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Lettera di Sherlock a Moriarty

Moriarty,

È così banale il nome Jim che mi rifiuto di abbassarmi a usarlo. Lasciamo che la banalità pervada e riempia le vuote e limitate vite di chi ci circonda. Moriarty. Da quanto tempo il suono di una voce non pronuncia il tuo nome. Ne saresti deluso, se solo potessi sentire questo silenzio.

Ma è ben altro il silenzio che ti circonda ora. Ormai di rado incontro John e in quei rari momenti sono altri i temi che mi costringe ad affrontare. Le noiose facezie della vita quotidiana. Non fosse per la piccola Rosie, che più tanto piccola non è, sarebbe uno strazio. Ci sto annoiandoÈ curioso come la mia mente riesca a divagare al solo pensiero di questa conversazione. Ti vedo. Seduto comodamente a ciondolare la testa imitando il suono della mia voce per sottolineare il disappunto: sempre esageratamente teatrale.

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Le emozioni sono superflue. La mente raffinata viene turbata da queste distrazioni, come granelli di polvere in un perfetto ingranaggio, la danneggiano. Lo sai. Eppure tu ne sei sempre stato schiavo, non le hai fermate. La teatralità altro non è che un bisogno viscerale di compiacimento. Un applauso del pubblico pagante. Ti ho negato tutto ciò. Ti vedo ridere.

Puoi continuare a pensare di avermi sconfitto. Sì, di aver piegato il grande Sherlock Holmes. Di avermi costretto a scendere a patti con il diavolo e aver perso il controllo. Pochi hanno saputo vedere oltre il velo che protegge il mondo dalla mia mente, ancor meno sono riusciti a far emergere quelle emozioni sopite e rinchiuse nei più profondi recessi del mio palazzo mentale. Eppure tu l’hai fatto.

Non come John. In lui è mancata la consapevolezza. Ha influenzato la mia vita, certo, ma l’ha fatto con quell’odiosa naturalezza che afferisce ai sentimenti, all’empatia.

No, tu hai agito con fredda e spietata razionalità. Hai usato ogni mezzo per distrarre la mia mente è distruggere il mio essere. Hai usato John, Irene e infine te stesso solo per dimostrare di essere migliore di me. Di essere disposto a sacrificare tutto pur di raggiungere il tuo scopo: il riconoscimento.

E io ti ho accontentato. Ti ho cancellato dal mondo. Ti ho donato l’oblio. La mia sola esistenza, la sola presenza di Sherlock Holmes, ti ha dato una nuova ragione di vivere. Quando avevi tutto, quando il mondo intero era nelle tue mani, ti sei accorto che non bastava. Anche un dio arriva ad avere a noia l’adorazione di una razza inferiore. Tu volevi di più. Tu volevi che un altro dio si piegasse a te. Quel dio era Sherlock Holmes. Quel dio ero io.

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Non serve che ti spieghi la soluzione di questa dicotomia. Averti negato il mondo e tutto ciò che avevi è compensato dalla tua consapevolezza di ciò che io solo so. E a te basta. Anzi, forse, è tutto ciò che realmente volevi. Tutto ciò che hai fatto prima della nostra messa in scena all’Ospedale di St. Bartholomew non è stato altro che l’allestimento di un palcoscenico per me. Il resto del mondo era solo il tuo pubblico, ma Sherlock Holmes solo, l’ospite d’onore.

Devo riconoscerti che non avrei potuto batterti senza la tua volontà. Forse, come in una machiavellica partita a scacchi, avrei potuto mantenere lo stallo. Ma a che prezzo? Le vite di JohnGregory, la signora Hudson? Londra? Il mondo intero? Un prezzo che nonostante tutto non ero disposto a pagare. Chi lo sarebbe stato? Mi accusano di essere un sociopatico, oh quanto è vero, ma non sono pazzo. Allora l’unica soluzione era scendere a patti con te.

Ho ammesso la mia sconfitta e ceduto al tuo ricatto. Ho acconsentito a inginocchiarmi d’innanzi a te e chiederti pietà. Mille piani avevo elaborato prima di giungere sul tetto. Forse avrebbero anche potuto funzionare, ma nemmeno Mycroft poteva garantirlo. E lui è geniale quasi quanto te.

Allora ho fatto l’unica cosa che potevo. Riconoscere la tua superiorità. Aiutarti a sparire dal mondo, a scomparire, nutrendoti solo con la tua vittoria su di me.

Ora sei li, seduto in riva al mare, nel silenzio assordante di un oceano infinito che riverbera in eterno la mia sconfitta. Il mondo ti crede morto. Perché questo è ciò che ho dato in pasto a loro. Ho rinunciato a tre anni della mia vita, ho messo a repentaglio l’amore di John, solo per emettere quel grido silenzioso che risuonava le parole: Moriarty ha battuto Sherlock Holmes. Moriarty è morto, viva Moriarty. Quanto ti donava quella corona sulla testa, vero?

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Non si può tornare indietro. Non lo farai. Continuerai a giocare a golf e sorseggiare cocktail ridicoli dedicandoti a svaghi al limite dell’umano perché nulla di quello che avevi prima realmente ti manca. Come il Napoleone al quale ti riferii sei confinato nella tua Sant’Elena dorata. Ma non costretto, per scelta. Il mondo non lo sa, lo so io e questo tu volevi. Solo questo. Che ti dicessi in faccia che Sherlock Holmes non era, non è e non sarebbe mai stato in grado di battere Jim Moriarty.

S.H.

P.s. Ho scelto la teatralità che tanto ti è cara come ultimo debito da saldare. Ho ammesso tutto, come tu mi avevi chiesto. E infine ho tenuto all’oscuro John e soprattutto Mycroft, anche se sono certo abbia intuito qualcosa. Ma se non riguarda l’Inghilterra, non gli interessa. Dopotutto lui è l’Inghilterra. Ma temo per te che il Vento dell’Est vorrà il suo tributo. Prendi queste mie parole come ultimo regalo. Imparerai a tue spese che hai battuto l’Holmes sbagliato. Addio

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