosi mai del tutto dalle sue priorità.

Il personaggio ha comunque gestito col solito carisma una situazione complessa: ha dato l’opportunità a Gi-hun di salvare la vita alla bambina e a lui stesso, ripercorrendo la strada che lo storico 001 aveva tracciato per lui quando aveva partecipato agli Squid Game da concorrente. E ha poi reso omaggio alla sua “nemesi”, volando fino a Los Angeles per comunicare la morte dell’uomo a sua figlia e restituirle gli effetti personali (con tanti, tanti soldi).

Fin qui, la premessa. E il cerchio aperto. Perché il Front Man, scosso profondamente dalla morte di Gi-hun, potrebbe aver aperto la strada allo spin-off americano di Squid Game, al momento ufficioso. Con uno sviluppo che potrebbe ribaltare ogni prospettiva in un modo molto suggestivo. A patto che il Front Man sia presente, possibilmente da protagonista.

Sì, sul serio: il Front Man dovrebbe essere il protagonista assoluto della Squid Game americana

Il Front Man tornerà nel sequel di Squid Game?
Credits: Netflix

L’idea nasce soprattutto da una teoria riportata nei giorni scorsi. L’impostazione del finale di Squid Game, infatti, ha chiarito un punto fondamentale: lo spin-off americano della serie, non ancora annunciato ufficialmente, non sarà un remake, bensì un sequel. Non è un dettaglio di poco conto: la deludente versione coreana de La Casa di Carta dimostra che serie di questo tipo, fortemente dipendenti dalla sorpresa e dal mistero, tendono a perdere mordente nel formato remake. Che senso ha, d’altronde, rivivere una storia della quale conosciamo già il finale, se la prima versione è soddisfacente e, soprattutto, è andata in onda pochissimo tempo prima?

Ecco, il rischio è scongiurato: lo spin-off di Squid Game si integrerà alla serie madre con una prospettiva nuova e, si spera, con elementi di continuità che non si sovrapporranno.

La teoria, si diceva: secondo quanto evocato, tra gli altri, da Screenrant, sarebbe molto interessante capovolgere la prospettiva sul Front Man, facendone il protagonista della serie dopo esser stato la controparte dell’eroe principale.

Il Front Man ha tutti i crismi per essere l’uomo giusto al momento giusto.

Interpretato sontuosamente da un magnetico Lee Byung-hun, il Front Man è uno di quei personaggi che riesce a catalizzare l’attenzione anche nel silenzio. Un antagonista enigmatico, la cui ambiguità è sempre ben bilanciata. La sua forza narrativa non risiede tanto in ciò che fa, ma in ciò che lascia intuire: un passato irrisolto, un dolore sedimentato, una scelta che l’ha portato a diventare il volto spietato di un sistema disumano. Un personaggio esplorato solo in parte, che ora avrebbe l’opportunità di esprimersi al massimo del suo potenziale — meglio ancora se con un ribaltamento del fronte: da villain ad antieroe, da carnefice a sabotatore. Passando da Gi-hun che rischiava di diventare il nuovo Front Manal Front Man che potrebbe diventare il nuovo Gi-hun.

Il fulcro della teoria, d’altronde, si basa sul forte turbamento provato dal personaggio alla morte della sua nemesi. Un uomo nel quale rivedeva una parte di sé, come testimoniò lo stesso interprete del Front Man in un’intervista di alcuni mesi fa. Arrivando addirittura a sbilanciarsi oltre: “Penso che una piccola parte di lui stia quasi tifando per Gi-hun”.

Prende atto, così, del fatto che esista ancora una luce in fondo al tunnel dell’umanità.

Il Front Man è un uomo che ha smesso di credere negli altri ed è così passato al lato oscuro della forza, diventando il deus ex machina della criminosa organizzazione di Squid Game. Ma poi è arrivato Gi-hun, un uomo che al contrario è… un uomo. Non un cavallo. Non un uomo che rinnega se stesso in nome delle ambizioni e di una ribalta nei confronti di una vita insoddisfacente, bensì uno che non smarrisce più la propria umanità e arriva addirittura a sacrificare la propria vita per salvare quella di una neonata innocente.

Ciò ha un effetto sul Front Man, come testimonia il tributo nei suoi confronti e il viaggio a Los Angeles. Ma cosa succederebbe se non si fermasse qui? E se fosse lui il prossimo virus del sistema, dopo esser stato convinto dall’esperienza viscerale di un uomo che potrebbe averlo riportato alla luce? Cosa succederebbe se il conflitto di una vita si risolvesse così, all’interno di un percorso di redenzione che avrebbe tutti i presupposti per concretizzarsi? Sarebbe lui, allora il vero Cavallo di Troia, quello definitivo. Ecco: cosa succederebbe se decidesse di partecipare agli Squid Game americani col solo fine di distruggerli?

In poche parole: il Front Man cercherebbe di portare a termine il piano di Gi-hun, rientrato nei giochi con quel fine. Ma lo farebbe, ovviamente, con potenzialità nettamente superiori.

I due protagonisti di Squid Game, serie tv in arrivo a giugno
Credits: Netflix

A differenza di Gi-hun, conosce il sistema nel dettaglio, e così il suo punto di vista diventerebbe il nuovo punto di vista della serie. Sarebbe indubbiamente suggestivo, e ricco di potenzialità: permetterebbe allo spin-off americano di diventare una nuova stagione di Squid Game, ma con presupposti completamente diversi. Continuità e discontinuità si congiungerebbero in una formula vincente, sulla carta. Senza forzature, armonicamente.

Sarebbe, insomma, una metamorfosi coerente ma sorprendente: il nuovo point of view di chi conosce già le regole del gioco, e può violarle. E qui il parallelo con uno degli spin-off di maggiore successo degli ultimi anni, Better Call Saul, si fa interessante — non tanto perché i due prodotti si somiglino, quanto perché condividono una dinamica narrativa speculare. In Better Call Saul vedevamo un comprimario trasformarsi in protagonista, seguendo una lenta e dolorosa discesa verso il lato oscuro. Qui, invece, potremmo assistere a una lenta risalita: il Front Man che, scosso da un incontro viscerale con l’umanità di Gi-hun, tenta di distruggere il sistema che l’ha reso ciò che è. Non un prequel, ma un sequel morale. Un character study al contrario.

Squid Game, d’altronde, ha già mostrato il peggio dell’animo umano. Ora potrebbe mostrarci cosa accade quando un’anima corrotta cerca la salvezza.

In alternativa, si potrebbe ipotizzare il ritorno del Front Man nei panni del Front Man della versione americana dei giochi, ma francamente è molto più suggestiva la prima ipotesi.

Dopo una prima stagione rivoluzionaria e due stagioni che, pur con momenti notevoli, non hanno retto il peso dell’originale e hanno in parte smarrito lo spirito originario, Squid Game avrebbe qui la possibilità di riportarsi ai massimi livelli. Ma non per accumulo, bensì per trasformazione.

L’ipotesi del Front Man come volto redento e protagonista funziona perché tiene insieme continuità e discontinuità. E se davvero si concretizzasse la partecipazione di Cate Blanchett, già intravista nel finale, e l’eventuale coinvolgimento di David Fincher alla regia, si delineerebbe uno scenario affascinante: quello di uno spin-off americano capace di superare persino la serie madre. Con ambizioni rinnovate, e al centro il carisma caotico di un protagonista che è insieme maschera e verità, controllo e cedimento, silenzio e detonazione. Un personaggio che, se gestito con intelligenza, potrebbe diventare la chiave narrativa e simbolica perfetta per portare Squid Game oltre se stessa.

Vogliamo crederci? Crediamoci, fino a prova contraria. In un mondo dominato dal buio del cinismo umano, è fondamentale credere negli atti d’umanità. E nella forza disturbante di un personaggio eccezionale.

Antonio Casu