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5 esclusioni eccellenti dalle nomination agli Emmy 2020 che lasciano l’amaro in bocca

Il problema non sono mai gli inclusi, se non in rare occasioni. A fare rumore sono sempre gli esclusi, tagliati brutalmente e relegati nelle retrovie dopo una stagione d’oro acclamata da tutti. Succede nel mondo del calcio, dove nessuno metterà mai in discussione fino in fondo il dominio totale di Messi e Cristiano Ronaldo nelle graduatorie del Pallone d’Oro. E succede altrettanto (se non peggio) nel mondo variegato delle serie tv, un mare magnum sterminato dalle infinite sfumature e dai colori lucenti d’ogni natura. Succede allora che anno dopo anno le polemiche siano sempre le stesse, seppure declinate con nomi diversi: perché quell’attore non è stato candidato agli Emmy? Perché si sono dimenticati quella serie? Perché hanno lasciato a casa quel regista? Ogni anno è la solita storia, e gli Emmy 2020 non fanno eccezione.

emmy 2020

Da giorni, infatti, si commentano con trasporto le nomination appena ufficializzate. Si parla giustamente dei meriti di chi ce l’ha fatta e si giocherà la statuetta di una vita. Partendo dai cammini trionfali di Netflix ed HBO, capaci di mettere insieme da sole la bellezza di 267 candidature (160 la prima, 107 la seconda). Passando attraverso gradite sorprese (Zendaya per Euphoria, candidata come miglior attrice in una serie drammatica), piacevoli conferme (The Marvelous Mrs. Maisel, ancora una volta proiettata verso la vittoria come migliore comedy) e gli exploit delle stupende Watchmen (26 candidature), Succession (18) e The Mandalorian (15). Ma si parla tanto anche, al contrario, di chi non ce l’ha fatta. Attraverso pareri più o meno soggettivi che fanno storcere più o meno il naso e lasciano l’amaro in bocca. Perché scegliere diventa sempre più difficile, l’offerta seriale globale è sempre più ampia e sfaccettata, abbondano produzioni e prestazioni di eccelsa qualità e le opzioni in gioco non accontenteranno mai tutti.

Vinceranno i migliori? Forse sì, forse no. Ma vincerà sicuramente qualcuno in qualche modo meritevole di un riconoscimento. Un po’ come nel calcio: Messi e Cristiano Ronaldo sono sempre da Pallone d’Oro, ma ci sono anni in cui non sarebbe stato scandaloso consegnare il premio a qualcun altro.

L’elenco dei sacrificati nei listoni preliminari degli Emmy 2020 è quindi lungo, lunghissimo. Doloroso, per tanti. Come per esempio Viola Davis, l’ormai iconica Annalise Keating di How To Get Away with Murder (abbiamo affrontato il tema in questo approfondimento). Ma anche Elisabeth Moss, alla quale non è bastata la struggente interpretazione di June Oswald in The Handmaid’s Tale per stare dentro pure a questo giro. Senza parlare della magnetica Reese Witherspoon, protagonista nell’ultimo anno di addirittura tre grandi serie (Big Little Lies, The Morning Show e Little Fires Everywhere), del Russell Crowe di The Loudest Voice e delle scarsamente considerate Pose (assente nelle categorie principali), Kidding e Unbelievable (dove sono le nomination per il cast?). Non commentiamo inoltre due gioielli del calibro di Peaky Blinders e Dark, per motivi diversi non candidabili da regolamento.

Insomma, potremmo andare avanti per ore e dimenticare sempre qualcuno facendo un torto evitabile, quindi è bene restringere il cerchio. Affrontando cinque specifiche esclusioni eccellenti che per motivazioni varie ci hanno deluso.

Parliamone, e manteniamo la calma.

  • BROOKLYN NINE-NINE (ma anche Modern Family)

Poche settimane fa avevamo messo in evidenza in un’analisi approfondita la crisi che sta vivendo da anni il mondo delle comedy. Mutato radicalmente soprattutto nell’ultimo lustro, ha messo in secondo piano le sit-com tradizionali per lasciare spazio a produzioni molto diverse. Avevamo sottolineato allo stesso tempo la sopravvivenza del genere attraverso due titoli classici, capaci di rinverdirlo con innata freschezza: Brooklyn Nine-Nine e Modern Family.

Gli Emmy 2020, tuttavia, hanno deciso di snobbare le due produzioni, seppure abbiano ottenuto rispettivamente due e tre nomination. Snobbate specialmente nella categoria dedicata alla migliore comedy, nella quale sono state candidate la favoritissima The Marvelous Mrs. Maisel, la storica Curb Your Entusiasm, The Good Place, Dead to Me, Insecure, The Kominsky Method, Schitt’s Creek e What We Do in the Shadows.

Sette grandi produzioni, indubbiamente meritevoli di stare dove stanno. Non si discutono gli inclusi, ma davvero Brooklyn Nine-Nine, la migliore sit-com in giro in questo momento, non poteva trovare spazio? E che dire di Modern Family, giunta al traguardo dopo undici bellissimi anni? La stagione finale non è stata la migliore possibile e non si è rivelata sempre all’altezza della sua storia, eppure un ultimo riconoscimento sarebbe stato comunque doveroso.

Dovremo accontentarci delle possibili (se non probabili) vittorie di Andre Braugher come migliore attore non protagonista in una comedy e del compianto Fred Willard come migliore guest star in una comedy, ma non basta. Non basta per niente.

  • THE NEW POPE (e L’Amica Geniale dove la mettiamo?)
the new pope

In questo caso, invece, il rimpianto è tutto italiano. In un’annata davvero importante per la nostra serialità, sarebbe stato bello piazzare almeno un titolo tra le nominate, ma oltreoceano non sono stati dello stato avviso. Le potenzialità c’erano, c’erano tutte. Avrebbe meritato sicuramente un riconoscimento quella meraviglia di The New Pope, almeno in una categoria. Che si parli di nomination globali o dedicate al cast, le opzioni in gioco erano molteplici.

A partire da uno a scelta tra Jude Law, John Malkovich e Silvio Orlando, straordinari interpreti di papi e cardinali dai contorni criptici e suggestivi, passando per la regia unica di Paolo Sorrentino e gli sforzi immani di una squadra particolarmente ispirata da ogni punto di vista, non è indispensabile essere italiani per avere l’amaro in bocca. Specie dopo le due nomination ottenute da The Young Pope nel 2017.

E che dire de L’Amica Geniale? In questo caso non ci sono precedenti, ma gli Emmy 2020 avrebbero potuto regalare un dolce esordio alla seconda stagione della coproduzione RAI-HBO tratta dai romanzi di Elena Ferrante e diretta magistralmente dal sottovalutato Saverio Costanzo. La categoria? Sceglietela voi, anche in questo caso non sarebbero mancate le opzioni valide.

  • AARON PAUL
el camino, breaking bad

Al pari di Reese Whiterspoon, fa rumore l’assenza di Aaron Paul, iperattivo nell’ultimo anno seriale con la bellezza di tre grandi interpretazioni. Pur volendo mettere da parte Trust Be Told e soprattutto la deludente terza stagione di Westworld, “dimenticare” la grande prestazione offerta dall’attore statunitense in El Camino, sequel di Breaking Bad, è quasi un delitto.

Al di là delle valutazioni contrastanti sulla pellicola (comunque candidata come miglior film televisivo), la totale simbiosi di Aaron Paul col suo Jesse Pinkman avrebbe meritato molto più dell’oblio nel quale è caduto in queste nomination. Anche perché parliamo di un film tv, e in questo senso la cerchia dei papabili d’altissimo livello tra lungometraggi e miniserie era abbastanza ridotta. Non abbastanza da giustificare quantomeno l’assenza di Aaron Paul come miglior attore protagonista, con tutto il rispetto per i pur bravissimi Mark Ruffalo e Paul Mescal.

Stravincerà Jeremy Irons (Watchmen) perché sarebbe assurda qualunque soluzione alternativa, ma l’attore avrebbe potuto stare là con i numeri uno.

  • MR. ROBOT
Emmy 2020

Entriamo nel campo delle assurdità. Perché non esistono motivazioni valide che giustifichino anche solo parzialmente l’assenza (quasi) totale di Mr. Robot da queste nomination. Diciamo “quasi” anche se la sola candidatura ricevuta è piuttosto ridicola, rispetto al valore oggettivo di una delle migliori serie tv degli ultimi anni. Mr. Robot, infatti, concorrerà solo nella categoria minore (molto minore) “Oustanding Interactive Extension of a Linear Program“, dedicata ai giochi interattivi nati da una serie tv.

Pochissimo, per una stagione finale straordinaria con valutazioni disumane su IMDb supportate da migliaia di voti: nove episodi su tredici hanno infatti superato il 9.0 di valutazione, sei sono andati oltre il 9.5 e due sono arrivati addirittura a 9.9. Una stagione senza pecche, osannata da critica e pubblico. Degnissima chiusura di un’opera d’arte dai picchi pressoché irraggiungibili. Una stagione perfetta che avrebbe meritato decine di candidature globali e per il cast (Rami Malek in primis), e che invece è stata tenuta in considerazione esclusivamente per un giochino interattivo.

Insomma, c’è qualcosa che non va. Senza nulla togliere alle meravigliose Watchmen, Succession e The Mandalorian, vedere 59 candidature complessive agli Emmy 2020 per queste tre e solo una minore per un capolavoro di questo calibro fa storcere parecchio il naso.

  • RHEA SEEHORN E BOB ODENKIRK
Emmy 2020

Chiudiamo con la scoperta dell’acqua calda. Perché un secondo dopo l’ufficializzazione delle candidature agli Emmy 2020 la prima domanda (e in molti casi l’unica) è stata urlata in coro un po’ da tutti: dove diavolo sono Rhea Seehorn e Bob Odenkirk? Come è possibile tenere fuori dai giochi due attori del genere, protagonisti di una serie del genere (Better Call Saul) con due interpretazioni del genere? La risposta non sarà mai convincente, qualunque sia. Abbiamo ancora davanti agli occhi l’odissea nel deserto di Saul Goodman e i camaleontici capovolgimenti di fronte di Kim Wexler, ma a quanto pare non è stato abbastanza per meritare uno straccio di nomination.

Stavolta non ci soffermeremo su chi è stato candidato, anche se ci sarebbe da ridire sul pur sorprendente Steve Carell come migliore attore protagonista di una serie drammatica per The Morning Show. Non faremo dei confronti, non faremo niente del genere. Non serve, dal momento in cui abbiamo a che fare con due attori per i quali sarebbe stato quasi superfluo mettere in discussione la vittoria, figuratevi la candidatura. Ma tant’è.

A questo punto dovremo “accontentarci” di tifare per la sette volte nominata Better Call Saul, augurarci che si compensi la grave svista sui due protagonisti con la conquista del titolo per la migliore serie drammatica e si metta fine almeno a un’altra assurdità inspiegabile: a oggi, infatti, Better Call Saul non ha mai vinto un solo Emmy. Non deludeteci ancora, e nel dubbio nominate automaticamente sulla fiducia quei due per la prossima edizione disponibile. Lo meriteranno, non abbiamo dubbi.

Antonio Casu

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