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La classifica delle 5 migliori Serie Tv sci-fi del 2021

Nella classifica delle migliori serie sci-fi dell’anno scorso abbiamo ipotizzato un meritatissimo primo posto simbolico e virtuale al 2020, che siede incontrastato sul trono di una probabile realtà alternativa post-apocalittica. Se volessimo tirare le somme, potremmo dire che il 2021 sta andando un poco meglio ma comunque parlare di serie sci-fi oggi sembra quantomeno ridondante. Insomma, la catastrofe planetaria di Tribes of Europa? Certo mai come adesso ci sarebbe utile la psicostoria di Foundation, che grazie alla statistica è capace di prevedere con alta probabilità eventi della storia futura. In attesa che questa cosa stupenda si avveri, ci rifugiamo nel nostro sempre spensierato mondo delle serie tv.

Anche quest’anno la sci-fi ci sta dando soddisfazioni, a riprova di come questo genere sempre un po’ bistrattato stia vivendo una nuova epoca d’oro. È stupendo vedere come sia il mondo del cinema che della televisione stiano riscoprendo alcuni dei mostri sacri della fantascienza, andando a prendere in prestito dall’editoria e rimodellando le narrative sullo schermo. La fantascienza è sempre stato il regno della fervida immaginazione applicata all’andare oltre, sia in termini di spazio che di tempo, ed è interessante scoprire come proprio nei momenti più difficili diventiamo capaci di guardare a ciò che è lontano da noi.

E la nostra classifica delle cinque migliori serie sci-fi del 2021 lo dimostra, perché anche se piccola presenta una varietà di scenari, tematiche e universi invidiabile. Abbiamo preso in considerazione le serie tv con almeno una stagione già conclusa, mentre abbiamo deciso di lasciare fuori il seppur meritevole Rick e Morty ,di cui abbiamo voluto privilegiare l’aspetto comico nella classifica delle migliori comedy. 

5) Arcane

arcane_Foundation

E partiamo da Arcane, la serie animata targata Netflix ambientata nel mondo videoludico di League of Legends. Creata da Christian Linke e Alex Yee per Fortiche Production, nasce come celebrazione dei 10 anni del videogioco. Nonostante questo però, la serie è perfettamente godibile anche per gli spettatori occasionali che non conoscono il mondo di riferimento. La serie ha avuto un riscontro eccezionale sia per quanto riguarda il pubblico – ha stabilito il record di serie più vista su Netflix a una sola settimana dall’uscita, con un indice di gradimento del 100% su Rotten Tomatoes – sia per il reparto tecnico, caratterizzato da un’animazione portentosa a metà tra CGI e manuale.

Questa commistione tra vecchio e nuovo diventa il DNA dell’intero progetto, scorre sotto l’epidermide delle ambientazioni – dove la contrapposizione tra i vicolacci oscuri di Zaun e gli eleganti palazzi di Piltover si fa meraviglia grafica –, nell’intricatissima trama fatta di contrasti tra lo sci-fi in quanto scienza del futuro e in quanto magia dell’Era Vittoriana e tra le due sorelle, che si trovano a scontrarsi in un mondo che sta collassando su se stesso.

arcane_Foundation

L’impossibilità di dividere il mondo in bene e male, di trovare sempre una spiegazione emozionale o logica anche alle azioni più depravate, la necessità di riconoscere le infinite sfumature di grigio che vi sono in mezzo, facevano di League of Legends un videogioco già rivoluzionario allora, nell’ormai lontano 2009. Esserne all’altezza non era impresa facile, ma potremmo dire senza esitazione che ci sono riusciti. Come fece al suo tempo un altro grande della sci-fi – un certo Isaac Asimov nella sua Foundation – Arcane parla di sistemi sociali e politici assolutamente concreti pur essendo incastrati in un contesto fantascientifico e parla di potere nel suo senso più intrinseco.

Arcane è un gioiello della grafica e un dono della narrazione, un viaggio arzigogolato e misterioso nelle venature più disparate dell’animo umano e delle sue degenerazioni.

4) Tribes of Europa

Creata in Germania da Philip Koch, Tribes of Europa è arrivata su Netflix solo questo anno ma si è distinta subito da un grosso vociare: tra gli addetti ai lavori di Tribes of Europa c’è infatti anche qualche personalità di spicco di Dark, successo mondiale conclusosi nel 2020. Come Arcane, anche Tribes of Europa parte da un World building molto più realistico di quanto ci si possa aspettare, perché la serie prende il via da un’ipotetica catastrofe planetaria che ridisegnerà la geopolitica del globo. Da questo misterioso evento chiamato Dicembre Nero rinascerà una nuova società basata sul regresso tecnologico e la frammentarietà.

Alla base di Tribes of Europa c’è quindi lo scontro tra i diversi gruppi sociali sorti dalle ceneri del Dicembre nero, uno scontro che affonda le sue radici nelle diverse conformazioni politiche, economiche, religiose e filosofiche delle varie tribù. Al centro un cubo misterioso, fonte di un potere in grado di destabilizzare il delicato (non-)equilibrio creatosi. Va da sé che il concept di base della serie potrebbe tranquillamente adattarsi alla società odierna in modo quasi pedissequo e questo è il suo pregio ma anche il suo difetto più grande.

tribes of europa

Una delle critiche maggiori rivolte a Tribes of Europa, infatti, è proprio quel senso di déjà-vu che sembra non abbandonarti mai: dalla descrizione dei personaggi archetipici e a volte fin troppo caricaturali, alle scelte narrative già viste in un genere oggi saturo come quello fantascientifico. La creazione di una società pre-tecnologica e post-apocalittica in cui l’essere umano decade dalla civiltà per avvicinarsi alla violenza pura nella ricerca del potere è un canovaccio già visto mille volte. Basti pensare sempre ad Asimov che già nella sua Prima Fondazione nel 1951 parlava del crollo dell’Impero Galattico sotto la spinta di forze intestine e frammentarie. Tribes of Europa fatica spesso nel trovare un guizzo di originalità, anche con un comparto visivo a dir poco eccellente, capace di riflettere la costruzione di vari tipi di società e il contrasto tra città/natura, civiltà/violenza, tecnologia/regresso.

Aspettiamo però la seconda stagione per dare un giudizio definitivo su una serie tv che comunque ha tutte le carte in regola per diventare qualcosa di davvero molto interessante.

3) The Nevers

Al gradino più basso de podio abbiamo la nuova creatura di Joss Whedon, il controverso creatore di Buffy The Vampire Slayer. Ancora una volta ambientazione vittoriana, decisamente una delle epoche storiche più amate per la sci-fi, soprattutto nel sottogenere chiamato steampunk. The Nevers è stata al centro di molti dibattiti per due motivi: uno, la guerra tra HBO e Neflix per accaparrarsela. Due, l’abbandono dello stesso Whedon alla fine della prima stagione in favore di Goslett. In Italia è sbarcata su Sky Atlantic a metà 2021.

Come tutti i lavori di Whedon, anche The Nevers vede una profonda connessione tra il reale e il soprannaturale, con il secondo che diventa metafora di problematiche da superare o affrontare. In Buffy c’erano i vampiri da sconfiggere, che rappresentavano altrettanti sfide della crescita. In The Nevers ci sono i Toccati, una nuova “specie” umana fatta per lo più di donne con dei poteri speciali, che si muovono nella fosca Londra Vittoriana di Jack lo Squartatore. In un’intervista al Comic-con del 2018, Whedon ha sottolineato come per lui sia sempre stato interessante parlare di persone comuni che si ritrovano ad avere abilità eccezionali e, per questo motivo, vivono sempre sul limite tra ciò che è “normale” e ciò che è “fuori dal comune”, in una costante ricerca del loro posto nel mondo.

The Nevers_Foundation

Per me è una di quelle situazioni in cui prendi qualcosa di negativo su di te e la indossi come una medaglia d’onore


Joss Whedon

Come la sua prima e più importante eroina, il potere diventa ciò che rende speciali, ma anche diversi, una medaglia in alcune occasioni ma un fardello insostenibile in altri. E così come in Buffy The Vampire Slayer, così nelle sue opere per il MCU e così per The Nevers, le risposte di Whedon sono sempre due: indossa ciò che ti rende diversa come una medaglia al valore, abbi fede nel gruppo.

Un inno alla diversità accettata con orgoglio, dunque, ma anche all’amicizia che sa capire, accettare, superare ogni cosa. Perché è da vent’anni che è sempre la stessa storia: la felicità è possibile solo se condivisa e insieme possiamo cambiare il mondo.

2) The Falcon and the Winter Soldier

Ogni anno la stessa storia: arriviamo al podio e ci ritroviamo a dibattere tra due vere e proprie icone della fantascienza. Se l’anno scorso avevamo due mostri sacri come Star Trek e Star Wars (con The Mandalorian) a rappresentare un anno complesso così come hanno sempre forgiato il panorama (fanta-)scientifico moderno, quest’anno non è da meno perché al secondo posto abbiamo uno degli ultimi prodotti televisivi di quel mosto dell’intrattenimento che è il Marvel Cinematic Universe di casa Disney+. Ideata da Malcom Spellman, la serie s’inserisce in perfetta continuità con il franchise, costruendo un nuovo mattoncino di quel complesso mondo che è il MCU ed entrando a far parte della cosiddetta Fase Quattro insieme all’altra serie tv fenomeno di quest’anno (WandaVision). In particolare, la serie di svolge dopo gli eventi di Avengers: Endgame e coinvolge i personaggi di Bucky Barnes, ovvero il Soldato d’Inverno, e Sam Wilson, nonché Falcon, ma in realtà il nuovo Capitan America.

The Falcon and the Winter Soldier merita di stare sul podio già solo in quanto rappresentante di uno dei mondi più consistenti e importanti dell’ultimo decennio. Sebbene il genere superoistico tocchi la fantascienza in modo particolare, non possiamo negare che ne sia oggi uno dei rami più solidi e interessanti. Ma così come tutte le altre serie di questa lista usano la sci-fi per affondare in temi contemporanei, così The Falcon and the Winter Soldier si staglia contro lo sfondo del MCU per esplorare tutte le sfaccettature dell’americanità. In questo senso, il passaggio di consegne dello scudo di Capitan America – da sempre concentrato di tutti i valori americani – avvenuto alla fine di Endgame diventa il punto di partenza e di fine per una molteplice lettura della società americana scomposta in (almeno) tre punto di vista differenti.

Da una parte abbiamo Bucky e la difficoltà ad ammorbidire una posizione irrigidita dal lutto per Steve Rogers e dalla iperprotettività nei suoi confronti. Bucky è il personaggio che ci parla di trovare la propria strada se si ha delle questioni irrisolte. Bucky parla a quella parte dell’America più ostinatamente incagliata nel proprio passato mitico per andare avanti. Dall’altra abbiamo Sam. Il nuovo Capitan America afroamericano che s’inserisce in un discorso tanto delicato quanto antico da maneggiare: come può un uomo di colore essere il nuovo Capitan America, rappresentare il paese se quello stesso paese non lo rappresenta? Sam parla a quell’America dalla ferita etnica ancora aperta.

E poi abbiamo lui, John Walker. Se Sam è il Capitan America per legittima investitura, Walker è il Capitan America scelto dal governo. E già qui il parallelo è sconvolgentemente cristallino per quando è didascalico: John Walker è un american bianco innanzitutto, che rappresenta l’eccezionalismo americano al suo apice. Questa dottrina enfatizza il compito di guida degli Stati Uniti attraverso un insieme di spiegazioni sovrannaturali, ambientali e genetiche. Una dottrina che nel suo risvolto più negativo scivola nel nazionalismo spinto e che ben descrive l’ambivalenza americana.

1) Foundation

Foundation

L’avevamo mezzo anticipato, avevamo lasciato qualche indizio sparso qua e là a mo’ di briciole di pane, ma era chiaro che Foundation sarebbe stata in prima posizione. Soggetto creato a partire da quell’opera mastodontica e immortale che è il Ciclo delle Fondazioni di Isaac Asimov, uno dei padri assoluti della fantascienza, viene curato da David S. Goyer e Josh Friedman per Apple TV+. La cosa meravigliosa è che la figlia di Asimov, Robyn Asimov, è stata coinvolta quale produttrice esecutiva del progetto. Dopo aver visto la prima stagione di Foundation, avrebbe detto:

Foundation di Goyer ha superato tutte le mie aspettative portando la filosofia e le idee di mio padre sullo schermo in un modo che lui stesso non avrebbe potuto fare restando fedele al suo lavoro. So che mio padre sarebbe stato orgoglioso di vedere questa iconica storia prendere vita attraverso la bellezza visiva e i personaggi stratificati dello show

E non ha assolutamente torto, perché portare su un qualsiasi schermo la monumentale opera di Asimov era un’impresa che sembrava impossibile fino a qualche anno fa: non solo il Ciclo prevede ben sette ampi libri da adattare, ma anche un periodo temporale ampissimo. Alla base della scrittura di Asimov c’è il passaggio dalla fantascienza di consumo come genere di serie balla divulgazione scientifica e didattica. In qualche modo avrebbe fatto alla fantascienza quello che Tolkien fece al fantasy: elevarli a generi letterari veri e propri.

Foundation

A questo si aggiunge l’interesse di Asimov a usare la fantascienza come lente per riflessioni sociologiche e futuristiche sul destino dell’umanità, andandone a studiare lo sviluppo come specie all’interno di un sistema più ampio e “inventato” come quello fantascientifico. Ecco perché in Foundation non si parla di fantascienza intesa come guerre spaziali, astronavi e alieni, ma dell’umanità sfaccettata e dei suoi risvolti.

Paradossalmente, quindi, la prima serie sul podio delle migliori serie sci-fi del 2021 è un prodotto che va molto lontano rispetto al panorama fantascientifico attuale, pur essendone stato praticamente il fondatore.

Oltre alla “rivoluzione” di mettere l’umanità al centro della sua fantascienza, Asimov è stato anche uno dei primi e più importanti fautori della cosiddetta hard science fiction: una scrittura strettamente connessa a fondamenti scientifici il più veritieri possibili. Ecco perché in Foundation si è cercato di essere il più possibile aderenti alla plausibilità scientifica. Ulteriore elemento di contrasto tra Foundation e altre serie fantascientifiche, persino di questa stessa lista, è la visione positivista e ottimistica di Asimov, del tutto stridente rispetto alle visioni negative, post-apocalittiche e catastrofiste del genere. Già solo in questo aspetto, Foundation rappresenta un elemento di originalità rispetto al filone fantascientifici ben settant’anni dopo la sua prima uscita.

Foundation

Al centro della storia c’è Hari Seldon, il più grande studioso di psicostoria vivente, ovvero una scienza in grado di prevedere statisticamente lo sviluppo della storia umana. Una scienza suggestiva e assolutamente plausibile in grado di applicare la matematica alla sociologia e capace di prevedere il futuro. Attraverso di essa, Hari Seldon ha capito che l’Impero Galattico che sembrava immortale sta decadendo e finirà per lasciare spazio a un periodo di barbarie lungo 30.000 anni. Nel tentativo di ridurre questo periodo, Seldon si opera per istituire una comunità di scienziati (la Fondazione, Foundation appunto) e creare un’Enciclopedia Galattica per racchiudere tutto il sapere umano e preservare la conoscenza nell’oscurantismo.

Se queste sono le premesse iniziali, Foundation si dovrebbe snodare attraverso un arco di tempo lunghissimo che descriva le molteplici forme in cui si è organizzata l’umanità. Un racconto in grado di fondere fantascienza, psicologia, sociologia, storia e politica, quasi come un libro di storia che racchiuda tutto il nostro sviluppo dalla prima comparsa dell’uomo sulla Terra.

E se Foundation è ancora al primo minuscolo capitolo, non vediamo l’ora di continuare questo enorme viaggio nel nostro futuro, che non è altro che una ricostruzione estremamente convincente e graficamente affascinante del nostro passato

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